CAMERINI (Camerino), Giovanni
Architetto militare attivo nel Granducato di Toscana nei primi tre quarti del sec. XVI.
Di lui non si conoscono né la data né il luogo di nascita; il D'Ayala lo dice "toscano o forse delle Romagne", salvo però aggiungere che la lingua delle sue lettere (Archivio di Stato di Firenze, Arch. Mediceo)non sembra toscana. Non ci sembra improponibile l'ipotesi che il cognome sia da interpretare proprio come un patrionimico che ci rimanderebbe alle Marche, regione in questo periodo particolarmente ricca di opere e di architetti militari; a Pesaro, si è introdotto a questi studi, nell'ambito del Genga, anche un altro grande architetto militare il cui nome è spesso legato, e talvolta addirittura confuso (come nel Repetti), con quello del C., Giovan Battista Belluzzi detto il Sanmarino.
La più antica memoria del C. ci è data da P. F. Giambullari che, in De 'l sito, forma, et misure dello Inferno di Dante (Firenze 1544, p. 38), scrive del C.: "se bene dalla fortuna non à avuto occasione di acquistar lettere né greche né latine, è stato nondimanco dotato dalla natura di tale acume d'ingegno et di sì nobile disposizione di animo alle cose di aritmetica, algebra et geometria, che per la assiduità dello studio suo nelle pratiche et nelle scienzie loro non si trova forse oggi inferiore a nessun altro. Da costui sono io stato grandemente aiutato ne' calcoli et nelle misure di questo sito: per il che riconoscendomi io non poco obbligato alla diligentissima pratica della sua aritmetica et geometria, rendo ora alla vivacità dello ingegno suo quella vera testimonianza che meritano le sue virtù et la fatica che egli ha durata a mettere in opera i concetti miei anzi pure di questo autore".
Dai documenti che sono stati in gran parte raccolti dal D'Ayala (1871), a cui ci riferiamo quando non diversamente indicato, la biografia del C. è facilmente ricostruibile: iniziò ad occuparsi di architettura ed ingegneria particolarmente nel settore idraulico, come è dimostrato anche da un Discorso di M. G. C. per conto del pantano di Valdichiana citato dal D'Ayala (p. 362), ma oggi irreperibile. È in questa veste che egli venne inviato nel 1542 anche in Francia ed in Fiandra, "dove per servizio di monsignor di Gran Vela ha d'haver carico di far dessiccare certi pantani in alcuni suoi luoghi". Nel quinto decennio del secolo entrò al servizio del duca Cosimo, quasi contemporaneamente al Belluzzi, e vi rimase fino alla morte. Uno dei primi impegni, come architetto di Cosimo, fu la fortificazione di Poppi nel Casentino. Nel 1545 era ancora in Fiandra, a Bruges, donde scriveva di aver visitato le fortificazioni di Anversa, Cambrai e Valenciennes. Del 1545 sono anche due note di pagamento a suo favore "per essere stato più volte a Piombino sopra le muraglie et fortificatione di suddetto luogo" (Arch. di Stato di Firenze, Arch. Mediceo, filza 2355). Nel 1546 lavora a Montepulciano. Nel 1547 ispeziona le fortificazioni di Livorno e successivamente, come esperto di opere idrauliche, viene inviato a Venezia ad approfondire le sue conoscenze con lo studio dei lavori fatti nella laguna veneta, sia per il metodo sia per gli strumenti, "volendo - dice Cosimo in una sua lettera - far somiglianti lavori in Livorno, e propriamente per la costruzione del porto" (v. anche Filze 69, c. 24). Si arriva così al 1548, anno in cui ha inizio l'opera che è di gran lunga la più importante del C., la costruzione di Portoferraio, la cui progettazione e fondazione sono state, dal '500 ad oggi, attribuite alternativamente, con argomenti abbastanza validi per ambo le parti, o al C. (a cominciare dal Vasari: cfr. gli affreschi nella sala di Cosimo in Pal. Vecchio e la loro descrizione nei Ragionamenti)o al Belluzzi. Ma è chiaramente dimostrabile che la costruzione di questo notevolissimo esempio di architettura e di urbanistica militare del Cinquecento, che precede cronologicamente anche le più famose città militari di Sabbioneta e Palmanova, non sia stata opera di un solo architetto, ma il frutto di un lavoro e di una organizzazione complessi, alla cui direzione, per la parte tecnica, si trovavano, dopo il duca, sia il Sanmarino sia il Camerini.
