CIRAOLO, Giovanni
Nacque a Reggio Calabria il 24 maggio 1873 da Antonio e da Giulia Hamnet. Compi gli studi secondari nella città natale e successivamente si trasferì a Roma, ove si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza e si laureò nel 1895.
Durante gli anni universitari il C. indirizzò i suoi interessi soprattutto verso gli studi penalistici, mostrandosi, in particolare, sensibile alle prospettive di ricerca in campo sociologico e psicologico che offriva la scuola positivista. Nel 1892 pubblicò a Roma il saggio Il delinquente negativo, nel quale intese analizzare il carattere del delinquente abituale che rifiuta ostinatamente di confessare la propria colpa e quindi ne esaminò il comportamento prima, durante e dopo il processo. Il saggio - che si meritò le lodi di B. Ferri (Nuove pubblicazioni di antropologia, criminale e di diritto penale, in La Scuola positiva, III[1893], p. 428) - fu seguito da altri due articoli, Femminilità e delinquenza: considerazioni sopra un vecchio tema, pubblicato nel 1894 in Nuova Rassegna, e Ildelitto nelle Calabrie, apparso l'anno successivo nella Rivista di sociologia. La problematica del delitto femminile e quella dell'influenza dell'ambiente sociale sul delinquente che si trova a vivere negli strati più poveri della popolazione dell'Italia meridionale, affrontate nei due saggi, vennero riprese e approfondite dai C. nel volume Delitti femminili a Napoli (Studio di sociologia criminale), edito a Milano nel 1896. Lo studio - di cui era stata pubblicata una breve parte due anni prima in La Scuola positiva - individuavale cause della diffusa delinquenza femminile napoletana soprattutto nell'arretratezza della società cittadina - che ancora risentiva dello sfruttamento delle antiche dominazioni straniere e del malgoverno borbonico - e nella diffusissima miseria. Secondo il C. solo eliminando tali cause il fenomeno della delinquenza poteva regredire. Perciò dedicò gli ultimi cinque capitoli all'esame dei mezzi concreti necessari per introdurre radicali modifiche sociali.
A suo parere dovevano essere create subito a Napoli istituzioni educative che fino ad allora erano mancate e che si sarebbero dovute. interessare specialmente dell'infanzia. Inoltre era necessario procedere ad una riforma degli istituti penitenziari. Ma soprattutto il governo doveva provvedere a profonde riforme economiche e sociali, al fine di lottare con decisione contro la miseria della città. Lo studio del C. fu accolto con favore dalla dottrina italiana, anche se non si mancò di rilevare che egli riponeva eccessiva fiducia nelle possibilità di intervento del governo centrale (al riguardo si veda, ad esempio, la recensione di A. Angiolini, in La Scuolapositiva, VI [1896], pp. 506 ss., il quale mosse al C. anche qualche rilievo circa il metodo - giudicato poco rigoroso - che era stato usato nell'elencare le cause del fenomeno studiato).
Dopo questo lavoro, però, il C. abbandonò i suoi interessi scientifici e sidedicò alla professione forense e soprattutto al giornalismo. A partire dal 1895 entrò a far parte delle redazioni di vari giornali, (La Tribuna, La Patria, La Vita, Il Messaggero)e pubblicò numerosi articoli - per lo più con lo pseudonimo di "Cyrus" - notevoli per la vasta informazione politica e la sensibilità per i problemi sociali. Inoltre nel 1896 entrò a far parte dell'organizzazione italiana della Croce rossa, all'interno della quale ebbe modo di esprimere il suo spirito filantropico e umanitario, dedicandosi in particolare ad opere Ai assistenza. Dagli ultimi anni del secolo, infine, si impegnò nella vita politica italiana militando nelle fila del Partito radicale: nel 1905 entrò a far parte della Direzione centrale del partito.
