CAROSIO, Giovanni
Nacque a d Arona (Novara) il 6 genn. 1876 da Angelo e da Rosa Bertone. Le buone condizioni economiche della famiglia gli consentirono di studiare al politecnico federale di Zurigo, dove ottenne la laurea in ingegneria meccanica. I contatti intessuti nel corso degli studi universitari, oltre che l'ottimo biglietto da visita costituito dal diploma svizzero, dovettero avere un ruolo decisivo nella scelta del giovane C. di emigrare in Argentina negli anni a cavallo del secolo. Non appena giunto a Buenos Aires egli fu infatti tra i fondatori della Compañia industriai de electricidad del Rio de la Plata e della Compañia de electricidad de la Provincia de Buenos Aires. Tanto nella prima società (fondata insieme con Pietro Vaccari, un altro emigrato italiano divenuto rapidamente uno dei principali operatori economici in Argentina e in Paraguay svolgendo attività nel settore dei combustibili e del commercio di importazione ed esportazione) quanto nella seconda (nella quale la maggior parte dei capitali era inglese), il C. assunse fin dall'inizio la carica di amministratore delegato. I legami con il mondo economico lombardo e con quello tedesco (molto probabilmente risalenti al periodo trascorso in Svizzera) gli fruttarono due altri importanti incarichi, la rappresentanza per l'Argentina della Franco Tosi e quella della AEG.
La prima si era andata specializzando, a partire dall'inizio del secolo, nella fabbricazione di impianti di piccola e media potenza di forza motrice termica (a vapore e a combustione intema), nella versione elettrica ed in quella idraulica. Si trattava di un prodotto di grande efficacia e di indubbio interesse per il mercato argentino, dato che grazie a questa attrezzatura diveniva possibile - specie nelle aziende di allevamento ed in quelle agricole sparse nell'entroterra di Buenos Aires - produrre energia elettrica in notevole quantità ed a costi piuttosto contenuti. La AEG aveva, invece, messo piede in Sudamerica alla fine degli anni Novanta attraverso una sub-holding regionale, la Deutsche Überseeische Eiektrizitätsgesellschaft (DUEG), che controllava una serie di imprese produttrici di energia elettrica a Valparaiso, Santiago del Cile e, in Argentina, a Rosario, Avellaneda e Mendoza, mentre deteneva partecipazioni di minoranza in aziende trainviarie dominate dai capitali inglesi a Montevideo e Buenos Aires.
Il C., affiancato da un altro italiano emigrato in Argentina (l'ingegnere Mauro Herlitzka, direttore generale della CATE, Compaffla alemana transatlantica de electricidad, un'impresa legata alla DUEG), era divenuto perciò in pochissimo tempo un intraprendente uomo d'affari, capace di mediare tra i potentissimi ed influenti interessi tedeschi e quelli della Tosi, certo di più recente formazione, ma non per questo meno agguerriti. L'ideale cassa di compensazione di tali interessi, a volte contrapposti, era la Compañia industriai de electricidad dei Rio de la Plata, una società che operava nel campo della progettazione, installazione e costruzione di piccole centrali elettriche periferiche e che - in virtù dei contatti del suo amministratore delegato, il C. per l'appunto - riuscì a ritagliarsi una fetta di mercato sempre crescente per sé e per le due società elettromeccaniche europee.
