CERRONI, Giovanni
Appartenente a una famiglia popolare ben nota nella Roma del Trecento, le prime notizie che abbiamo di lui coincidono con il suo ingresso, in posizione di primo piano, nella vita politica della città. Dopo la rinuncia di Giordano Orsini al senatorato, alla fine dell'ottobre 1351, e dopo la cacciata dal Campidoglio, per opera di Iacopo Savelli, del vicario pontificio Ponzio Perotto che vi si era istallato nel tentativo di mantenere l'ordine pubblico in città fino all'arrivo di disposizioni in merito da Avignone, l'iniziativa di eleggere un capo venne presa dalla Confraternita degli Accomandati di Madonna S. Maria, che aveva la propria sede nella basilica liberiana. Ivi, il 26 dicembre del 1351, molti popolari, radunatisi in assemblea, acclamarono rettore di Roma il C. - "uomo pieno d'età e famoso di buona vita", commenta il Villani - e lo scortarono in Campidoglio, senza che alcuno, neppure il Savelli, osasse contrastarli. Lo stesso giorno il vicario pontificio riconobbe la validità dell'elezione e fece prestare al C. il consueto giuramento: solo il 23 genn. 1352, però, giunse da parte di Clemente VI l'ordine di crearlo senatore. Più tardi, l'8 maggio, in una lettera al C. il pontefice, dicendosi al corrente delle circostanze che avevano preceduto e accompagnato la nomina compiuta dal vicario, "quamvis ipse nullam a nobis potestatem haberet", riconosceva al C. l'ufficio di senatore di Roma per sei mesi; l'incarico doveva considerarsi iniziato dal giorno della ricezione della lettera da lui stesso inviata precedentemente in proposito - deve intendersi quella del 23 gennaio -;il papa inoltre, dandogli atto della lodevole condotta, prorogava al C. la scadenza della carica "ad festum Nativitatis dominice proxime future et ex tunc usque ad subsequens idem festum", e cioè fino al Natale del 1353. Poco dopo, un'altra lettera pontificia, del 22 maggio, confermò al C. per lo stesso periodo anche la carica di capitano dell'Urbe.
Non appena assunto l'ufficio, il C. si dovette subito occupare dell'ostilità che contrapponeva allora al prefetto Giovanni di Vico il rettore del Patrimonio e che era sfociata in conflitto armato: il nuovo capitano dell'Urbe dapprima fornì aiuti militari al rettore del Patrimonio, e poi, nel marzo 1352, collaborò attivamente ai tentativi - risultati inefficaci - di indurre le parti ad una tregua. Alla continua minaccia del di Vico si aggiunsero ben presto quelle rappresentate dall'avanzata delle soldatesche di Giovanni Visconti - che nell'aprile occuparono Orvieto - e dalle lotte con Viterbo. Il nuovo rettore del Patrimonio Giordano Orsini - raccomandato alla benevolenza del C. da Clemente VI con una lettera del 16 luglio - non riuscì a portare a termine con successo, nonostante l'aiuto prestatogli dai Romani, la spedizione contro Viterbo. La situazione si fece pesante: il governo del C., sebbene validamente sorretto dal pontefice anche dal punto di vista finanziario - il papa gli inviò 14.000 fiorini prima e 6.000 poi -, non sembrava più riscuotere un unanime consenso neppure tra il popolo. Ai primi di agosto Giordano Orsini rese noto a Clemente VI il malcontento dei Romani e il loro desiderio che procedesse alla nomina di un nuovo senatore. Il 13 settembre però il pontefice scrisse sia al C., sia al suo legato Ponzio: al primo, perché non abbandonasse anzitempo la sua carica "non obstantibus machinationibus et dolis quibus ut assoletur quidam Urbis statum everti moliuntur"; al secondo, perché favorisse il C. "contra Iohannem de Vico qui conatur Urbem perturbare, ita ut dictus senator non dimittat officium suum", e perché, in caso d'insuccesso, eleggesse tredici probi viri, uno per ciascun rione, incaricati di provvedere all'elezione di uno o più senatori.
L'intervento del pontefice non dissuase il C. dal rendere nota la sua decisione di dimettersi: dell'incertezza del momento approfittò l'ex senatore Rainaldo Orsini per cacciare da Roma, con il seguito dei popolari, Luca Savelli, il rappresentante della nobiltà più avverso al Cerroni. Tuttavia poco dopo il Savelli riuscì a rimettere piede nella città e l'appello del C. al popolo per fronteggiare il ribelle cadde nel vuoto. Ai primi di settembre il C. abbandonò Roma con gran parte del denaro inviatogli da Avignone; si rifugiò in Abruzzo, dove comprò un castello e vi stabilì la sua dimora, "avendo abbandonata la snervata Repubblica, meritandolo per la sua incostanzia", commentava il Villani, notoriamente severo nei confronti dei Romani. Non si hanno ulteriori notizie del Cerroni.
Fonti e Bibl.: Matthaei Villanii eiusque filii Philippi Historia ab anno MCCCXLVIII ad annum MCCCLXIV, in L. A. Muratori, Rer. Italicarum Script., XIV, Mediolani 1729, coll. 136 s., 181; Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, a cura di A. Theiner, II, Romae 1862, nn. CCXXIII-CCXXV, pp. 237-239; n. CCCXXXVIII, p. 377; Statuti dei mercanti di Roma, a cura di G. Gatti, Roma 1885, p. 83; Brief-wechsel des Cola di Rienzo, a cura di K.Burdach-P. Piur, V, Berlin 1929, p. 47; Clément VI, Lettres closes,patentes et curiales interessant les pays autres que la France ..., a cura di E. Déprez-G. Mollat, Paris 1960, nn. 2571, 2626, 2636, 2640, 2644, 2672, 2686, 2687; A Vitale, Storia diplomatica de' senatori di Roma..., Roma 1791, pp. 275 s.; F. Gabotto, G. C., in La Nuova Rivista (Torino), III (1883), 114, pp. 174-176; E. Rodocanachi, Le Capitole romain antique et moderne, Paris 1904, p. 19 n. 6; A. Salimei, Senatori e statuti di Roma nel Medio Evo ..., Roma 1935, p. 119;A. Natale, La felice società dei balestrieri e dei pavesati a Roma e il governo dei banderesi dal 1358 al 1408, in Arch. d. R. Soc. romana di storia patria, LXII (1939), pp. 6, 40; E. Dupré Theseider, Roma dal Comune di popolo alla signoria pontificia, Bologna 1952, pp. 624-629.