QUARTARA, Giovanni Carlo
QUARTARA, Giovanni Carlo. – Nacque a Genova il 26 ottobre 1761, da Davide Giuseppe, appartenente a una famiglia di Albenga (Savona) che si era da tempo trasferita nella Dominante a esercitarvi uffici pubblici. Si ignora il nome della madre.
A sedici anni, orfano di entrambi i genitori, disponeva di un patrimonio molto assottigliato, ma tale da poter compiere gli studi di giurisprudenza; nel 1787, allorché chiese e ottenne, insieme al fratello Antonio, l’ascrizione all’Ordine dei nobili albenganesi, poteva inoltre fregiarsi del titolo di «dottor collegiato».
Nel 1784 fu uno dei consoli della Ragione, poi lavorò per il magistrato dei Conservatori del mare, ma presto abbandonò la carriera burocratica per dedicarsi al commercio e all’attività bancaria. Si trasferì per qualche tempo in Germania, dove aveva collocato la maggior parte dei capitali che gli erano stati affidati, e viaggiò in diverse occasioni in Inghilterra, Francia, Svizzera, Belgio e Olanda.
Restò defilato durante il triennio democratico, ma fu a Genova durante il terribile assedio del 1799-1800 e la breve occupazione austriaca della città. Ristabilita nel giugno 1800 la Repubblica ligure filofrancese, entrò a far parte, il mese seguente, della Consulta legislativa, organismo creato da Napoleone Bonaparte con il compito di riorganizzare lo Stato. Il 4 settembre fu destinato alla sezione di Finanze, il 5 maggio 1801 a quella di Costituzione, e dal settembre 1803 fece parte del tribunale di revisione e di appello per il commercio.
Queste cariche erano il frutto di una posizione economica ormai molto solida – come tale conforme alle scelte del Primo console, vero padrone della Repubblica ligure – ma anche di una conoscenza diretta di Bonaparte, dal quale Quartara si era recato per chiedere, con successo, la restituzione di un consistente quantitativo di metalli preziosi catturato dai francesi su un battello che navigava nel Lario. Tuttavia Giulio Cesare Tassoni, rappresentante cisalpino a Genova, passando in rassegna le autorità genovesi lo qualificava come austriacante e «nemico del sistema» (Paglieri, 1989, p. 106).
Il 17 giugno 1805, pochi giorni dopo l’annessione della Liguria all’Impero francese, fu creata a Genova una Camera di commercio della quale Quartara fu chiamato a far parte, ricevendovi l’incarico di presentare un rapporto sui traffici bancari e sul commercio dei metalli preziosi. Negli anni seguenti continuò a essere membro di quel consesso – e nel 1809 sarebbe entrato nel tribunale di commercio – ma non brillò certo per assiduità alle sedute. Coltivò, in compenso, buoni rapporti con influenti personaggi dell’establishment napoleonico, come l’architrésorier Charles-François Lebrun, l’idéologue Joseph-Marie Degérando e il presidente del Senato Jean-Denis de Saint-Vallier. Soprattutto realizzò buoni affari e incrementò il proprio patrimonio: unico roturier presente nelle liste dei maggiori contribuenti liguri, gli si attribuivano proprietà fondiarie per oltre un milione di franchi e la sua banca, con un giro d’affari annuo di sei milioni, era senza dubbio la più attiva di Genova. Nel 1811 il prefetto Bourdon de Vatry scriveva: «Il a un crédit illimité à cause de sa manière serrée de traiter les affaires»; ma proprio perché aveva un’unica mira, «celle de gagner de l’argent», non esitava a «ménager tous les partis» (ibid., p. 117). Per indole inclinava verso gli oppositori al governo, nondimeno fece parte della deputazione che sempre nel 1811 si recò a omaggiare l’imperatore e si adoperò, con successo, per farsi eleggere al Corpo legislativo, perché ciò gli garantiva un appannaggio di 10.000 franchi e la possibilità di sbrigare i propri affari a Parigi vivendo «de ses émoluments sans diminuer ses capitaux» (Assereto, 1999, p. 210). Ottenne anche dalle autorità francesi buoni incarichi per due dei quattro figli – Gabriele, Antonio, Agostino e Giovanna – nati dal matrimonio con Anna Pozzo: Gabriele fu ammesso alla scuola militare di Saint-Germain en Laye e Antonio fu nominato primo cassiere della Zecca di Genova.