Il sostegno che quest'ultimo fornì ai governi Giolitti era condiviso dal C., il quale, peraltro, sollecitò in modo particolare l'azione di stimolo dei radicali nei riguardi dell'operato dell'esecutivo, contro le spinte moderate e soprattutto contro le aperture verso i cattolici. L'idea politica del C. appare, infatti, dominata dalla volontà di far progredire il paese sulla via del laicismo e delle riforme sociali. Iscritto alla massoneria romana, egli anche qui si oppose decisamente alle correnti moderate. Quando nel giugno 1908 il gruppo guidato da Saverio Fera si allontanò per fondare una nuova loggia (l'Oriente di via Ulpiana, poi Loggia di piazza dei Gesù), il C. prese netta posizione contro gli scissionisti. Insieme con S. Barzilai, F. Fabbri e G. Marchesano costituì un comitato di lavoro che si proponeva, all'interno della massoneria romana, di rinsaldare i legami tra gli oppositori del Fera e, sul piano politico nazionale, di promuovere un fronte unitario, laico e progressista, da presentare alle elezioni dell'anno successivo contro i moderati.
Eletto deputato nel collegio di Fano nel marzo 1909, il C. restò alla Camera per una sola legislatura. Sebbene sostenesse Giolitti. nel 1909 egli si schierò contro il progetto governativo sulle linee di navigazione marittima che colpiva il monopolio fino ad allora goduto dalla Società di navigazione generale italiana. Nei primi giorni del 1911, poi, il C. aprì una vigorosa campagna in favore del ritorno al governo di Giolitti e sostenne, quindi, nel suo partito, l'opportunità di appoggiare il nuovo ministero il cui programma si caratterizzava per un accentuato riformismo. Nel giugno di quello stesso anno, egli difese alla Camera il progetto governativo sul monopolio statale delle assicurazioni sulla vita. Dopo la conclusione della guerra libica si trovò a polemizzare con il deputato cattolico F. Meda. Quest'ultimo, di fronte alla posizione critica assunta dalla massoneria in merito ai progetti di espansione nella nuova colonia portati avanti dal mondo finanziario italiano, aveva sostenuto in Parlamento l'incompatibilità tra l'appartenenza all'esercito e l'affiliazione alla massoneria. Insieme con altri deputati, il C. rivolse allora un'interrogazione ai ministri della Guerra e della Marina per conoscere se il governo intendeva aderire alla richiesta di limitare la libertà di associazione degli ufficiali dell'esercito.
La questione sollevata dal Meda era un sintomo del nuovo corso che andava assumendo la lotta politica in Italia. Nell'atteggiamento assunto da Giolitti verso i cattolici e nella conclusione del patto Gentiloni i radicali videro un serio pericolo per il processo di laicizzazione dello Stato da loro sostenuto. Preoccupata era, altresì, la massoneria la quale, in vista delle elezioni dell'ottobre 1913, cercò di nuovo di organizzare un fronte laico e formò una commissione politica, chiamando anche il C. a farne parte. Dopo le elezioni i radicali decisero di staccarsi dalla maggioranza governativa. Nel congresso del partito, tenutosi a Roma, nel teatro Costanzi, dal 31 genn. al 4 febbr. 1914, la decisione fu presa dalla maggioranza dietro iniziativa di un gruppo, di cui faceva parte anche il C., che criticava Giolitti non solo per la sua politica economica, ma anche per il progressivo favore verso i cattolici.Scoppiata la prima guerra mondiale, i radicali non riuscirono ad assumere un atteggiamento univoco e deciso sul problema dell'intervento italiano. Molti leaders del partito erano contrari, ma cercarouo di evitare una presa di posizione ufficiale. Nelle lettere inviate al Nitti, il C. criticò la confusione e l'incertezza che dominavano ai vertici del partito; ma anch'egli non aveva idee chiare sull'intervento e dichiarava all'amico di esser lieto per il fatto di non avere la responsabilità della decisione (Vigezzi). Durante il conflitto, poi, il C. copri la carica di vicepresidente della Croce rossa italiana e si impegnò attivamente nell'organizzazione dei servizi di soccorso al fronte. Nel 1919 divenne Presidente della Croce rossa italiana, carica che tenne fino al 1925.
