CARGA, Giovanni
Figlio di Giusto e di Orsola Beltrame, nacque a San Daniele del Friuli intorno al 1520 e iniziò i suoi studi sotto la guida di Giovanni Pietro Astemio, completandoli poi a Bologna. Nel 1550 si trasferì a Roma, dove strinse amicizia con i più brillanti esponenti della cultura romana, tra i quali Dionigi Atanagi, Annibal Caro e Paolo Manuzio, ed entrò a far parte dei servizi papali, non sappiamo con quali mansioni. Giulio III e Paolo IV gli concessero vari benefici: il 23 genn. 1555 il mandato della collazione della cappella di S. Maria Maddalena a Belluno, nel novembre seguente una pievania in Valesiana; il 10 gennaio e il 10 nov. 1558 due canonicati a Cividale e a S. Stefano di Aquileia; il 10 ottobre dello stesso anno, infine, fu eletto procuratore generale a Roma dal capitolo di Cividale, con un onorario di 50 scudi annui.
Nel 1556 venne assunto nella sezione della segreteria pontificia diretta da Giovanni Francesco Commendone, vescovo di Zante e Cefalonia, figurando nei "ruoli di famiglia" come familiaris del prelato. Godette anche del favore del cardinale Carlo Carafa, che lo nominò "notaio apostolico e conte del sacro palazzo e della corte lateranense" l'8 genn. 557.
In questi anni, secondo la sua stessa testimonianza, il C. effettuò anche alcuni viaggi al seguito di nunzi e legati pontifici, ma l'unica notizia sicura che abbiamo in proposito si riferisce a una missione che il Commendone doveva compiere in Turchia nel 1559 e che fu sospesa in seguito alla morte di Paolo IV.
Il periodo più favorevole coincise con il pontificato di Pio IV (1559-1565) e colla venuta a Roma di Carlo Borromeo: il C. divenne ben presto intimo del nipote del papa, ottenendo così di essere eletto nel 1560 assistente del nuovo capo della segreteria Tolomeo Galli, succeduto al Commendone. Un breve di Pio IV, del 5 sett. 1561, lo esonerava dall'obbligo della residenza, assicurandogli il godimento dei suoi benefici, fino a quando fosse rimasto al servizio della segreteria.
Il C. stesso ci parla del suo lavoro in questo periodo: "…ho servito nel pontificato di Pio IV per scrittore prima e poi per archivista, poi per coadiutore e primo sostituto con portar carico di tutto quello che si scriveva al Concilio di Trento e che di là veniva et insieme a tutti li nunzii e della riforma che si fece a Roma" (in von Sickel, p. 105). La segreteria infatti sosteneva il peso della fitta e difficile corrispondenza tra la S. Sede e i legati che si trovavano a Trento per tutta la durata della sessione del concilio (gennaio 1562-dicembre 1563) e il C. si prodigò tanto in quest'opera da ammalarsi gravemente agli occhi.
La condizione del C. cambiò dopo il trasferimento del cardinale Borromeo a Milano e la sostituzione del Galli alla direzione della segreteria: il C. si sentì trascurato dal nuovo direttore Geronimo Rusticucci e relegato in una posisione di secondo piano. Queste circostanze, unite all'aggravarsi della malattia agli occhi, lo spinsero a lasciare il suo ufficio nonostante le generali proteste e la perdita delle prebende connesse alla carica. Per recuperare la vista, viaggiò a lungo per l'Italia, dilapidando il suo patrimonio in medicine e cure che peraltro non sortirono alcun effetto. Rientrò a Roma nel 1566, non guarito, ma rasserenato: la quasi completa cecità lo aveva infatti portato a un ripiegamento interiore, che alimentò una piùfervida vita spirituale. A questo periodo appartengono gli inni religiosi composti dal C. in gran numero. Le difficoltà economiche tuttavia lo spinsero ben presto ad abbandonare di nuovo Roma ed a trasferirsi verso il 1567 a Milano presso il Borromeo, il quale lo incaricò di riordinare, catalogare e inventariare un suo archivio, contenente carte diverse, pubbliche e private, compito che il C. portò a termine con tanta perizia da meritare pubblici elogi. Ma il clima della città lombarda non giovava alla sua cagionevole salute e perciò nel settembre 1568, munito di lettere di raccomandazione, ritornò a Roma: le sue condizioni economiche rimasero tuttavia precarie fino all'elezione di Gregorio XIII (1572) e al ritorno del cardinale Galli alla direzione della segreteria. Ormai anziano e malato il C. non poté svolgere di nuovo un lavoro continuativo, ma venne consultato. dal Galli su varie questioni importanti: tra l'altro, la riforma dell'università, lo sviluppo della stampa in Roma, la Congregazione dell'Indice.
Della attività del C. in questo periodo ci sono rimaste due opere importanti: Del secretario et secreteria di Nostro Signore et di tutti gli offitii che da quella dependono, scritta nel 1574, e Sopra un modo facile et sicuro di essequir in Roma, senza gravar la Camera, il Decreto della Quarta sessione del Concilio di Trento, che ordina, ut Sacra Scriptura quam emendatissime imprimatur, del 1576.