Ben inserito nel regime, disapprovava tuttavia la politica religiosa di Napoleone e manteneva stretti legami con le gerarchie ecclesiastiche. Fu prodigo di aiuti materiali ai cardinali italiani che in quegli anni si trovavano per varie ragioni a Parigi, ottenendo la riconoscenza di personaggi come Giovanni Battista Caprara, Ercole Consalvi, Bartolomeo Pacca, o l’arcivescovo di Genova Giuseppe Spina. Dopo l’arresto di Pio VII andò ripetutamente a trovarlo nel suo confino di Savona e accettò di esserne il banchiere. Così, quando all’inizio del 1814, di passaggio da Lione, poté constatare l’imminente caduta dell’Impero, era già pronto a passare nell’altro campo.
Allorché il 26 aprile 1814 il comandante inglese William Bentinck, dopo aver cacciato i francesi da Genova, vi nominò un governo provvisorio destinato – nelle sue intenzioni – a restaurare l’antica Repubblica, Quartara fu chiamato a farne parte, assumendovi prima la responsabilità degli Affari interni, poi delle Finanze. Quando di lì a poco il Congresso di Vienna decise l’annessione del Genovesato al Regno di Sardegna non ebbe difficoltà ad accettare la nuova sistemazione.
Non a caso nei rapporti della polizia sabauda fu uno dei pochi membri del governo provvisorio a non ricevere un giudizio negativo, e il suo nome fu proposto quale possibile membro di una reggenza provvisoria – poi non creata – destinata a pilotare il trapasso verso la nuova amministrazione.
Nel gennaio del 1815, nelle vesti di vicepresidente della Camera di commercio, carica ricoperta fino al 1817, fu nella deputazione andata a omaggiare Vittorio Emanuele I, ricevendone in cambio la croce di cavaliere mauriziano – cosa che, secondo il ministro Alessandro Vallesa, lo aveva «gagné avec toute sa famille au parti du roi» (Dagli albori della libertà al proclama di Moncalieri, 1931, p. 90) – e, di lì a poco, la nomina a sindaco di seconda classe del Comune di Genova. Ricoprì tale carica in quattro diverse tornate fino al 1830, in alternativa con quella di «primo ragioniere» dello stesso Comune, tenuta a più riprese dal 1825 al 1833.
In qualità di amministratore collaborò fattivamente all’ampliamento e all’abbellimento della città, promuovendo la costruzione del parco dell’Acquasola, del palazzo dell’Accademia, delle nuove strade di S. Teodoro e della Consolazione – in quest’ultima era la sua abitazione urbana, ma possedeva anche una bella villa in Albaro. Nella difficile crisi politica del 1821, in rappresentanza del Comune, prese parte a una commissione che ad aprile si recò a Modena da Carlo Felice per garantirgli la fedeltà della città; nel gennaio successivo fu uno dei delegati inviati dal Corpo decurionale a Torino per presentare al re il giuramento di fedeltà.
In quegli anni, mentre proseguiva un’attività bancaria che lo avrebbe portato a stringere buoni rapporti con figure del calibro di Jacques Laffitte e Casimir Perrier – anche se nel 1831 cedette la direzione del banco al figlio Antonio, che l’avrebbe continuata con molto successo – ricoprì via via una serie di altre cariche pubbliche che lo segnalarono come uno degli uomini più influenti della sua città nell’ambito del ‘second’ordine’. Fu a lungo presidente del tribunale di commercio e membro della commissione creata per mettere ordine all’esercizio delle arti e dei mestieri.
