Buiamonti, Giovanni
, La famiglia B. proveniva dalla zona tra Firenze e Pistoia, dove possedeva il fortilizio di Torre-Becchi in località presso Carmignano. Buiamonte di Messer Rota, guelfo, combatté a Montaperti con i figli Palmiero, Becco e Visconte.
A Firenze i Becchi, collaterali dei B. e correntemente confusi con loro, abitavano il sesto di San Pier Scheraggio, dove si misero in vista sia partecipando attivamente alla politica cittadina dopo l'istituzione del priorato delle Arti, sia dando vita a una cospicua compagnia bancaria che da loro prese appunto nome e che ramificava fino in Francia i suoi interessi.
Si deve soprattutto forse a questa loro florida attività bancaria se D. condannò tra gli usurai quel cavalier sovrano (If XVII 72), nel quale i commentatori scorgono concordemente Giovanni o Gianni B. - più precisamente Gianni di Buiamonte de' Becchi - ma che il poeta designò con una non chiara metafora araldica.
L'arma dai tre becchi fu intesa da Pietro come a tribus hircis, cioè come portante tre capri; più tardi si è fatta strada l'ipotesi, dal Vernon data come certa, che non di tre capri dovrebbe trattarsi bensì di becchi o addirittura teste d'aquila: il Del Lungo ha però decisamente rilevato che quest'ultimo stemma non appartiene ai Becchi di cui D. parla, bensì a un'altra famiglia di tale nome venuta nel XIV secolo a Firenze da Lucca. Da notare comunque che il priorista Mariani lascia l'arme in bianco.
Gianni di Buiamonte fu gonfaloniere di Giustizia nel 1293; successivamente, nel 1304, ebbe le case bruciate nell'incendio provocato dai Neri Abati; non è certo debba identificarsi col Gianni B. che combatté tra i feditori a Montecatini nel 1315 e ad Altopascio nel 1325. L'accusa lanciatagli da D. non pare facilmente verificabile nel suo senso stretto: senonché il poeta - che oltretutto, chiamando in causa non un personaggio esplicitamente preciso ma uno stemma familiare, pare aver voluto piuttosto condannare tutta la famiglia che non un singolo membro - intendeva forse con ciò bollare d'infamia non tanto il peccato di usura nel senso ristretto del termine, quanto le operazioni bancarie nel loro complesso.
Dei B. vengono a mancare le tracce dopo la pestilenza del 1348.
Bibl. - Arch. di Stato di Firenze, Manoscritti 322, c. 128; G.G. Warren Lord Vernon, L'Inferno di D.A., disposto in ordine alfabetico e corredato di brevi dichiarazioni, Londra 1862, II, Documenti 433; Davidsohn, Storia II 1764; VI II 365, 676, 733; M. Barbi, in " Studi d. " X (1925) 55 ss.; N. Ottokar, Il Comune di Firenze alla fine del Dugento, Firenze 19622, 61.