CASATI, Giovanni
Nacque a Milano il 3 giugno 1809 da Carlo e da Antonia Barbini.
Il padre, che era gioielliere e dilettante di ballo, lo avviò alla carriera di danzatore con l'incoraggiamento e con la approvazione dell'allora primo ballerino del teatro alla Scala J. Coralli. Nel 1820 egli studiava alla Imperial-regia Accademia di ballo scaligera sotto la guida di C. Villeneuve, allievo di Noverre, e di A. Saint-Léon. Nello stesso tempo gli venne impartita dalla madre una completa educazione musicale per cui il giovane acquistò una buona padronanza della tecnica soprattutto degli archi ed esaurienti nozioni di teoria musicale e di canto che gli permisero di comporre molte delle musiche per i suoi balli. La sua carriera di ballerino si svolse, prevalentemente a Milano, tra il 1821 e il 1833: debuttò alla Canobbiana per recarsi in seguito a Parigi, dove si perfezionò con A. Vestris; esordì all'Opéra e riportò un tale successo che gli si voleva rinnovare il contratto, ma egli preferì accettare un impegno con la Scala. Lavorò come primo ballerino assoluto anche in numerose città italiane come Firenze, Venezia, Torino, Genova Bologna, Senigaglia, Lucca, Faenza, Mantova, Napoli e all'estero fu ingaggiato a Vienna e a Lisbona. La sua prima coreografia, un ballabile tutto figurato per La Dama bianca su musica di C. Pugni, fu presentata alla Scala. Al 1832 risale invece la composizione di due balli per il teatro alla Pergola di Firenze, Adone nell'isola di Ciprigna e l'Ingaggio per inganno. Fu però a Lisbona nel 1840 che il C. decise di dedicarsi esclusivamente alla coreografia; a questo periodo risalgono O Alfinete "divertissement" in un atto, e i balli mitologici Flora e Zephiro, Orpheo e Psyche rappresentati tutti al teatro S. Carlos. Ritornato in Italia, lo ritroviamo alla fine del 1841 a Mantova dove, abbandonato il genere mitologico, egli affronta il maggiore impegno di una azione storica in cinque atti: Caterina di Cléves che ebbe repliche al teatro Sociale anche durante il carnevale dell'anno successivo. Nel 1843 iniziò a Milano la sua fervida attività scaligera presentando in primavera IlProfeta velato del Korasan, azione mimica in sei parti, di cui compose in parte anche le musiche, e Don Giovanni di Marana, ballo fantastico in cinque parti. Il 1846 è senz'altro "l'anno contrassegnato dalla maggiore creatività del C., che realizzò per la Scala di Milano ben sei balli, con musica di P. Bellini: Il diavolo a quattro (ripreso dall'originale di J. Mazilier andato in scena il 29 gennaio); Iselda di Normandia (13 aprile); Manon Lescaut (6 giugno); Sardanapalo (1° settembre); Abd el Kader ovvero La vivandiera francese (3 novembre); La duchessa di Mazarino (26 dicembre). Tra questi balli, il più famoso fu senza dubbio Manon che rimase in repertorio per quasi trent'anni e che, "per la venustà delle immagini, l'elegante disegno dei gruppi e la bellezza delle figurazioni, viene considerato il suo miglior lavoro" (Monaldi). Anche il Sardanapalo, dove tra le protagoniste si distinse Margherita Wuthier, che era moglie del C. e allieva emerita dell'I. R. Scuola di ballo allora sotto la direzione di C. de Blasis, riscosse un grande successo per "la grandiosità della composizione, l'esuberanza della fantasia, il fasto e la ricchezza dell'allestimento ed il vivace disegno delle danze" (Monaldi). Quanto al ballo fantastico Iselda di Normandia (una versione della favola della Bella addormentata), nonostante le calorose accoglienze che ebbe a Milano, non rimase a lungo in repertorio. L'unica ripresa fu forse nel 1857 a Vienna col titolo Die Fee Azurina. Secondo il Monaldi, questo ballo fu aspramente criticato dal Regli, che accusava il C. di assoluta mancanza di unità compositiva e di un facile indulgere ad una spettacolarità del tutto esteriore. Nel 1847 il C. era a Londra al Covent Garden dove, oltre a riprendere la Manon, creò nuovi balli: L'Amour et la danse, La Rosiera che rimarrà a lungo anche nel repertorio italiano e La Najade, rappresentati tutti nell'estate di quell'anno. La produzione londinese riscosse, secondo il Regli (1848) costante fortuna: con quest'ulteriore riconoscimento della importanza della sua posizione nel campo della coreografia internazionale, il C. ritornò in Italia ed il 26 dic. 1849 mise in scena alla Scala il grande ballo storico in sette atti Giovanni di Leida ossia Il Falso profeta sumusica dello stesso C. e di G. B. Croff, e, durante il carnevale dell'anno successivo, il ballo fantastico Nadilla ossia L'arpa portentosa su musica di G. Panizza e P. Bellini. Nella primavera dello stesso anno egli si recò a Genova dove, oltre alle riprese del Diavolo a quattro e della Rosiera (che fu replicata anche al teatro Argentina di Roma), creò il ballo