CAMBI, Giovanni
Le vicende biografiche dello storico autore di una preziosa storia di Firenze, sono state quasi generalmente confuse con quelle di due altri Giovanni Cambi, a lui contemporanei e personaggi di buona fama nella Firenze del Quattrocento.
Il C. nacque a Firenze il 21 settembre del 1458 da Nero di Stefano d'Alessandro di ser Lamberto di Nero di Cambio; e da quest'ultimo, capostipite dell'intera famiglia, derivò il cognome Cambi che venne a sostituire l'originale di Importuni, quando, dichiarati e condannati per ghibellini e grandi, credette più prudente cambiare il cognome da Importuni in Cambi. Il C. poi opererà un ulteriore cambiamento dall'antico Importuni, restaurato in tempi di maggiore calma e rimasto come secondo cognome, in Opportuni, senza dubbio semanticamente più gradevole.
Il padre del C., Nero, fu personaggio di grande prestigio nella politica fiorentina: fu due volte dei Priori (nel 1456 e nel 1490) e una terza volta quando, e son parole del C., "la ciptà era in vera libertà" e "venne a essere liberata da ... Piero de' Medici" (1496). Godè poi anche di numerosi incarichi minori dentro e fuori la città di Firenze e fu da tutti ritenuto uomo di somma integrità e di acuta visione politica, ma anche spesso rimproverato per la sua spropositata severità: si sa infatti che in seguito al suo incarico più importante (fu eletto gonfaloniere di Giustizia nel 1488) fu ammonito e sospeso dai pubblici incarichi e restituito alla vita politica solo nel 1490, proprio per la sua intransigenza. Nero ebbe due mogli e un numero davvero grande di figli: dalla prima moglie (Tommasa della Palla) ebbe, oltre a due femmine, un altro Giovanni, Stefano, Lamberto e Marco, tutti morti in giovane età e, ultimo della prima moglie, Giovanni. Dalla seconda moglie (Bartolomea Panciatichi) ebbe cinque femmine e tre maschi (Stefano, Bartolomeo e Lamberto).
La formazione del C. si svolse parallela a quella del fratellastro Lamberto (famoso, oltre che per numerosi altri fatti, soprattutto per l'arringa pronunciata con eccezionale intensità e forza di convincimento all'indomani dell'assedio di Firenze, perché si mettessero all'incanto i beni di ciascuna delle arti e di tutte le confraternite religiose e compagnie tanto della città quanto del contado per far fronte alle ingenti spese richieste per la difesa di Firenze). Ma i due fratellastri risultarono, una volta maturi, completamente diversi: comune ai due era quell'integrità morale e rettitudine politica derivate dall'insegnamento paterno; ma, quanto Lamberto rimase celebre per la sua vigorosa attività politica e per la sua inflessibile volontà, tanto il C. fu conosciuto tra gli amici come uomo quieto, pacifico, d'ingegno. Preferì all'azione lo studio, l'osservare o copiare da altri autori "molte orazioni, homelie, prediche, salmi, e altre cose spirituali". Le molte conoscenze stabilite dal padre tra i maggiori di Firenze gli permisero una obiettività e un'informazione storiche tra le più fedeli ed informate. La sua vita non risulta, contrassegnata da nessuna posizione decisa (seppe senza dubbio assai bene accomodarsi ai tempi); possiamo soltanto dedurre dalla sua opera una spiccata simpatia per il governo del Savonarola, fatto comprensibile tenendo conto della sua formazione essenzialmente religiosa. Richiesto spesso per ricoprire incarichi ufficiali, rifiutò il più delle volte. Fu tuttavia spinto da parenti e amici, degli ufficiali della Torre nel 1515, quando Leone X fece la solenne entrata in Firenze, come racconta il C. stesso nelle sue Istorie (III, p. 87), vicario di Certaldo e dei Signori nel 1529 per i mesi di maggio e giugno. Ebbe due mogli: Costanza Scarlatti e Lorenza Cambini dalle quali ebbesette figli maschi (di essi solo tre gli sopravvissero: Marco e Tommaso della prima moglie e Zanobi della seconda). Di femmine ne ebbe cinque dalla prima moglie e quattro dalla Cambini. Morì a 76 anni il 24 apr. 1535. La data certa della morte la ricaviamo da una lettera del figlio Marco indirizzata al fratello Tommaso il giorno 24 aprile, nella quale si ricorda la fama che già circolava intorno alla figura del padre.