Nel 1911 il C. abbandonò il lavoro di rappresentanza per compiere il grande salto nel mondo dell'industria e della finanza internazionale. E lo fece mettendo a frutto tutti gli insegnamenti tratti da un decennio di contatti economici nei più diversi ambienti, argentini ed esteri. Appoggiandosi alla comunità economica locale di origine italiana e coinvolgendo nell'operazione fin dal suo inizio da una parte la Franco Tosi e la Pirelli, interessate ad espandersi ulteriormente sul mercato argentino, e dall'altra la Brown Boveri (la principale rivale europea della AEG e della Siemens) e la sua holding finanziaria, la Motor, egli si fece promotore della costituzione della Compañia italo-argentina de electricidad (CIAE). I contatti e l'abilità dell'ingegnere novarese valsero alla neocostituita società la quasi immediata concessione elettrica da parte della municipalità di Buenos Aires. Di fronte alla prospettiva di importanti risultati economici fin dai primi anni di attività, venne studiata una soluzione per garantire alla CIAE una certa solidità finanziaria. Il C. e i suoi amici italo-argentini proposero la costituzione di una apposita banca italiana per il finanziamento dell'industria elettrica (secondo una linea di tendenza che si stava affacciando anche in Italia), ma alla fine prevalse la tesi dei gruppo svizzero Brown Boveri-Motor. Nacque così, nel 1913, la Columbus, società anonima di imprese elettriche con sede a Giarona (Svizzera), nel cui consiglio d'amministrazione prese posto lo stesso Carosio.
La nuova finanziaria consentì, indirettamente, alle imprese svizzere ed italiane ad essa interessate (Brown Boveri, Tosi e Pirelli) di rafforzare i legami di amicizia, garatitendo a ciascuno dei partners un'equa distribuzione delle ordinazioni di materiali elettrici ed elettromeccanici necessari all'affività della CIAE e delle altre imprese elettriche argentine controllate dalla AEG e dalla Siemens. La presenza del C. nel suo massimo organismo dirigente, anche dopo la fusione avvenuta nel 1923 tra la Motor e la Columbus, costituiva in tal senso un punto di rifg rimento ed una garanzia di valore fondamentale. Basti pensare che negli anni Venti, mentre la CATE, la grande rivale della CIAE, usciva in un certo senso di scena (l'AEG era infatti stata costretta dalle avverse condizioni economiche in cui versava a rivendere le sue azioni ad un sindacato bancario spagnolo e belga che ribattezzo la società Compañia hispano-americana de electricidad e nel 1936 l'impresa venne addirittura assorbita dalla Compañia argentina de electricidad), la società fondata e presieduta dal C. si avviò a divenire la maggiore azienda elettrica dei paese, con concessioni, oltre che a Buenos Aires, ad Avellaneda, Lomos de Zamora e Quileres e con una rete distributiva che superava i 3700 chilometri. Nel periodo tra le due guerre la Motor Columbus operò una profonda ristrutturazione degli interventi nei paesi sudamericani, costituendo tra il 1926 e il 1928 due sub-holding regionali, la Schweizerisch-Amerikanische Elektrizitätsgeselischaft e la Südamerikanische Elektrizitätsgesellschaft. Le due nuove società finanziarie, nelle quali il C. rivestì un ruolo di primissimo piano (anche considerato che era l'unico rappresentante del gruppo a risiedere stabilmente in Sudamerica), allargarono l'area geografica degli investimenti dall'Argentina al Perù, al Brasile e alla Bolivia.
Dall'inizio degli anni Venti, tuttavia, gli impegni del C. non erano più solo rivolti al settore elettrico (e va ricordato che nel frattempo egli era stato'nominato presidente della Empresas electricas asociadas e della Energia hidro-electrica Andra). A partire da quegli anni, anzi, il suo nome va abbinato a quello di un'altra impresa italiana, la Compagnia italiana dei cavi telegrafici sottomarini, meglio nota come Italcable.
Il C. aveva cominciato a studiare il problema della trasmissione telegrafica via cavo tra l'Europa ed il Sudamerica nel 1918; e non è fuori luogo ritenere che gli stretti legami d'affari con la Pirelli, uno dei principali produttori mondiali di cavi elettrici e al tempo stesso un'azienda che vantava ottime entrature nell'amministrazione statale e nel governo, abbiano giocato un ruolo importante in tutta la vicenda fin dal suo inizio. Basti pensare che il C., giunto in Italia verso la metà del 1921 per esporre al governo il programma per l'installazione di un cavo telegrafico che doveva congiungere l'Italia con gli Stati Uniti e con il Sudamerica, fu in grado di costituire dopo poche settimane la società incaricata di svolgere tale servizio, l'Italcable, mentre nel giro di un mese, alla fine di settembre di quello stesso anno, firmò la prima convenzione con lo stato italiano per la realizzazione esecutiva dei progetti.