fantastico di mezzo carattere Lo Spirito danzante intre atti. Nella primavera del 1851 il C. si cimentò nel genere comico e presentò alla Canobbiana I misteri della scena (musica di G. Panizza); successivamente il ballo fantastico Tutto d'oro (musica di G. Panizza; Scala, 26 dicembre). Durante il carnevale dell'anno seguente, il C. presentò alla Scala ancora una nuova produzione: l'azione mimica Il Saltimbanco (musica di Panizza) ed una ripresa della Manon, mentre Il diavolo a quattro veniva riproposto, durante la quaresima, al teatro Regio di Parma. Nel 1853, alla Fenice di Venezia vi fu una ripresa, curata da A. Monticini, dell'azione mimica del C. Madamigella d'Alençon di cui si ignora la data della prima rappresentazione e, nella primavera successiva, a Milano, una ripresa della Rosiera alla Canobbiana, che venne rimessa in scena assieme alla Manon anchea Trieste (teatro Comunale) durante il carnevale 1854. Alla fine dello stesso anno il C. presentò alla Scala di Milano Le figlie della guerra, azione mimo-danzante in sei quadri su musica di G. Panizza. Il 27 genn. 1855 fu rappresentato alla Scala di Milano Shakespeare ovvero Il Sogno d'una notte di estate su musica di P. Giorza, "singolare ballo - afferma il Rossi - che il C. allestì a dimostrazione della varietà dei suoi interessi teatrali". Questo ballo ebbe in tutta Italia una lunga serie di repliche e numerose furono anche, negli anni successivi, le riprese dei più importanti balli del C. creati durante il decennio 1840-50, periodo in cui il coreografo diede alla luce la maggiore ed anche la miglior parte delle sue opere. A queste si aggiungono alcune nuove produzioni di non grande risonanza: La tarantolata e Satanella innamorata create per il teatro Carlo Felice di Genova nell'autunno del 1855; La Schiava rappresentata alla Scala di Milano il 26 dic. 1856; Il Beone (Genova, teatro Carlo Felice, primavera 1857); Ola Alvez e La Rivincita (teatro Carlo Felice, primavera 1859), Virandola e La Silfide (Torino, teatro Regio, carnevale e quaresima 1861); La Grisette del 1700 (Bologna, teatro Comunale, autunno 1861); Madamigella d'Heilly, Milano, teatro alla Scala, autunno 1865) ed infine L'Ambito fiore, allegoria coreografica, per le nozze di Umberto e Margherita di Savoia (Firenze, teatro della Pergola, 1868). La produzione coreografica del C. si interrompe appunto nel 1868, anno in cui egli ebbe l'incarico di sostituire A. Huss come direttore della Accademia di ballo alla Scala, nella cui storia si registrò così per la prima volta che un elemento proveniente dalle sue stesse file ne assumesse la carica più elevata, che ricoprì fino al 1883.
La carriera del C. fu sempre contrassegnata da un favore costante che premiava il suo buon gusto e la sua preparazione; la sua produzione coreografica, che si svolse su una tastiera tematica assai vasta, fu sempre improntata ad una "conoscenza profonda dell'arte e delle leggi sicure dell'effetto" (Monaldi). Il Monaldi lo definisce un imitatore della scuola francese "allora spietatamente imperante", mentre il Rossi lo colloca, forse a maggior ragione, nel solco della scuola milanese che va da S. Viganò a L. Manzotti. L'influenza francese è chiaramente determinante nella formazione del C.; tuttavia bisogna riconoscere che il C. ereditò direttamente dal Viganò la concezione drammatica dell'opera coreografica insieme alla tendenza alla azione complessa e talvolta macchinosa, lontana dalla voluta semplicità della scuola francese. In realtà il C. seppe far rifluire la brillante tecnica francese e l'amore per la danza pura nella struttura del "coreodramma" viganoviano e se da un lato rivalutò la tendenza italiana alla completezza ed autonomia dello spettacolo di danza, dall'altro aprì la strada a forme più moderne, anche se forse più edonistiche, d'arte coreografica.
Morì a Milano il 20 luglio 1895.
Ballerino e coreografo, allievo della scuola di ballo scaligera fu anche il fratello Tommaso, il quale compare per la prima volta come coreografo nel 1839 al teatro Sociale di Bergamo per svolgere poi soprattutto a Milano (Scala e Canobbiana) una intensa attività coreografica durata circa venti anni.
Fonti e Bibl.: F. Regli, Strenna teatrale europea, Milano 1844, pp. 172 s.; ibid. 1847, pp. 234 ss., 242-45, 256; ibid. 1848, p. 308; Id., Diz. biogr. dei più celebri artisti melodrammatici, tragici e comici..., Torino 1860, pp. 115 s.; G. Monaldi, Le regine della danza nel sec. XIX, Torino 1910, pp. 179-83; J. Bazil, Dictionnaire de la danse, Paris 1964, p. 79; C. Gatti, Il Teatro alla Scala nella storia e nell'arte (1778-1963), Cronologia, II, Milano 1964, pp. 179 ss., 190, 192-207; L. Rossi, Il ballo alla Scala, Milano 1972, pp. 76 s.; Encicl. d., Spettacolo, III, coll. 163 s.