CANE, Giovanni
"Nobilis et notabilis vir fra Iohannes de Canibus de Boronna Papie comitatus", svolse missioni politiche segrete e delicate per conto di Gian Galeazzo Visconti negli anni 1387, 1396, 1399 e forse 1401. Oltre a ciò poco si sa della sua carriera; e d'altra parte il nome Giovanni ricorre tante volte nella famiglia Cane che l'individuazione esatta del C. è talvolta problematica.
È certo che egli non appartenne ai Cane di Casale, città ove un Giovanni Cane aveva acquistato notevole rilievo politico nel 1351 e un altro Giovanni Cane ricoprì cariche pubbliche nell'ultimo decennio del secolo XIV. È probabilmente una coincidenza il fatto che "frate Giovanni dell'ordine dei Gaudenti" avesse la cura dei cani di Bernabò Visconti. Né ci sono prove per identificarlo con il "nobilis vir domicellus" Giovanni Cane che aveva nel 1374lettere di presentazione di papa Gregorio XI "pro certis arduis negociis" in Italia. Potrebbe, d'altro canto, essere lui il Giovanni Cane, capitano di Voghera nel 1375, che nel 1376conquistò Bormio al dominio di Galeazzo Visconti. Questo Giovanni Cane - che evidentemente è un militare - è probabilmente da identificare con quell'altro, Giovanni Cane che nell'agosto del 1384si muoveva per unirsi all'esercito che Enguerrand de Coucy, con l'appoggio di Bernabò Visconti, conduceva nel Regno in aiuto a Luigi d'Angiò.
Le prime notizie documentate su "fra Iohannes de Canibus", risalenti al 1187, fanno pensare a una sua attività militare, conciliabile peraltro con l'appartenenza a un Ordine quale quello dei frati gaudenti. Una lettera autografa ufficiale è invero sottoscritta "frater Iohannis de Canibus". Fra' Giovanni Cane fu attivo in Toscana, per conto di Gian Galeazzo Visconti, dal luglio al settembre del 1387: insieme con altri agenti viscontei operanti in Romagna, doveva impedire che le compagnie di ventura di Everardo Suyler e Bernardo de la Salle si mettessero al servizio di Antonio Della Scala e raggiungessero Verona. La sua missione ebbe pieno successo: il C. inseguì il de la Salle quando questi attraversò la Toscana e, dopo non esser riuscito a passare gli Appennini, si ritirò infine in Umbria. Il C. aveva a sua disposizione una piccola ma efficiente rete di comunicazioni, formata da agenti residenti a Perugia, Siena e Lucca, i quali utilizzavano "cavallari" per mettersi in contatto con lui quando si spostava; l'agente di Lucca trasmetteva i messaggi a Iacopo d'Appiano a Pisa "et elli manderà a la sua via", cioè a Pavia.
Le fonti non ci consentono di sapere se il C. rimase in Umbria negli anni successivi. Un Giovanni Cane, che potrebbe essere identificato col C., fu podestà di Bergamo nel gennaio 1390. Il 26febbraio dello stesso anno il Comune di Perugia concedeva un mutuo di 100 fiorini a Giovanni Cane "capitaneus gentium" del conte di Virtù. Nel marzo Perugia si alleava con Gian Galeazzo che stava preparando la guerra contro Firenze: si può perciò pensare che Gian Galeazzo avesse deciso, nella situazione politica che si era venuta a creare, di inviare di nuovo in Umbria il C. e che il mutuo potesse servire a quest'ultimo per i preparativi militari. È certo, comunque, che il C. era nel Perugino in maggio: lo troviamo a negoziare la restituzione al Comune del castello di Agello conquistato dai fuorusciti perugini. Fra' Giovanni Cane è poi di nuovo ricordato nel marzo del 1396, quando è presente all'incontro di Barbiano tra i cancellieri e gli ambasciatori dei più importanti condottieri d'Italia, promosso da Giovanni da Barbiano. Egli era presente "pel duca di Milano", e il governo fiorentino temette che vi si stesse preparando un attacco contro il territorio della Repubblica, incoraggiato, se non addirittura promosso, da Gian Galeazzo. Questi, dal canto suo, sosteneva, invece, la necessità di limitare l'attività delle compagnie di ventura. Null'altro può gettar luce sulla vera natura della missione del C. a Barbiano. Un anno dopo, alla fine del marzo 1397, quando Gian Galeazzo stava preparando un esercito per attaccare il Mantovano, il C. agiva per prevenire l'arruolamento di condottieri da parte dei nemici del duca. La relazione sulla sua missione dice soltanto che egli si trovava "in quelli paesi"; forse era, nella stessa Mantova, dato che i condottieri con i quali negoziava si erano, a quanto pare, colà radunati. In seguito si recò in Toscana, non si sa con quale incarico: sappiamo solo che nel febbr. 1398 cercava un salvacondotto per superare la costa di Lucca e proseguire per la Lombardia.
