CEFALI, Giovanni
Nacque a Ferrara nel 1511 (o nel 1512, se si sposta la data di morte), e vi seguì gli studi giuridici, conseguendo la laurea nel 1537.
La sua formazione, avvenuta in un periodo di notevole prestigio dell'università estense, fu soprattutto tecnica e non restò immune da un sospetto di angustia. Scriveva infatti, con trasparente intenzione critica, pur nei toni apologetici di un'orazione funebre, il retore Antonio Riccoboni: "nec artem quidem Grammaticam in aliis scriptoribus, sed tantum in veteribus Iurisconsultis voluit discere...; in uno rerum genere se exercens..., uni arti studens, maluit in legitima excellere disciplina" (c. A3r).
Con tutta probabilità, il C. iniziò ad insegnare a Ferrara fin dal 1538-39, e comunque sicuramente a partire dal 1540-41, ricoprendo una cattedra di istituzioni con il modesto stipendio di 20 lire di marchesini, via via aumentato negli anni successivi. Non si hanno notizie per il 1546-47, ma già nell'anno accademico susseguente insegnava da una cattedra di diritto civile, molto più prestigiosa e dotata di un consistente, appannaggio. La posizione conseguita gli consentì di avviare una fittissima attività di consulente, destinata a porlo rapidamente tra i pratici più richiesti del tempo.
Nel 1550 passò a Pavia, ricoprendo una cattedra straordinaria di diritto civile, e vi rimase fino al 1555. Fece quindi ritorno a Ferrara, per svolgervi la lettura ordinaria de sero di diritto civile, ricevendo il compenso di 350 ducati d'oro, pari a oltre il doppio di quanto era corrisposto ai maggiori giuristi dell'università, il Pasetti ed il Riminaldi. Nel 1557, tuttavia, riprendeva l'insegnamento civilistico a Pavia, mentre nel 1558-59, evidentemente ancora conteso a suon di ducati, risultava di nuovo "dottore leggente" a Ferrara. Nel successivo anno accademico, infatti, l'amministrazione estense gli versava duecento ducati d'oro, pari alla metà dello stipendio convenuto, per i corsi tenuti sino all'aprile del 1560.
Lo stesso anno si trasferiva alla cattedra ordinaria di diritto civile a Pavia, dove rimase presumibilmente fino al 1565, quando accettò un incarico a Padova, nonostante che lo stesso governatore di Milano, de Cueva, del quale aveva patrocinato vittoriosamente una importante contesa giudiziaria, gli prospettasse la possibilità di entrare a far parte del Senato Milanese. Benché richiesto dalle università di Bologna e di Pisa (i Pisani gli offrirono nel 1578 addirittura 1.300 ducati: ma il suo stipendio a Padova ascendeva già a 1.000 fiorini d'oro), non abbandonò la città veneta, insegnandovi ininterrottamente per quattordici anni.
I suoi corsi, affollati e affiancati da conversazioni private e da frequentissime consulenze, non dovevano però segnalarsi per novità d'indirizzi, se si vuol dare un senso ai ricordi scialbi e generici di Giulio Pace e di Hermann Vultejus. Gli orientamenti umanistici, vistosamente presenti nelle università attraversate, e le discussioni logiche e fisiche, proprie dei circoli padovani, non lo influenzarono sensibilmente, sicché non meraviglia che i Doctissimi acutissimique Cmnmentarii in Rub. ac L. Centurio ff. de vulg. substitutione, risalenti al 1579 e pubblicati postumi dal figlio Giovanni Battista (Venetiis 1583), rispecchiassero in pratica un insegnamento ancora esemplato sui grandi modelli dei commentatori, e in particolare del Ripa.
Il C. morì a Padova, all'età di sessantanove anni, alla fine del 1580 o nel 1581.
La data di morte, tramandata da diverse fonti, rimane comunque incerta, Mentre A. Buzzacarini registrò minuziosamente: "obiit die 26. Ianuarii 1580", l'orazione funebre del Riccoboni è datata "V. Ral. Ianu. 1580". Tuttavia, nel caso che la datazione nei due autori fosse fatta more veneto (per il Riccoboni lo si può dedurre da altre incongruenze tipografiche), la discordanza sarebbe minima e rinvierebbe al periodo novembre 1580-gennaio 1581. Difatti il Tomasini, ed altri dopo di lui, indicano il 9 nov. 1580, mentre il Facciolati propone il 1581. Certo è che nell'ediz. postuma dei Commentarii il figlio precisava come la morte avesse impedito all'autore di farne una revisione (Epist. dedic.). A conclusione dell'opera (f. 87v) si legge infatti: "Supervenerunt vacationes finita lectione die lune. 27. Iunii 1579. Ideo longius non sum progressus", ed è probabile che la morte sia avvenuta non molto tempo dopo questo periodo.