Allacciati subito i contatti con gli stati interessati all'iniziativa (il cavo telegrafico, prima di raggiungere l'Argentina, doveva toccare la Spagna, il Portogallo, il Brasile e l'Uruguay), il C. interessò al suo programma anche gli ambienti economici italiani in Argentina, dando avvio ad una raccolta di capitali attraverso la Camera di commercio italiana di Buenos Aires e coinvolgendo pure parecchie personalità della capitale argentina. Nonostante la società fosse italiana, e come tale vincolata alle leggi italiane, il C. (che nel 1922 era stato nominato cavaliere del lavoro) riuscì ad ottenere dal governo una deroga alla norma sulla nominatività dei titoli e l'esenzione, per i capitali apportati dalla comunità italiana in Argentina, della tassa sugli utili. Nel 1923, mentre il capitale sociale dell'Italcable veniva portato a 200.000.000 di lire (90 dei quali erano stati sottoscritti in Argentina), egli firmò una seconda convenzione con il governo italiano in base alla quale venivano definiti più precisamente tempi e modi per l'avvio delle trasmissioni telegrafiche.
Nonostante l'abilità del C., inevitabilmente qualche intoppo ci fu. In Italia l'Italcable dovette affrontare la concorrenza di un'altra impresa, la Italo-Radio, una società presieduta da Guglielmo Marconi ed appoggiata dalla Banca commerciale e dal Banco di Roma, ma, secondo il C. in realtà controllata dai francesi di Radio-France. Le due imprese furono costrette a trovare un modus vivendi, obbedendo ad un ordine perentorio-del governo (che comportò, tra l'altro, una partecipazione dell'Italcable al capitale sociale della Italo-Radio). Sul piano internazionale i nemici erano ancora più agguerriti. Tedeschi, francesi ed inglesi, nel timore infatti che la nuova società sottraesse loro le comunicazioni con il Vicino Oriente e con l'Africa settentrionale grazie alla favorevole posizione geografica dell'Italia, fecero di tutto per rendere difficili i contatti con gli stati europei che si affacciavano sul Mediterraneo. Fuori d'Europa, inoltre, la potentissima Western Union Telegraph riuscì addirittura a far riformulare la convenzione tra l'Italcable ed il govemo brasiliano, perché i termini dell'accordo già sottoscritto apparivano troppo favorevoli all'azienda italiana. Ad ogni modo, superato pur se a caro prezzo lo scoglio brasiliano, l'Italcable poté raggiungere con la Western Union una solida intesa che favorì indubbiamente i rapidi successivi sviluppi della compagnia.
Inaugurato il cavo telegrafico Anzio-New York il 12 ott. 1925 e quello con il Sudamerica qualche settimana più tardi (con diversi mesi di anticipo sulla scadenza prevista dalla convenzione del 1923), la società conobbe infatti una notevole espansione con l'apertura negli anni seguenti di sportelli per l'accettazione di telegrammi in diverse città europee. Nel 1924 l'Italia era al settimo posto al mondo con 8930 chilometri nell'estensione delle reti cablografiche sottomarine, mentre nel 1927 era salita al quarto posto con poco meno di 27.000 chilometri. Il contributo maggiore spettava all'impresa diretta dal Carosio. L'Italcable possedeva in quell'anno una rete di 19.000 chilometri che collegavano le 165 agenzie della società; in Italia i suoi cavi telegrafici si estendevano per circa 3900 chilometri, in Spagna per 4900 e in Brasile per 1200 chilometri.
