CAPITONE, Giovanni
Nacque ad Arezzo nella seconda metà del sec. XV. Visse a Roma presso la corte di Leone X e a Roma probabilmente morì in data imprecisabile, dopo aver invano sperato dal pontefice una sistemazione decorosa al suo seguito.
Le notizie che riguardano la sua biografia - scarse e lacunose - sono quasi interamente contenute in un libro di epigrammi con cui l'autore intendeva conciliarsi la generosità del papa. Si tratta di IoannisCapitonis clerici aretini ad Leonem X Medicem Pont. Max. epigrammaton libellus, "impressum Bononiae per Benedictum Hectoris" [s.d.].
Nella prima pagina dell'opera (che costituisce una rarità bibliografica) si leggono due distici di dedica a Leone X; poi un "epigramma... in quo rogat dominum Hieronymum Casium, Medicem equestris ordinis splendorem ut hunc libellum suis imprimi iubeat et curet impensis, id quod operis author prae rei familiaris angustia efficere nequit". Dopo questa professione di povertà e il significativo invito rivolto a Girolamo Casio per convincerlo a sostenere le spese dell'edizione, viene ripetuta la dedica al pontefice con nuovi distici, cui fa seguito unalettera che magnifica il contenuto dell'opera e, nell'allusione alle opere dei contemporanei offerte con intenti adulatori a Leone X, cela il proposito da parte dell'aretino di inserirsi fra i cortigiani del papa: tentativo esplicitamente dichiarato nell'Elegiaad libellum suum, che si conclude con un energico appello al pontefice perché lo accolga tra i suoi più fedeli servitori.
I due motivi dell'adulazione e della domanda di aiuto si ripetono con stucchevole monotonia in tutti i carmi che il C. rivolge a Leone X. Si tratti di giochi di parole freddamente inventati sull'immagine del leone o di elogi allo stemma mediceo, di glaciali variazioni sul tema dell'Urbe ricondotta allo splendore degli antichi fastigi, o della banale elencazione dei doveri pontificali, sempre la poesia del C. si distingue, in confronto alla pur mediocre produzione contemporanea, per una assoluta mancanza di invenzione, fatta eccezione per qualche lirica ove più urgente si fa il motivo autobiografico, come nella Commendatio vatis ad Leonem X o nell'Epigramma de Aretina patria quam ei plurimum commendat.
Neanche l'accenno a Lorenzo de' Medici e alle scabrose vicissitudini della famiglia mosse tuttavia l'animo di Leone X in maniera tale da spingerlo a favorire il petulante letterato. Il quale tentò le corde della lusinga anche presso altri personaggi della corte pontificia (Giulio de' Medici, il Bibbiena, Bernardo Rossi, vescovo di Treviso) senza ottenere i risultati sperati. Altre rime del C. sono dedicate ai lavori in S. Pietro (De fabrica sive instauratione Sancti Petri), quattro epigrammi celebrano il rinnovamento della città, e un'attiva partecipazione dello scrittore alla cronaca cittadina ci testimoniano i versi dettati in occasione della nomina a governatore di Giuliano de' Medici.
Per tale avvenimento (1513) fu allestito un suntuoso banchetto e venne eretto un teatro posticcio sulla piazza del Campidoglio. Aurelio Sereno di Monopoli, altro poeta cortigiano al seguito di Leone X, celebrò l'evento nel Theatrum Capitolinum magnifico Iuliano institutum..., Romae 1514. Sullo stesso argomento si cimentò il C. componendo un'elegia che compare nell'opera di Aurelio Sereno immediatamente di seguito al carme del monopolitano. Ciò documenta l'attività condotta dall'aretino nella Roma leonina: un'attività marginale, anche se continua e forse più ricca di quanto l'esiguità delle sue opere non possa fare supporre.
Oltre all'opera citata, due epigrammi del C. figurano in Coryciana, Romae 1524, c. [O iv], sul gruppo di S. Anna del Sansovino in S. Agostino. Un epigramma dedicato a Bernardo Michelozzi presenta il cod. Magliabech., II, II, 62 della Bibl. nazionale di Firenze (f. 99).
Bibl.: F. Cavicchi, Poesie latine di G. C. di Arezzo, in Giorn. stor. d. letter. ital., LXIII (1914), pp. 89-94; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I-II, ad Indices.