BURNACINI, Giovanni
Nacque probabilmente a Cesena nei primi anni del sec. XVII. Le notizie sull'inizio della sua attività di architetto teatrale e scenografo sono molto vaghe e scarse: sembra che egli abbia iniziato la carriera a Mantova, ma nessun documento lo prova. Verso il 1640 si sarebbe recato a Venezia, ma la prima data sicura sulla sua attività è il 1642, quando a Ferrara costruiva un teatro (Bjurström) e ideava le scene per Le pretensioni del Tebro e del Po, introduzione a un torneo a cavallo di B. Ferrari, di cui ci restano alcune incisioni del B. stesso. Nel medesimo anno a Venezia allestiva nella piazzetta di S. Marco un apparato per la festa della Vergine di cui rimane una stampa del B. (Bibl. nazionale di Parigi). Sempre a Venezia, nel 1643 al teatro SS. Giovanni e Paolo, era scenografo e impresario per l'opera La finta savia di B. Ferrari.
Nella prefazione al libretto si dice a proposito del B.: "...il quale fu per gli anni adietro il primo che ravivò i Teatri di Venezia con queste maestose apparenze...". Questa affermazione gli ha fatto attribuire (Damerini) le scene di altre opere rappresentate al SS.Giovanni e Paolo, e cioè: Le nozze di Enea con Lavinia di I. Badoaro del 1641 e L'incoronazione di Poppea di G. F. Busenello, Narciso ed Eco immortalati di O. Persiani e Gli amori di Giasone e Isifile del Busenello del 1642, tutte con musica di Monteverdi. L'attribuzione è accettabile, anche se nelle prefazioni dei libretti non si trovano indicazioni di scenografi.
Non si conoscono con sicurezza altri allestimenti fino a quello per l'opera Gliamori di Alessandro Magno e di Rossane di A. Cicognini, musica di F. Luccio, rappresentata nel 1651 al teatro SS. Giovanni e Paolo. Nella prefazione il B. si vanta di essere stato "il primo, quanto al tempo, c'habbia ornate scene ò fatte macchine in questa città". Dalla stessa prefazione si deduce che egli aveva curato la scenografia anche dell'opera Bradamante di P. Bissari, rappresentata poco prima dell'Alessandro (Bjurström). Di nessuna delle opere veneziane ci rimangono disegni o stampe. La sua posizione a Venezia doveva essere stata alquanto ostacolata prima del 1645 dalla presenza di Giacomo Torelli, noto come suo antagonista, e forse più fortunato.
Anche dopo la partenza del Torelli per Parigi, benché si trovasse più libero, il B. doveva sempre adattare le sue abilità di scenografo ai modesti teatri veneziani; perciò qualche anno più tardi accettò di trasferirsi a Vienna e di entrare al servizio di Ferdinando III. A Vienna eranel 1650 come si ricava da una supplica di quell'anno (Biach Schiffmann), in cui chiedeva un aiuto per sé e per la sua famiglia. In un'altra, probabilmente del 1651, chiedeva un alloggio (ibid.); tuttavia la sua fortuna in Austria deve essere stata rapida e notevole se proprio in quell'anno veniva nominato barone. Gli fu affidata la costruzione di un teatro che sarebbe stato il primo teatro indipendente della città: pare che l'edificio fosse alto tre piani (rimane un disegno della sala, probabilmente dello stesso B., nonché una descrizione da lui redatta; cfr. Biach Schiffmann). Avrebbe costruito un teatro a Ratisbona, ma non ne rimane più alcun ricordo (ibid.). Creò certamente parecchi allestimenti scenici anche per spettacoli rappresentati all'interno della corte, a volte con la partecipazione di membri della famiglia imperiale; ci resta il ricordo, dalle incisioni di S. Jenet e J. Sandrart, di due soli di essi: La gara, per la nascita di Margherita Maria d'Austria, introduzione a un torneo di A. Viminia, musica di A. Bertali (Vienna 1652), e L'inganno d'amore di B. Ferrari, musica di Bertali (Ratisbona 1653). Fra gli apparati pubblici il più importante è il Castrum Doloris del 1654 per le esequie di Ferdinando re dei Romani, figlio dell'imperatore. Notevole doveva essere pure l'abilità e la fantasia del B. nell'ideare spettacoli di fuochi artificiali: ne abbiamo una prova in una stampa da lui incisa (Londra, British Museum, ripr. in Enc. d. Spett., II, tav. CXCIII).
Il B. morì il 21 luglio 1655 a Vienna e il suo posto venne preso dal figlio Ludovico Ottaviano.
Il B. non si può considerare stilisticamente un innovatore: ha tuttavia il merito di avere portato a Vienna, come il Torelli aveva fatto a Parigi, le novità della scenografia italiana, creando una tradizione che, continuata dal figlio, doveva mantenersi per tutto il sec. XVIII; introdusse per esempio l'uso delle quinte, che era stato adottato intorno al 1650 per la prima volta nei teatri dei gesuiti. Le sue scene non differiscono molto da quelle del Torelli e, come queste, si ricollegano con la scuola toscana di Giulio Parigi: hanno un unico punto di vista centrale, due ali laterali, costituite generalmente da elementi architettonici, sovente colonnati formati da colonne antropomorfe; le ali terminano spesso con un elemento rientrante, oppure con una specie di transetto oltre il quale il fondale, con una prospettiva dipinta, continua la scena all'infinito.
Fonti e Bibl.: P. Zani, Enc. metodica... delle Belle Arti, I, 5, Parma 1820, p. 126; F. Biach Schiffmann, G.und L. Burnacini,Theater und Feste am Wiener Hofe, Wien-Berlin 1931; F. Torrefranca, Il primo scenografo del popolo,G. B., in Scenario, III (1934), pp. 191 ss.; G. Damerini, Monteverdi e la scenografia venez., ibid., p. 179; H. Tintelnot, Barock Theater und barocke Kunst, Berlin 1939, pp. 56, 126 ss., 202; P. Bjurström, G. Torelli and Baroque Stage Design, Stockholm 1962, pp. 45, 232; L'Art Ancien, Ornamentstiche, II, Spätmanierismus-Barock-Frührokoko (catal.), Zürich s.d., nn. 70-77; C. Molinari, Le nozze degli dei, Roma 1968, p. 94; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 264; Enc. dello Spett., II, coll.1373 s.