CAPPELLO, Giovanni
Nacque nel 1632 a Venezia da Giacomo - un avvocato, figlio naturale del nobile Giovanni di Pietro, che morì il 30 dic. 1640 - e da Chiara Marchesini. Il C., che apparteneva alla classe dei "cittadini", optò per la carriera cancelleresca: una volta morto, il nipote Giacomo ricorderà con orgoglio al Senato la "serie di 18 servitii prestati dal zio", che aveva esordito come "straordinario" nel 1651 ed era divenuto segretario del Pregadi il 7 dic. 1663. Membro della segreteria dell'ambasciata romana e segretario di capitani generali da mar, il C. emerge come segretario dell'ambasciatore a Costantinopoli Alvise Molin, specie quando, coll'aggravarsi delle sue condizioni di salute, ne assume via via le funzioni.
È il C. che, dopo il grave episodio di Risano del gennaio del 1671, va ad Adrianopoli a sorvegliarvi gli umori della corte e a sostenervi le ragioni di Venezia. È ancora il C. ad adoperarsi per ottenere i passaporti per il bailo Giacomo Querini, concessi peraltro in forma tutt'altro che amichevole e dopo una larga distribuzione di donativi.
Morto il 27 ag. 1671 l'ambasciatore, sorse una spiacevole controversia tra il C. e il nipote del Molin, Alessandro Zen, per la reggenza del bailaggio, che rimase, in definitiva, affidata al C., anche se, a detta di Antonio Olivieri, rifiutandogli lo Zen "alloggio... possade... arzentaria", pare abbia preferito affittare una casa, anziché risiedere nel palazzo dei baili. Assai utile a Venezia la sua zelante attività: il 27 ag. 1671 annuncia, ad esempio, di aver ottenuto l'ordine di restituzione di quanto era stato predato in Morea e l'invio di ciaussi per condurre i colpevoli alla Porta, nonché la restituzione degli effetti e delle persone catturate a Limassol.
Divenuto segretario del Consiglio dei dieci il 12 marzo 1672, nel 1683 è di nuovo a Costantinopoli per saldare la fortissima indennità - 175.000 reali al sultano, 25.000 al primo visir, 25.000 a Kussaim agha - promessa dal bailo Giovan Battista Donà, che proprio per questo era stato destituito. I Turchi non celarono la loro irritazione per l'invio di un rappresentante di rango inferiore. Il C. si trova così ad operare in un'atmosfera di diffidenza e di sospetto, che diviene del tutto ostile dopo i fatti di Zemonico, e, più ancora, dopo il diffondersi di voci, sempre meno vaghe, di trattative di Venezia per una lega antiturca. Ed egli informa, attento e preciso, della raccolta a Smirne di truppe destinate a Candia, di altri preparativi militari quali il reclutamento di equipaggi e le accresciute costruzioni navali, dell'agitazione che sempre più si spargeva negli ambienti di corte in una ridda di notizie più disparate.
L'11 giugno 1684 riceve la ducale del 29 aprile ove gli si ordinava, data l'adesione di Venezia alla sacra lega, di congedarsi e, in ogni caso, di allontanarsi da Costantinopoli in qualsiasi modo, dopo aver messo al sicuro le "pubbliche scritture" e avvisati i "mercanti sudditi di poner al coperto li loro capitali" (in realtà il commercio veneto s'era ridotto a ben poca cosa, tanto che il C., ancora il 29 febbr. 1684, aveva osservato, in una sua lettera al Pregadi, come fossero "incredibile la penuria qui di denaro, li mercanti... disfatti, il negotio in rovina", come nessuno riuscisse a vendere "un picco di robba"). Doveva infine divulgare il più possibile agli altri rappresentanti diplomatici le "giuste cause" che avevano indotto la Repubblica alla rottura.
Come il Senato aveva previsto, il C. non riuscì ad ottenere dal caimacan licenza di partire. Di qui la necessità della fuga, che narra diffusamente - presentandola come avventurosa e movimentata - in una lettera da Cerigo del 2 luglio 1684: non vedendo giungere alcun permesso di rimpatrio, tagliatisi barba e capelli e travestito s'imbarcò su una nave greca che lo condusse ai Dardanelli, e di lì passò su di un veliero francese, ove già si trovavano alcuni membri del bailaggio partiti prima di lui, che lo condusse in salvo. Il C. parve eroico ai contemporanei: nel dedicargli, in data 22 ott. 1684, la loro Informatione della guerra corrente, forze,e unione de Prencipi Christiani e qualità della militia turchesca, con li ritratti, vitii, e costumi di quella (Venetia 1684), Giovanni Battista Chiarello e Giovanni Domenico Rossi affermano che "incontrò non come Ambasciatore, ma come Martire della Patria, l'evidente periglio della morte". In realtà fuggì senza preoccuparsi delle ritorsioni turche sul dragomanno Giacomo Tarsia e la sua famiglia e sul fratello di questo, Tommaso, che, per suo ordine, era rimasto ad Adrianopoli a destreggiarsi, per quanto poteva, tra i sospetti e le ire della corte; e nemmeno si premurò di avvisarli.
