BOVIO, Giovanni Carlo
Nacque a Brindisi il 3 genn. 1522 da Andrea, bolognese, che vi si trovava in qualità diluogotenente di Ferrante Gonzaga, una gentildonna della famiglia Fornari.
Durante i suoi studi universitari a Bologna strinse rapporti con Romolo Amaseo e con Quinto Mario Corrado; quest'ultimo, in particolare, gli fu poi costantemente legato da vincoli di amicizia. Si addottorò in legge il 12 apr. 1552 e in teologia il 30 aprile dello stesso anno. Arcidiacono di Monopoli dall'età di tredici anni, fu nominato vicario generale e coadiutore con diritto di successione dello zio Pietro nella diocesi di Ostuni il 10 dic. 1546. Promosso alla dignità episcopale nel 1557, succedette allo zio nel governo della diocesi. Giunto a Ostuni, imziò col 1º maggio 1558 la visita della diocesi, mettendosi in luce per la vigorosa opera di riforma dei costumi del clero. Quando, il 3 febbr. 1562, giunse a Trento per partecipare ai lavori del concilio la sua esperienza episcopale insieme con la sua dottrina teologica lo qualificarono come una delle personalità più notevoli nei dibattiti conciliari, ai quali prese subito parte attiva.
I suoi primi interventi furono sulla questione dell'Indice dei libri proibiti, e in seguito si occupò del catechismo, della concessione del calice ai laici e del sacramento del matrimonio; ma il problema sul quale si impegnò in maniera esclusiva fu quello dell'obbligo di residenza, per il quale si schierò a favore dello ius divinum, mantenendo lo stesso atteggiamento quando in seguito si affrontò la questione dell'episcopato e dei suoi rapporti col primato papale. In numerosi interventi sottolineò l'importanza capitale della questione della residenza, chiedendo che il concilio la trattasse, e rivendicò a se stesso un atteggiamento coerente in proposito, basato sulla convinzione che non solo la residenza fosse obbligatoria "de iure divino", ma che fosse particolarmente necessaria ai tempi correnti una solenne affermazione del concilio in tal senso (Concilium Tridentinum, IX, pp. 306 s.); che poi questo potesse ledere l'autorità della S. Sede, il B. si rifiutava di credere, insistendo piuttosto sul discredito che ricadeva su di quella a causa della prassi delle dispense (ibid., pp. 554 ss.). D'accordo su questi temi coi più battaglieri membri dell'episcopato spagnolo ed in particolare con Pedro Guerrero, il B. non si limitò ad assicurare loro l'apporto del suo voto, ma fece un'opera di proselitismo e di convinzione capillare che gli attirò un'attenzione particolarmente sospettosa da parte del partito curiale; fiorirono così sul suo conto le accuse più varie, come quella che egli appoggiasse la linea degli Spagnoli e facesse lo "spione contro il papa... per speranza di guadagnar la chiesa Brundusina" (Šusta, III, p. 420). La campagna delle calunnie giunse al punto che si rese necessario un preciso ordine ai legati, richiesto al papa dal cardinal di Lorena, per cui si doveva far "buon viso" al B. e fargli intendere la "buona opinione" che si aveva di lui a Roma (ibid., IV, p. 340). Nel tentativo di spiegare come la sua posizione non implicasse un attacco all'autorità papale il B. sottoscrisse la lettera inviata al papa a questo proposito da un gruppo di vescovi italiani il 6 giugno 1562 e, probabilmente in quello stesso periodo, stese un ampio memoriale sul problema della residenza che presenta molti spunti interessanti. In esso non si proponeva tanto di dimostrare lo ius divinum dell'obbligo di residenza (che dava per scontato), quanto piuttosto la convenienza che il concilio lo sancisse con un apposito decreto; per il B. tale convenienza era indubbia e chi sosteneva che ciò avrebbe leso l'autorità papale finiva, a suo avviso, per dichiarare implicitamente che tale autorità era in conflitto con la legge divina. Passando poi a trattare dell'episcopato - di cui egli sostiene l'istituzione "immediate a Christo" - accusava il Papato di aver sottratto ai vescovi molti dei loro diritti e di aver concesso invece privilegi e diritti eccezionali ai principi e alle autorità politiche in genere. Il memoriale del B. si conclude con un appello a portare a termine positivamente il dibattito sullo ius divinum della residenza, insistendo sulle pessime conseguenze che una mancata presa di posizione del concilio (dopo che il problema era stato sollevato) poteva avere non solo nei confronti degli eretici, che avrebbero viste confermate le loro accuse sulla mancanza di libertà del concilio, ma anche degli stessi cattolici (Monumenti... Beccadelli, II, pp. 201-223).