L'ipotesi della doppia paternità dell'opera si basa su disegni e progetti originali del Belluzzi e del C., relativi ad opere sia civili sia militari di Portoferraio, conservati nell'Archivio di Stato di Firenze (Miscellanea Medicea, filze 91, 93: sono 13 disegni non numerati dei quali tre sicuramente del Belluzzi, tre a lui attribuibili e gli altri del C. o della sua scuola), e sulle lettere inviate all'Elba da Cosimo all'uno o all'altro dei due architetti (Arch. di Stato di Firenze, Arch. Mediceo, filza 606, cc. 3, 16; filza 11, cc. 236r, 237, 238; filza 12, cc. 128, 233).
La forma urbana di Portoferraio è caratterizzata da una rigorosa funzionalizzazione della città ai fini prettamente militari della sua edificazione, nel disinteresse quasi completo per l'elemento formale. Esattamente pianificato a fini bellici è il reticolo stradale, organizzato intorno ai punti nevralgici dei forti Stella e Falcone. Due assi stradali curvilinei quasi concentrici fasciano il ferro di cavallo della città; nella parte inferiore interna si ripete la curva della darsena; l'asse superiore esterno ripete, regolarizzandolo, l'andamento della cinta esterna dalla porta a Terra al forte Stella. All'interno di queste due cerniere semicircolari si colloca un reticolo regolare di strade e scalinate che si incrociano. Gli esempi di strade o scalinate poste esattamente sotto la guardia di garitte o cannoniere dei due forti sono numerosi, ma paradigmatico è quello delle attuali vie Roma ed E. Gasperi, che fanno esattamente da corridoio sia visivo sia balistico tra il forte Falcone, il bastione dei Pagliai e il golfo.
L'importanza e la particolare modernità della concezione della città sono tanto più evidenti nel confronto con quelle che saranno le tendenze formalistiche che prevarranno nella seconda metà del sec. XVI anche nel campo della architettura militare. Esemplare è il confronto con la progettazione di Palmanova da parte del Savorgnan, nell'ultimo quarto di secolo. La regolarità astratta e intellettualistica della composizione stellare radiocentrica del disegno della città, fatto quasi più per essere visto sulla carta, per una bellissima anche se un po' accademica schematizzazione geometrica della "città ideale", che per la funzionalità della macchina bellica, mette maggiormente in evidenza la concezione architettonica del tutto diversa dei costruttori di Portoferraio.
Nel periodo che va dal 1548 alla morte. il C., oltre che continuativamente a Portoferraio, prestò la sua opera anche ad Arezzo, Borgo San Lorenzo, di nuovo a Piombino, a Massa Marittima, San Casciano, San Gimignano, Brolio, Grosseto, sulla costa di Castiglione e di Livorno, a Terra del Sole, dove lavorò insieme al Genga, e al Sasso di Simone per le quali ultime due opere risiedette stabilmente dal '64 al '68 a Castrocaro. Appena rientrato da uno dei suoi frequenti spostamenti di lavoro, il C. morì nella sua casa di Portoferraio nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1570.
Fonti e Bibl.: G. B. Adriani, Istoria dei suoitempi, Firenze 1583, VI, pp. 245 s.; G. Vasari, Ragionamenti... sopra le invenzioni da lui dipinte inFirenze nel Palazzo di loro Altezze Serenissimecon... D. Francesco Medici... (1588), Arezzo 1762, pp. 33, 129 s.; S. Ammirato, Istorie fiorentine (1600), Firenze 1849, parte 2, VI, 33, pp. 300 s.; S. Lambardi, Memorie antiche e moderne dell'isola dell'Elba, Firenze 1791, p. 106; L. Cantini, Vita di Cosimo de' Medici..., Firenze 1805, pp. 197 ss.; E. Repetti, Dizionario geografico fisico storicodella Toscana, Firenze 1841, pp. 595 ss.; G. Ninci, Storia dell'isola dell'Elba, Portolongone 1898, IV, p. 107; M. D'Ayala, G. C., in Arch. stor.ital., XIV (1871), pp. 360-74; Id., G. B. Bellucci, ibid., XVIII (1873), pp. 295, 303; C. Promis, Biografie di ingegneri militari italiani..., Torino 1874, pp. 197, 205; E. Rocchi, Le fonti stor. dell'arch. militare, Roma 1908, pp. 323 ss.; R. Manetti, Portoferraio e le sue antiche fortificazioni, Firenze 1966, pp. 41-45, 50 s.; G. M. Battaglini, Storia urbanistica di Portoferraio, tesi di laurea, univ. di Pisa, istituto di storia dell'arte, 1972.