Nel 1689 il Senato spedì il C. a Vienna nella certezza che la sua esperienza diretta del mondo ottomano sarebbe tornata utile all'ambasciatore, cui spettava il compito di salvaguardare gli interessi veneziani nel corso delle trattative turco-imperiali; e tra l'agosto del 1689 e i primi di febbraio del 1690 è ad Augusta, per ordine del rappresentante della Repubblica Girolamo Venier, nel periodo dunque di permanenza di Leopoldo I, colà trasferitosi per celebrare l'incoronazione del primogenito Giuseppe a re dei Romani.
Il C. è altresì eletto dal Collegio, l'8 giugno 1694, residente a Milano ma, il 22 giugno, gli avogadori di Comun annullarono la nomina "tamquam electio male et cum disordine secuta, cum esset error ballottarum… ob deficentiam unius ballottae".
Ma ormai sempre peggiori si andavano facendo le sue condizioni di salute: nel testamento del 21 luglio 1699 si lamenta affetto da "diverse indisposizioni di corpo et particolarmente privo della luce degl'occhi". Morì a Venezia il 12 marzo 1701.
Fonti e Bibl.: Il testamento del padre del C., del 23 dic. 1640, e i testamenti del C., del 21 luglio 1699 e del 26 febbr. 1701, quest'ultimo con qualche modifica rispetto al precedente, in Arch. di Stato di Venezia, Testamenti, buste 167 n. 209, 228 n. 215, 1281 n. 121; per il "taglio" dell'elezione del C. a residente a Milano, Ibid., Avogaria di Comun. Civil, busta 144 n. 14; il cenno sul C. del nipote, Ibid., Senato. Dispacci Svizzera, filza 75, lett. del 18 ott. 1707; copia dei dispacci del C. al Senato da Costantinopoli nel 1671-72 in Venezia, Civico Museo Correr, cod. Cicogna 2351; Ibid., mss. P. D. C.4: G. Tassini, Cittadini veneziani, II, p. 25; Venezia, Bibl. naz. Marciana, mss. It., cl. VII, 1667 (= 8459): Elenco degli ordinari e straordinari segretari di Pregadi e cancellieri grandi…, c. 12v; Le relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti nel secolo decimosettimo. Turchia, a cura di N. Barozzi - G. Berchet, Venezia 1871-1872, I, p. 10; II, pp. 123, 291; Documente privitóre la istoria Românilor, a cura di E. de Hurmazaki, V, 2, Bucuresci 1886, pp. 121, 124, 164 s., 167 ss., 178; B. Nani, Istoria della Republica veneta, in Degl'istorici delle cose venez., IX, Venezia 1720, p. 634; P. Garzoni, Istoria della Rep. di Venezia…, I, Venezia 1720, pp. 45, 63, 321, 421; M. Foscarini, Istoria della Rep. veneta, in Degl'istorici delle cose venez., X, Venezia 1722, pp. 96, 134, 135; A. Olivieri, Enc. morale,e civile delli costumi ed impegni di religione, Cosmopoli 1724, p. 12; D. Venturini, T. Tarsia dragomano grande della Republica veneta..., in Atti e memorie della Soc. istriana di arch. e storia patria, XXII (1906), pp. 66, 124-134 passim; G.Paladino, Due dragomanni veneti a Costantinopoli..., in Nuovo Archivio veneto, n. s., XXXIII(1917), pp. 185 n., 190, 191, 192; D. Levi Weiss, Le relazioni fra Venezia e la Turchia dal 1670 al 1684 e la formazione della sacra lega, in Archivio veneto-tridentino, VII(1925), pp. 14-46 passim; VIII(1925), p. 64; IX (1926), pp. 102, 104-105, 152-154; T. Bertelé, Il palazzo degli ambasciatori di Venezia a Costantinopoli, Bologna 1932, pp. 210, 220-221, 242-243, n. 92, 244-245 n. 104, 417, 418, 424; F. Nicolini, Nuovi studi a illustrazione del "De rebus gestis Antonii Caraphaei" di G. B. Vico, in Arch. stor. per le prov. napoletane, LXIV (1939), pp. 106-107, 109; Id., Vicostorico, a cura di F. Tessitore, Napoli 1967, pp. 149 s., 153 s., 160 n. 12; Dispacci degli ambasciatori al Senato. Indice, Roma 1959, pp. 23 ss.