La restaurazione dell'autorità episcopale e dell'obbligo di residenza era per il B. lo strumento fondamentale, per una riforma della Chiesa che non si limitasse, come egli diceva, a puntellare le mura cadenti di un vecchio edificio per ritardarne il crollo, ma ponesse fondamenta e mura salde come quelle della Chiesa primitiva. L'"ecclesiae primitivae forma" fu il modello costante a cui si richiamarono i suoi discorsi in concilio e fu anche il tema ispiratore dei suoi studi, che furono del resto finalizzati all'impegno religioso. Le auctoritates citate nei suoi discorsi risalgono tutte a fonti scritturali e patristiche, con una sola eccezione per un passo omerico riportato nell'ambito di un paragone, di sapore ironico, tra l'autorità del papa e quella di Giove. Ma l'autore al quale si rifà più spesso è lo pseudo Clemente Romano delle Costituzioni apostoliche. Diquesto testo il B. preparò e fece pubblicare la prima traduzione latina, che uscì a Venezia nel 1563 contemporaneamente all'editio princeps dell'originale greco. L'interesse per questo testo era in lui probabilmente anteriore all'arrivo a Trento, ma è qui che lo troviamo nel novembre 1562 intento, come scriveva al Sirleto, a "leggere, et tradurre dei luochi di questo libro per le cose che occorreno qui, havendo havuto da Venetia uno esemplare correttissinno" (Vat. lat. 6189, I, f. 148rv).
Le parti che maggiormente lo interessavano erano quelle relative alla gerarchia ecclesiastica e alla elezione e ordinazione del vescovo della Chiesa primitiva, e proprio questo uso concreto dell'opera nei dibattiti interni al concilio, allora quanto mai lacerato su tali problemi, gli attirò ostilità fortissime, "non solo contro la carità christiana, ma anchora contro li costumi d'huomo civile" (ibid.).Con la collaborazione del Sirleto poté comunque portare a termine la traduzione; ad essa (che fin dal titolo rendeva espliciti i suoi obiettivi) premise una dedica ai cardinali Hosio, Simonetta e Navagero, ed una prefazione nelle quali insisteva sull'utilità per i padri conciliari di conoscere attraverso quell'opera il modello della Chiesa primitiva. La reazione romana fu immediata: il cardinale Michele Ghislieri ne vietò la vendita a Trento ed a Roma (il che non impedì che l'anno dopo ne uscissero due edizioni a Parigi ed a Lione nel 1564).
Conclusosi il concilio, al quale aveva portato il contributo di una indubbia preparazione, il favore che il suo atteggiamento gli aveva guadagnato presso il re di Spagna si tradusse nella concessione dell'archidiocesi di Brindisi il 21 giugno 1564. La sua attività in diocesi, che molti biografi descrivono come notevole e nel corso della quale il B. si sarebbe mostrato particolarmente sensibile alle esigenze di riforma morale e di preparazione culturale del clero, ci è nota solo in maniera generica; si sa, per esempio, che risale a lui l'introduzione dei cappuccini in diocesi e che le resistenze incontrate dalla sua opera di restaurazione morale lo costrinsero ad abbandonare Brindisi ed a fissare la sua residenza prima ad Oria poi a Ostuni. In questi anni si mantennero vivi e cordiali i suoi rapporti col Sirleto al quale il B. inviò le sue congratulazioni per la nomina cardinalizia nel marzo 1565 (Vat. lat. 6182, f. 378r).
Morì a Ostuni all'inizio, del settembre 1570 e fu sepolto nella cattedrale di Oria.
Fonti eBibl.: Bibl. Apostol. Vat., Vat. lat. 6182, ff. 11r, 34, 37, 378r, 417; Vat. lat. 6189, parte I, f. 148; Borg. lat. 300, f. 888; Q. M. Corradi, Epistolarum libri, Venetiis 1565, passim;B. Clemente Romano, De constitutionibus apostolicis..., a cura di G. C. Bovio, Lugduni 1564; G. N. Pasquali Alidosi, Li dottori bolognesi..., Bologna 1623, p. 104; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, IX, Venetiis 1721, coll. 43, 50; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, pp. 1926-1928; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, II, Bologna 1782, pp. 342-344; S. Pallavicino, Istoria del Concilio di Trento, Faenza 1796, IV, pp. 197, 242, 244, 277; V, pp. 155, 157; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XXI, Venezia 1870, pp. 320 s., 367; L. Pepe, Mem. storico-diplomatiche della Chiesa vescovile d'Ostuni, Valle Pompei, 1891, pp. 102-107; L. von Pastor, Storia dei Papi, VII, Roma 1928, pp. 284 s.; Concilium Tridentinum, ed. Soc.Goerresiana, III, Friburgi Br. 1911-1931, ad Indicem; VIII-IX, ibid. 1919-1924, ad Indicem;G. B. Morandi, Monumenti di varia letteratura tratti dai manoscritti di monsignor Lodovico Beccadelli, II, Bologna 1804, pp. 201-225; J. Šusta, Die Römische Kurie und das Concil von Trient unter Pius V., Wien 1904-14, II, p. 218; III, p. 420; IV, pp. 255 s., 340; G. Bronzino, Notitia doctorum, Milano 1962, p. 45; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica, III, Monasterii 1923, pp. 141, 265; Dict. de Théol. Cath., III, 2, coll. 1520-37.