Dei figli del C., particolare prestigio riscosse Tommaso chefu a lungo al centro della vita mondana ed intellettuale di Napoli, ospitando nella sua sfarzosa villa personaggi illustri del tempo. Nipote del C. fu il celebre letterato Alfonso.
Del C. conosciamo le validissime Istorie di Firenze, pubblicate da Ildefonso di San Luigi nelle Delizie degli eruditi toscani, XX-XXIII, Firenze 1785-86. Pressocché sconosciuto invece è un lungo e completo "Elenco di tutti i cittadini fiorentini abili al Consiglio Maggiore d'anni ventiquattro in su dall'anno 1495 all'anno 1510", distinti per gonfalone e per arte. Questo elenco è ancora manoscritto (Firenze, Bibl. naz., Mss. Passerini, 39).
Le Istorie del C. contengono la descrizione degli avvenimenti di Firenze dall'anno 252 d.C., dalla martirizzazione di s. Miniato, fino all'anno 1535, anno della morte dell'autore. Il racconto scorre assai veloce dal 252 al 1404, più preciso e informato dal 1404 al 1459 con l'elenco dei priori di bimestre in bimestre. Al 1459 la narrazione viene interrotta e presenta un salto da quest'anno (esattamente dal gonfalonierato di Lionardo di Bartolomeo Bartolini) per ricominciare col 1480 e proseguire fino alla morte del Cambi. Dall'esame della scrittura autografa del C. risulta che l'autore intervenne direttamente nell'esposizione dei fatti solo a partire dal 1480. D'altra parte il C. stesso avverte all'inizio dell'opera che ha copiato la prima parte della storia da "un libro antico"; e il libro di cui si è servito il C. è la Cronaca di Firenze composta da Pagolo di Matteo di Piero di Fastello Petriboni (Firenze, Bibl. naz., Conv. soppr., c.4, 895). Nel 1511 avrebbe riunito i suoi personali appunti sparsi che era andato prendendo nel corso della sua vita e avrebbe copiato dal "libro antico" le notizie fino al 1459, riunendo così in un corpo organico una serie di ricordi scritti a suo uso privato o di pochi familiari, senza pretesa di tono o impostazione letterari; un semplice "memoriale", come ebbe a definirlo il C. stesso.
Fonti e Bibl.: Brevi note genealogiche e la lettera di Marco Cambi a Tommaso Cambi sono nel ms. II, III, 69 della Bibl. naz. di Firenze; sul casato Cambi utili due fonti manoscritte: G. B. Dei, Memorie del casato Cambi, in Arch. di Stato di Firenze, ms. 173, e Famiglia Cambi, ibid., ms. 292. Si vedano, inoltre, accanto alla introduzione all'edizione citata delle Istorie, pp. I-XVIII, S. Ammirato, Famiglie nobili fiorentine, Firenze 1615, pp. 69-77; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 272; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana, I, Firenze 1805, p. 202; D. Tiribilli Giuliani, Famiglie celebri toscane, I, Firenze 1855, pp. n.n.;F. T. Perrens, Histoire de Florence depuis la domination des Medicis, II, Paris 1888, p. 199; F. P. Luiso, Un libro di memorie della prima metà del Quattrocento, Firenze 1907; G. Scaramella, G. C. e la prima parte delle sue Istorie, in Arch. muratoriano, XVII-XVIII(1916), pp. 407-409; N. Rubinstein, The "Storie fiorentine" and the "Memorie di famiglia" by Francesco Guicciardini, in Rinascimento, IV (1953), p. 216; U. Procacci, Sulla cronologia delle opere di Masaccio e di Masolino, fra il 1425 e il 1428, in Rivista d'arte, XXVIII (1954), n. 25, p. 14; n. 54, pp. 39-40; A. Sapori, I primi viaggi di Levante e di Ponente delle galere fiorentine, in Arch. stor. ital., CXIV (1956), pp. 74-76.