CIAI, Giovanni
Nacque, forse a Firenze, da Bartolomeo di Angiolo; l'anno della sua nascita, anche se non è noto, si può ascrivere con sufficiente sicurezza ai primi decenni del sec. XV.
La famiglia del C. appartenne alla cerchia di quella media borghesia fiorentina che si riconobbe immediatamente nel programma politico dei Medici, divenendone il sostegno f. l'esecutrice fedele. Il padre riuscì a raggiungere, dopo importanti incarichi nel contado, la carica di priore; due sue lettere a Giuliano di Cosimo (Arch. di Stato di Firenze, Carteggio Mediceo, filza VI, lett. 259 f. 270) documentano la consuetudine che la sua famiglia doveva avere con quella dei signori di Firenze. Il C. fu, a sua volta, nella schiera di quegli uomini di fiducia dei Medici cui erano demandati, a Firenze f. fuori, i più delicati incarichi amministrativi.
La carriera di funzionario del C. si svolse prevalentemente lontano da Firenze. Queste sono le tappe documentate: castellano del Casseretto d'Arezzo nel 1444, podestà di Colle nel '55, di Cascina nel '60, di Mangone nel '68, officiale del Bigallo nel 1462; infine castellano dì Borgo San Sepolcro (1472). Questa è l'ultima notizia che possediamo sul C.; ignota è la data di morte.
Nelle pause dell'ufficio amministrativo il C. coltivò una modesta attività di rimatore in volgare, in virtù della quale egli è oggi unicamente ricordato. Sebbene quanto ci è pervenuto delle rime del C. consista unicamente in due sorietti f. due ternari, questa sparutissima produzione è già sufficiente a evidenziare la piena, f. passiva, aderenza dell'autore al programma culturale dei Medici, e di Lorenzo segnatamente. Se, infatti, nel sonetto "Già erentrato 'l sol nel segno Tauro" il C. sperimenta le sue risorse nella poesia di gusto tardo-stilnovista - gusto così caratterizzante del circolo letterario laurenziano - non meno interno agli interessi dello stesso ambiente, quantunque collegantesi a matrici culturali e stilistiche del tutto diverse, è il ternario "Ginocchion, con man giunte e gli occhi molli", che si inserisce alla perfezione in quel filone di letteratura religiosa e moraleggiante, anch'esso sostenuto e incoraggiato dal programmi culturali e politici dei signori di Firenze. Nonostante le poesie citate appaiano i risultati più apprezzabili del C. rimatore, più notì, perché legati direttamente ad eventi storici, risultano i due componimenti restanti. L'uno è un sonetto encomiastico per la vittoria di Lorenzo nella giostra fiorentina del 1469 ("Le palle e' gigli dentro al campo d'oro"), ed anche una delle tante voci che si levarono a celebrare l'evento (notevole, tra queste, un componimento in terza rima di Luca Pulci); l'altro è un ternario in cento versi che esalta l'irnpresa di Volterra compiuta da Federico II da Montefeltro, designato capitano fiorentino. La contesa tra Firenze e Volterra, che era scoppiata nel 1472 per lo sfruttamento delle cave d'allume del territorio volterrano (sul commercio del minerale, essenziale per la colorazione della lana, i Medici tendevano ad esercitare il monopolio), si concluse con uno spietato sacco della città, che suscitò per i suoi esiti lo sdegno e la commozione generali, risentimento che si espresse finanche in numerose poesie popolari. I, versi del C., decisamente ineleganti, infarciti di citazioni dantesche, rappresentarono in quella occasione, se non l'unica. una delle pochissime voci che osarono celebrare un'impresa condotta, da parte fiorentina, con un accanimento che sarebbe stato più opportuno destinare a un avversario di consistenza maggiore.
Le rime del C. sono edite in Liricitoscani del 1400, a cura di A. Lanza, I, Roma 1971, pp. 385-91.
Bibl.: L. Frati, Ilsacco di Volterra del 1472, in Scelta di curios. lett. ined. o rare, Bologna 1886, pp. 91-102; F. Fiamini, La lirica toscana del Rinasc. anteriore ai tempi del Magnifico, Pisa 1891, pp. 375-77; R. Truffi, Giostre e cantori di giostre, Rocca San Casciano 1911, p. 121.