Da questa posizione di forza il C., che pur doveva molto del suo successo ai buoni rapporti con il potere politico a Roma, era anche in grado di far accettare al regime non solo che i giornali della comunità italiana in Argentina professassero posizioni ritenute "non favorevoli" dal governo italiano (Arch. centr. dello Stato), ma che venisse in qualche modo pure attenuata la censura sulle notizie in partenza dall'Italia verso la repubblica sudamericana (essenzialmente poiché era causa di forti ritardi nell'inoltro dei dispacci). Vi era infatti il serio pericolo che tutte le agenzie di stampa di quel paese si rivolgessero, a Parigi o a New York per ottenere informazioni sull'Italia, a scapito ovviamente degli interessi della compagnia.
Trasferita da Milano a Roma nel 1932 la sede legale e la'direzione centrale della società, i rapporti tra l'Italcable e lo stato italiano migliorarono ulteriormente. Benché il C. venisse in Italia solo saltuariamente, la sua società era ormai considerata in sede governativa come l'azienda leader del settore: ne era prova la convenzione stipulata nel 1935 tra il governo, da una parte, l'Italcable e la Italo-Radio dall'altra, che prevedeva una integrazione a tappe forzate dell'attività delle due società sotto la guida dell'azienda diretta dal Carosio.
Superata con non pochi problemi la parentesi della guerra di Spagna, nel 1938 l'Italcable ottenne un nuovo riconoscimento a livello internazionale con il contratto per il traffico telegrafico tra la Francia e il Brasile. Con l'entrata in guerra dell'Italia e il conseguente passaggio dell'Italcable sotto il diretto controllo del governo (presidente fu nominato Antonio Stefano Benni, e direttore generale Guido Spinelli), il C. fu costretto ad abbandonare la società. Ma si trattò solo di una parentesi. Infatti nel 1944, dopo un breve periodo di commissariamento seguito alla liberazione di Roma, i vecchi amministratori tornarono al loro posto e il C. assunse di nuovo la presidenza della società. Ma in realtà si trattava per lui solo di una carica onorifica. Il rinnovato sviluppo dell'Italcable negli anni Cinquanta (all'allargamento della rete a livello mondiale fece seguito l'avvio, nel 1955, del servizio telex tra l'Italia e i paesi extraeuropei) venne guidato da altre mani.
Il C., ormai piuttosto anziano, tornava in Italia soltanto una volta l'anno per trascorrervi qualche mese di vacanza nella sua villa di Baveno, sulle rive del Lago Maggiore.
Proprio in quella casa egli morì il 24 giugno 1959.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Segreteria particolare del Duce, Carteggio ordinario, b. 509680/1; La Italcable ed i suoi cavi per le Americhe. Nell'inaugurazione del cavo Anzio-Buenos Aires della Compagnia Italiana dei cavi telegrafici sottomarini. XII ott. MCMXXV, Milano s.a., passim; G. Bianchini, La Compagnia italiana dei cavi telegrafici sottomarini, Milano 1928, p. 6; Biografia finanziaria italiana. Guida degli amministratori e dei sindaci delle società italiane per azioni, Roma 1929, p. 143; Il chi è? nella finanza italiana 1955, Milano-Varese 1956, p. 159; Panorama biografico degli Italiani d'oggi, a cura di G. Vaccaro, I, Roma 1956, p. 312; W. Boveri, Ausprachen und Betrachtugen, II, Zürich 1964, pp. 430-440; Italcable 1921-1981, Firenze 1981, passim; S. Jacob-Wendler, Deutsche Elektroindustrie in Latein Amerika. Siemens und AEG (1890-1914), Stuttgart 1983, pp. 93-94; B. Bezza, L'intervento del Capitale italiano nell'industria elettrica argentina (1910-1920), in Energia e sviluppo. L'industria elettrica italiana e la società Edison, a cura di B. Bezza, Torino 1986, ad Indicem.