CARIANI, Giovanni
Pittore. Nacque, probabilmente a Venezia, dal bergamasco Giovanni Busi detto Cariani da Fuipiana. Ve lo troviam0 nel 1509, nel 1517, nel 1524, nel 1547; del quale anno è il testamento di una figlia adottiva Pierina, che deve precedere di poco la sua morte Ma nello stile del maestro, sin dal Portacroce dell'Accademia Carrara di Bergamo, prima opera a noi nota (perché è perduta la pala del 1514 a Lonna in Val Seriana, citata dal Tassi), accanto a elementi giorgioneschi, lotteschi e palmeschi appare sempre una leggerissima solidità delle superficie, una metallicità di colore, tipica dell'arte lombarda. Poche sono del resto le opere firmate e datate: il cosiddetto Gruppo Albani in casa Roncalli (1519), una Madonna con donatore dell'Accademia, entrambi a Bergamo, e una Resurrezione (1520) presso il conte Marazzi a Milano, e il ritratto di Giovanni Benedetto Caravaggio, pure dell'Accademia Carrara, accanto al quale converrà ricordare il Gentiluomo in pelliccia di Venezia, il cosiddetto autoritratto e la figura femminile al parapetto (Bergamo), il Gentiluomo (National Gallery, Londra), il Giovane di Berlino, il Cavaliere del duca di Devonshire a Chatsworth, il Suonatore di Strasburgo.
Più tipico è nei quadri sacri (Sacra conversazione di Venezia e di Bergamo; pala di Brera; predellina con Cristo che appare alle pie donne, e Andata al Calvario dell'Ambrosiana) e nelle opere profane come la Donna in un paese di Berlino, scintillanti, iridate, ma piuttosto vacue.
Del momento più palmesco è la Madonna seduta contro un alberetto di limone a Londra, tanto simile a quella della Sacra conversazione della Galleria Borghese, attribuitagli dal Cavalcaselle, e alla Madonna che cuce della Corsiniana di Roma.
V. tavv. I e II.
Bibl.: Hadeln, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, V, Lipsia 1911 (con la bibl. precedente); A. Venturi, Storia dell'arte ital., IX, iii, Milano 1928, p. 438 segg.; T. Borenius, in Pantheon, II (1928), pp. 518-20; L. Baldass, Ein umbekanntes Hauptwerk d. C., in Jahrb. d. kunsth. Samml. in Wien, III (1929), pp. 91-110.