Nel dicembre del 1824 fu chiamato a far parte di una Direzione dei teatri di Genova, poi della Commissione dei deputati alla fabbrica del nuovo teatro Carlo Felice. Nel 1826 entrò, per nomina regia, nel Magistrato di misericordia: un posto che certo gli si confaceva, perché alle opere di beneficenza si era sempre più dedicato. Risulta infatti nella protettoria del conservatorio Brignole; è inoltre menzionato come uno dei principali benefattori di un altro conservatorio, quello di S. Gerolamo della Carità, detto della Provvidenza, del quale stese il nuovo statuto nel 1829; fu priore del Monte di pietà. Nel 1835 ricoprì la carica di principe dell’Accademia Ligustica di belle arti, poi ne fu tesoriere dal 1840 al 1844. Nel giugno del 1842 – in qualità di priore degli edili – fece parte della commissione incaricata di preparare i festeggiamenti per l’arrivo a Genova del futuro re Vittorio Emanuele II e di sua moglie Adelaide Francesca d’Asburgo.
Morì a Genova il 21 marzo 1844.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Camera di commercio, 505-6; Genova, Archivio storico del Comune, Amministrazione comunale sotto il governo piemontese, 435, 487; Albenga, Archivio comunale, I, Consilium Civitatis, 74, c. 54v; Raccolta delle leggi emanate dalla Consulta legislativa della Repubblica Ligure, Genova 1800-1801, I, pp. 53, 174; Raccolta delle leggi e atti, decreti e proclami pubblicati dal Senato ed altre autorità constituite della Repubblica Ligure, Genova 1803, p. 20; Il Mausoleo capriccioso. Lunario poetico-scientifico per le dame, Genova 1809, p. 85; Gazzetta di Genova, 30 gennaio 1822; Gazzetta piemontese, 21 marzo 1826; G.B.F. Raggio, Il cavaliere G. Q., Genova 1844; G. Banchero, Genova e le due Riviere, Genova 1846, pp. 179, 230; M. Staglieno, Memorie e documenti sulla Accademia Ligustica di belle arti, Genova 1862, pp. 234, 240; M. d’Azeglio, Epistolario (1819-1866), a cura di G. Virlogeux, I, Torino 1987, p. 308.
F. Luxardo, Vita dell’illustre servo di Dio P. Michele Agostino Delfino degli Eremitani di S. Agostino, Genova 1873, p. 37; G.B. Vallebona, Il teatro Carlo Felice, Genova 1928, p. 9; Dagli albori della libertà al proclama di Moncalieri, a cura di A. Codignola, Torino 1931, pp. 89-90; V. Vitale, Onofrio Scassi e la vita genovese del suo tempo (1768-1836), in Atti della Società ligure di storia patria, 1932, vol. 59, ad ind.; Id., Informazioni di polizia sull’ambiente ligure (1814-1816), ibid., 1933, vol. 61, pp. 423, 448; L. Bergeron, La place des gens d’affaires dans les listes des notables du premier Empire, d’après les exemples du Piémont et de la Ligurie, in Annuario dell’Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea, XXIII-XXIV (1971-1972), p. 322; G. Giacchero, Genova e Liguria nell’età contemporanea, Genova 1980, p. 81; Federigo Alizeri (Genova 1817-1882). Un ‘conoscitore’ in Liguria tra ricerca erudita, promozione artistica e istituzioni civiche, Genova 1988, p. 76; C. Paglieri, Agostino Pareto. Un genovese tra rivoluzione e restaurazione, Genova 1989, ad ind.; M. Da Passano, Dalla democrazia direttoriale all’oligarchia senatoria: le vicende costituzionali della Repubblica Ligure (1797-1805), in Studi settecenteschi, XVII (1997), pp. 293 s.; G. Assereto, Le metamorfosi della Repubblica, Savona 1999, p. 210; Id., La seconda Repubblica Ligure 1800-1805, Milano 2000, pp. 58, 94; P. Massa - M. Minella, 28 pratile XIII-17 giugno 2005. Duecento anni di storia della Camera di commercio di Genova, Genova 2005, pp. 15, 185.