Nel trattato Del secretario et secreteria… il C. espone minutamente la storia, il funzionamento e le prerogative dell'importante organo del governo pontificio. L'argomento è diviso in due parti: nella prima viene illustrato lo sviluppo dell'ufficio della segreteria, così come si è venuto modificando a partire da Martino V, con particolare attenzione al collegio dei segretari, di cui descrive con precisione il ruolo. Il C. avanza anche alcune proposte di riforma e chiede che ai segretari venga affidato il compito di raccogliere lettere e documenti di secondaria importanza scambiati tra la S. Sede e i suoi nunzi, legati e governatori, e finiti negli archivi privati o dispersi: raccolti e conservati gelosamente, invece formerebbero un prezioso patrimonio storico a cui attingere per il futuro. Nella seconda parte passa a spiegare il ruolo e la funzione del segretario "intimo", detto anche "secretario domestico", "maggiore" e "secreto". Il trattato del C. rappresenta in documento insostituibile per chi voglia intendere il funzionamento e il significato storico e politico della segreteria pontificia: le notizie in esso contenute, frutto della conoscenza diretta e della sicura perizia di un archivista di talento, sono infatti in alcuni casi l'unica fonte attendibile sull'importante istituzione.
Di minore interesse è la seconda opera: in essa il C. avanza alcune proposte al cardinale Lomellino, per superare le difficoltà che si frapponevano alla stampa emendata, della Vulgata, conformemente ai dettami del concilio di Trento. Egli consiglia di sopperire alla necessità di dotti e qualificati revisori utilizzando tutti gli studiosi reperibili a Roma, sia che appartenessero agli Ordini ecclesiastici, sia che fossero al servizio del pontefice, dei prelati o dei principi. Per i problemi tecnici della stampa si sarebbe dovuto far venire a Roma gli stampatori e farli lavorare direttamente alle dipendenze della S. Sede: ciò avrebbe garantito una edizione sicuramente corretta del testo sacro. Le sue proposte dovettero essere esaminate e prese in considerazione, ma vennero lasciate cadere.Il C. trascorse gli ultimi anni della sua esistenza nell'ospedale S. Spirito, in condizioni di estrema indigenza e invano nel 1578 i cardinali Sirleto e Alciati cercarono di fargli ottenere nuovi benefici: povero e ammalato, trascinò stancamente la sua vita ancora per molti anni, simile a un vivo cadavere, come egli stesso si definì in una poesia ("…vivum es, Carga, cadaver"). Nel 1600 Marcantonio Bonciari, suo amico, gli scrisse una lettera per raccomandargli il Palettario che andava a Roma e per inviargli una copia del suo Hieropylus.Dopo questa data null'altro si sa di lui.
Il C. va anche ricordato per le sue notevoli doti di nitido ed elegante poeta. Scrisse infatti un nutrito numero di componimenti in lingua latina che furono molto apprezzati dai contemporanei; essi sono di vario argomento: inni religiosi, odi, epigrammi scherzosi; elegie rivolte ad amici (T. Bencio, T. Molza, O. Camajano), a papa Sisto V, a principi (Alessandro Farnese, il duca d'Alba); epitaffi. Manca a tutt'oggi un'edizione critica di tali carmi.
Alcuni di questi scritti sono stati pubblicati in crestomazie di diversa epoca. Un elenco sommario eparziale delle opere edite ed inedite del C. è stato redatto dal Mazzuchelli un secondo elenco anch'esso incompleto è fornito dal Liruti. Ad integrazione dei due, per quanto riguarda i testi manoscritti, non possono essere trascurate comunque le indicazioni del Kristeller.
Fonti e Bibl.: Bibl. Ap. Vaticana, Vat. lat.9265: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, cc. 547v-550v; Lettera del signor cavalier G. G. Rossi bolognese al R. signor G. C. sopra la villa di Tuscolano, Bologna 1571; IuliiPogianisenensis epistolae et orationes, a cura di A. M. Gratiano-H. Lagomarsinio, IV, Romae 1578, pp. 274-277; Nuntiaturberichte aus Deutschland 1560-1572, II, 1, Wien 1897, pp. 320, 322; A. Caro, Lettere familiari, a cura di A. Greco, III, Firenze 1961, pp. 41-177; G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da' letterati del Friuli, IV, Venezia 1830, pp. 52-58; H. Laemmer, Monumenta Vaticana…, Friburgi Brisgoviae 1861, pp. 455-468; G. Valentinelli, Bibliogr. del Friuli, Venezia 1861, pp. 311, 335; P. Berti, Catal. delle pergamene e manoscritti già spettanti alla fam. Graziani di Città di Castello, Firenze 1864, p. 4; Th. R. von Sickel, Römische Berichte in Sitzungsberichte der Kaiserlichen Akad. der Wissenschaften, CXXXIII(1896), pp. 48, 104-108; J. Šusta, Die römische Curie and das Concil von Trient, I, Wien 1904, pp. XXXIV s.; R. Ancel, Le secrétaire pontif. sous Paul IV, Paris 1906, p. 4; P. M. Baumgarten, Die Vulgata Sixtina von 1590und ihre Einführungsbulle, Münster 1911, pp. 141-151; H. Höflp, Beiträge zur Gesch. der Sixto-klementinischen Vulgata, in Biblische Studien, XVIII(1913), pp. 58, 116; L. von Pastor, Storia dei papi, Roma 1955, IX, pp. 41, 187, 198; X, p. 153; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp. 290, 344; II, pp. 36, 123, 202 s., 242, 259, 379, 428, 448 ss.