Nell'estate del 1399 ritornò a Perugia come "commissario del Duca di Milano". Il governo fiorentino, allarmato dalla sua presenza nella città umbra, ne chiese l'allontanamento. Perugia rifiutò; ma i timori di Firenze erano ben fondati. Il C., infatti, contribuì a formare a Perugia un partito disposto ad accettare la protezione di Gian Galeazzo. Quando il 21 genn. 1400 venne offerta al duca la signoria della città, fu reso pubblico il contributo portato dal C. a questo risultato. Il C. rimase ancora qualche tempo a Perugia. Agli inizi del maggio 1401 corse voce a Venezia che il C., "familiaris domini ducis", era apparso nel Friuli, ove Gian Galeazzo stava creando un forte seguito; il governo veneziano "licet talibus prebeamus parvulam fidem" ne fu preoccupato. Nessun'altra fonte conferma, però, la presenza del C. nel Friuli. Nel giugno 1402 ricompare a Gubbio, di nuovo occupandosi delle faccende umbre per conto del duca di Milano. Dopo questa mancano altre notizie sul C., a meno che egli non possa essere identificato con quel Giovanni Cane che il 26 giugno 1402 prese parte alla battaglia di Casalecchio e catturò Ludovico di Sambonifacio.
Gli agenti lucchesi, che nel 1387 furono in rapporto con il C., lo descrivono come "spirito sottilissimo, sì facto, che tutto sente". I nemici di Gian Galeazzo Visconti lo ritennero persona sinistra e pericolosa, dato che la sua attività fu per loro sempre nociva. Gian Galeazzo, riuscendo probabilmente a cogliere il suo vero talento, gli affidò compiti che richiedevano contatti umani intelligenti e riservati piuttosto che rapporti diplomatici ufficiali. Ed è proprio la particolare natura dei suoi incarichi che può spiegare la scarsezza di notizie rimasteci su questo interessante e abile agente segreto.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Dieci di Balia, Legazioni e Commissarie, vol. 2, f. 28; Archivio di Stato di Siena, Concistoro, vol.1827, n. 24; Archivio di Stato di Venezia, Senato, Secreta, vol. F, f. 2; Archivio di Stato di Perugia, Archivio storico del Comune, Consigli e Riformanze, vol.193, f. 145; vol. 38, f. 62t; Copialettere marciano della Cancelleria Carrarese, a cura di E. Pastorello, in Monum. storici ... R. Dep. ven. di st. patria, s. I, XIX (1915), pp. 320 s., doc. 589 nota 1; Monum. della università di Padova, a cura di A. Gloria, II, Padova 1888, p. 403, doc. 2203; Arch. di Stato in Lucca, Regesti, II, 2, a cura di L. Fumi, Lucca 1903, docc. 1249, 1332, 1350, 1352, 1354, 1358, 1365 s., 1695, 1923; G. Ronchetti, Memorie istoriche... di Bergamo, V, Bergamo 1818, p. 194; G. Temple Leader-G. Marcotti, Giovanni Acuto, Firenze 1889, p. 262, doc. 17; G. Alberti, Antichità di Bormio, Como 1890, p. 14; G. Degli Azzi Vitelleschi, Le relazioni tra la Repubblica di Firenze e l'Umbria nel sec. XIV, in Boll. d. R. Dep. umbra di st. patria, X (1904), pp. 245-46, docc. 911, 913; G. Manfredi, Storia di Voghera, Voghera 1908, I, pp. 183 s.; M. Borsa, La caccia nel Milanese..., Milano 1924, p. 110; D. M. Bueno de Mesquita, Giangaleazzo Visconti, Cambridge 1941, pp. 199 s., 251, 275; G. Franceschini, La dedizione di Perugia a Gian Galeazzo Visconti, in Arch. stor. lomb., XC (1963), p. 297 n. 18; H. M. Goldbrunner, Die Übergabe Perugias an Giangaleazzo Visconti, in Quellen und Forschungen aus ital. Archiven und Bibliotheken, XLII-XLIII (1963), pp. 325 s., 334 s., 367; Id., Die mailändische Herrschaft in Perugia, ibid., LII (1972) p. 40.