Ricordato da Alberico Gentili tra i giuristi italiani del sec. XVI di solida fama e dottrina, ma apprezzato soprattutto come consulente, il C. pubblicò via via, a partire dal 1569, quattro libri di Consilia sive responsa, ai quali il figlio, curandone la ristampa a Venezia nel 1582, ne aggiunge un quinto, in cui inserì anche alcuni consigli propri. Un Consilium ad rem monetariam pertinens (il trentunesimo del I libro) fu riprodotto nell'appendice al De monetis et re nummaria di R. Budelius (Coloniae Agrippinae 1591, pp. 730-34): testimonia la "considerazione in cui era tenuto dai pratici il suo modo ampio e informato, anche se culturalmente opaco, di affrontare questioni impellenti, in un periodo di fluttuazioni dei cambi" (Grossi), come quello dei pagamenti dovuti in base a contratti stipulati al momento di un diverso rapporto tra le monete. Nei consigli, comunque, vanno cercati i risultati migliori del suo operare. Infatti, mentre l'incerta conoscenza della letteratura consiliare, ancora diffusa nella storiografia giuridica, consentiva al Calasso di scorgervi solo "ingloriose ruminazioni", prima il Bussi, e poi il Grossi, hanno potuto spigolarvi, al contrario, spunti non privi di dignità e d'interesse.
Fonti e Bibl.: Per ricordi e testimonianze di contemporanei, vedi A. Riccoboni, Oratio in obitu Ioan. Cephali, Venetiis 1580; Id., De Gymnasio Patavino...,Patavii 1598, c. 38v; G. Pace, Ad novam imperatoris Friderici constitutionem...,Spirae 1587, p. 10; H. Vultejus, Vita ab ipso descripta, in J. G. Estor, Auserlesene kleine Schriften, II, Giessen 1746, p. 211; A. Gentili, De iuris interpretibus dialogi sex, a cura di G. Astuti, Torino 1937, p. 11. Forniscono brevi profili e notizie sullo studio e l'insegnamento nelle varie università: I. F. Tomasini, Gymnasium Patavinum, Utini 1654, p. 423; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, Ferrariae 1735, II, pp. 151-52; I. Facciolati, Festi Gymnasii Patavini, Patavii 1757, III, p. 135; L. Ughi, Diz. stor. degli uomini illustri ferraresi, Ferrara 1804, p. 127; Memorie e docc. per la storia dell'Università di Pavia, I,Pavia 1878, p. 78; G. Pardi, Titoli dottorali conferiti dallo Studio di Ferrara..., Lucca 1901, p. 126; Id., Lo Studio di Ferrara..., Ferrara 1903, p. 116; G. Muratori-C. Menini, Contributo allo studio della storia dell'anat. e della medicina nell'Ateneo ferrarese nel 1500, in Annali dell'Univ. di Ferrara, V (1946), pp. 59, 64; A. Franceschini, Nuovi docc. relativi ai docenti dello Studio di Ferrara, Ferrara 1970, ad Indicem. Una testimonianza sulla data di morte è in E. Martellozzo Forin, A. Buzzacarini e il cod. D 62 della Bibl. capitolare di Padova, in Quaderni per la storia dell'Univ. di Padova, I (1968), p. 132. Cenni e valutazioni, in genere rapidissime, si leggono in: B. Brugi, La scuola padovana di diritto romano nel sec. XVI, Padova 1888, pp. 52, 75-76; Id., L'università dei giuristi in Padova nel Cinquecento, in Arch. veneto-tridentino, I(1922), pp. 47, 68, 89, 92; E. Bussi, Intorno al concetto di diritto comune, Milano 1935, p. 44 (v. la recensione a quest'opera di F. Calasso, in Riv. di storia del diritto ital., IX[1936], p. 331); P. Grossi, Ricerche sulle obbligaz. pecuniarie nel diritto comune, Milano 1960, pp. 381, 474.