CARRARA, Giovanni
Nacque a Pola (Istria) il 3 giugno 1806, figlio di Giuseppe, feltrino, nominato nel periodo francese pubblico dispensiere di sali e tabacchi, e da Maria Antonia Lazzarini, vedova Callegher. Perduto il padre nel 1811 il C. fu educato nel ginnasio vescovile di Feltre (1815-22) e poi, per consiglio del canonico F. S. Luzzich, mandato nel Convitto dei nobili di Zagabria, dove peraltro non resistette più di dieci mesi (1822-23). Ritornato in patria, predilesse gli studi letterari, partecipò all'attività di una compagnia di dilettanti drammatici che si esibiva nella sala del palazzo comunale, compose pure e diede alle stampe alcuni non spregevoli sonetti in occasione di pubbliche festività.
Si era in quegli anni ridestato l'interesse per i monumenti romani di Pola, con gli scavi fatti eseguire dal governo austriaco nel 1816 (diretti dall'arch. P. Nobile) e nel 1820-21(diretti da F. Bruyn) e con la pubblicazione Dello Anfiteatro di Pola (Venezia 1822) di P. Stancovich. Nel 1828, il C., preoccupato per la dispersione e la distruzione degli antichi resti epigrafici e murari, ottenne la nomina a conservatore delle antichità e condusse ricerche nelle zone di Fasana e di Gallesano.
L'anno seguente entrò come praticante nell'Ufficio demaniale, dove erano raccolti gli atti riguardanti i beni ecclesiastici espropriati per decreto del viceré Eugenio, sui quali approfondì i suoi studi. Con fondi messigli a disposizione dal governo, poté condurre scavi sull'acropoli (1829), nell'Arena (1831), attorno alla porta Gemina e all'acquedotto romano, raccogliendo i reperti di maggior interesse nell'interno del tempio di Augusto. Le prime relazioni dei lavori venivano da lui dirette al commissario politico distrettuale.
Pur scoraggiato dall'incomprensione che lo circondava (l'amministrazione comunale fece demolire nel 1830 il cenobio bizantino di S. Caterina), egli apportò nel 1833, dopo la visita a Pola dell'imperatore Francesco I, restauri all'arco dei Sergi e al tempio d'Augusto. Al C. era stato offerto un altro incarico nel demanio a Gorizia, ma egli vi rinunciò per attendere alle sue indagini, per quanto angustiato da frequenti assalti di malaria.
Visitò i castellieri del territorio di Valle, di Rovigno, di Promontore; sollecitò dal naturalista B. Biasoletto un'analisi dell'acqua potabile della fontana maggiore di Pola. Solo dopo un'altra visita imperiale, quella di Ferdinando I (1844), nuovi scavi vennero affidati alla direzione del C.: fu scoperto il selciato romano del Foro, i ruderi d'un edificio antichissimo fra il tempio di Augusto e il palazzo comunale, resti di palafitte sotto il selciato romano a port'Aurea.
Il C., costretto a duri orari di lavoro per conciliare i doveri d'ufficio con gli scavi archeologici, incominciava ad essere conosciuto e apprezzato: a Trieste appoggiava le sue proposte il governatore Stadion; lo scrittore G. Ameth lo lodava nel suo libro di viaggi e lo spronava alla tutela degli edifici medievali (ed infatti il C. chiedeva venissero restaurati dall'erario il chiostro di S. Teodoro e la chiesa di S. Francesco adibiti a caserme); nel settembre 1847 lo storico C. Cantù, visitando Pola con gli scienziati italiani del IX congresso, elogiò la preziosa guida che il C. offerse ai visitatori. Nella stessa occasione lo conobbe l'archeologo F. Carrara che non esitava a definirlo "gemma della preziosità istriana". Ma specialmente con lo storico triestino P. Kandier il C. era in strette relazioni di studio e a lui riferiva con entusiasmo le sue scoperte, chiedeva consiglio, inviava (ma solo raramente) qualche scritto per il periodico L'Istria.
Egli lavorò attorno a tutti gli edifici romani di Pola, eseguì rilievi del Ninfeo, del teatro dello Zaro e delle porte, ed anche del battistero di S. Maria del Canneto e di S. Stefano; fra il '47 e il '48 scoprì numerose epigrafi e i basamenti delle statue imperiali di Tiberio, di Marco Aurelio e di Caracalla che fece trasportare nel tempio d'Augusto.
Ci rimangono a testimonianza del suo lavoro le minute delle relazioni alle autorità dello Stato, conservate al Museo di Pola, e le lettere al Kandler nell'Archivio diplomatico del Comune di Trieste. Ci resta pure un suo singolare progetto per valorizzare i resti romani raccolti, dando vita ad un giardino archeologico, mentre la città cresceva attorno alle opere militari che l'Austria vi prese a costruire dopo il '46, cosicché pochi, oltre al Kandler e al poeta J. A. Contento con cui si confidava, erano in grado di apprezzare gli sforzi del mite e cordiale Carrara.
Morì a Pola il 13 ag. 1850.
Per iniziativa del Kandler, nel 1857 gli fu dedicato un busto marmoreo, opera di A. Cameroni, e venne intitolato al suo nome il viale lungo il lato settentrionale delle mura romane di Pola. Gli eredi donarono le sue carte al Museo, donde alcune ne trasse R. Weisshaüptl, curatore delle antichità, per pubblicarle nelle Mittheilungen der k.k. Central Commission, s. 2, XX (1894), pp. 205 s.; la sua ricca raccolta numismatica andò invece dispersa.
Fonti e Bibl.: P. Kandler, G.C., in L'Istria, V (1850), p. 229; J. A. Contento, Di G.C., in Il Popolanodell'Istria, I (1850), pp. 17 ss.; G.C., in La Provincia dell'Istria, IX (1875), pp.1592, 1602; M. Tamaro, Città e castella dell'Istria, Parenzo 1892, I, pp. 275 ss.; P.Sticotti, G.C.a Pietro Kandler, in Archeografo triestino, VII (1914), pp.383 ss.;Trieste, Arch. della Soc. istriana di archeol. e st. patria, B.Schiavuzzi, G. C. ed i suoi tempi (ms.d'una conferenza tenuta nel 1921); P.Sticotti, G. C., in Pagine istriane, s. 3, I (1950), 4, pp. 203 s.; S. Cella, G.C.e il giardino archeol., in L'Arena di Pola, 6 dic. 1950; B. Forlati Tamaro, Pola, Padova 1971, p. 100.