Nel dopoguerra la situazione politica italiana assumeva aspetti ben diversi dai primi anni del secolo. La nascita del partito popolare poneva, tra l'altro, nuovi problemi allo schieramento laico e democratico. Il C. fu tra i primi a comprendere il significato della fondazione del partito: in vari articoli su Il Messaggero avvertì che con il partito popolare il clericalismo abbandonava le antiche forme di lotta per assumerne altre più pericolose per il fronte laico e sollecitò a ricercare nuovi mezzi e nuovi modi organizzativi per combatterlo. Nel medesimo anno l'impresa di Fiume dava nuovo impulso alle correnti nazionaliste. Ma verso l'impresa la massoneria italiana assunse un atteggiamento decisamente favorevole e il C., vicepresidente della Serenissima Gran Loggia di rito simbolico, fece pervenire ai legionari, per il tramite della Croce rossa, abbondanti forniture di carbone e di viveri. Il C. non condivise, invece, la posizione della maggioranza della massoneria ne i riguardi del governo Nitti. Da anni amico pers onale del nuovo presidente del Consiglio, il C. si dichiarò a lui favorevole e, si scontrò con la corrente antinittiana prevalente nella massoneria. Nominato senatore del Regno il 6 ott. 1919, l'anno successivo si dimise da tutte le cariche direttive che aveva all'interno della massoneria, per protestare contro le ostilità che si erano manifestate al suo interno contro i sostenitori del Nitti.
Nell'aprile 1921 il C., quale presidente della Croce rossa italiana. partecipò alla X conferenza internazionale dell'associazione tenutasi a Ginevra. In questa occasione presentò per la prima volta il suo progetto di istituzione di un organismo internazionale di soccorso per le popolazioni colpite da calamità naturali. L'idea era nata in lui molti anni prima: nel dicembre 1908 il C. era accorso nelle città di Messina e di Reggio colpite dal terremoto e aveva potuto constatare direttamente l'inefficienza e la disorganizzazione dei soccorsi.
La conferenza approvò le proposte del C., il quale presentò alla Società delle Nazioni due progetti, uno nel luglio 1922, l'altro nel giugno dell'anno successivo. Dopo lungo esame il progetto venne approvato dalla conferenza diplomatica della Società delle Nazionì il 4 luglio 1927e divenne operante, dopo le necessarie ratifiche e adesioni da parte degli Stati, soltanto nel dicembre 1932. Nacque allora l'Unione internazionale di soccorso, il cui primo Consiglio generale si riunì nel luglio 1933. Negli anni successivi il C. lavorò attivamente nell'organizzazione dell'Unione. Essa, però, non riuscì mai ad avere quella funzionalità e utilità che era nei voti del suo ideatore: scarsezza di mezzi finanziari, insufficienze organizzative e tecniche, contrasti politici tra gli Stati europei ne bloccarono l'azione. E il suo contributo più rilevante finì per consistere negli studi da essa promossi sulle calamità naturali.
Impegnato soprattutto nella realizzazione, prima, e nel funzionamento, poi, dell'Unione di soccorso, il C. pubblicò in questi anni numerosi saggi in proposito, poi raccolti insieme con il titolo Scritti e discorsi sull'Unione internazionale di soccorso, Roma 1943. Continuò, peraltro, a svolgere attività professionale e a collaborare, anche se con minor intensità, a riviste, come La Nuova Antologia, e a giornali. Rimase al Senato, ove fece parte di quel piccolo gruppo di esponenti del liberalismo democratico prefascista che svolsero una debole opposizione al regime.
Il suo nome ricorre continuamente nelle relazioni di polizia relative ai senatori, come quello di persona sottoposta a particolare controllo. Alla. fine di aprile del 1929Si votò al Senato per la presidenza dell'Assemblea: contro il candidato governativo, Federzoni, trentasette senatori votarono scheda bianca. E l'anonimo informatore della polizia annovera il C. tra questi ultimi. In una altra nota, del gennaio 1930, si legge che il C. stesso aveva dichiarato di aver votato contro alcune leggi e di esser convinto di un prossimo ritorno alla vita democratica, realizzato dallo stesso Mussolini.Non si oppose, tuttavia, alla conclusione dei patti lateranensi e del concordato con la Chiesa: insieme con altri ex radicali e massoni, come Contarini, Credaro, Ferri, Orsi e Bonardi, espresse voto favorevole alla stipulazione degli accordi.
Nel 1934 pubblicò a Firenze una raccolta di riflessioni sulla propria esperienza di vita con il titolo Vita intima. Note e pensieri. Nel dopoguerra si allontanò completamente dalla vita, politica. Continuò ad occuparsi dell'Unione internazionale di soccorso e nel 1947 presentò a. Ginevra un progetto per migliorarne i finanziamenti. Morì a Roma il 4 ott. 1954.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, D. G. Pubblica Sicurezza, Div. Polizia Politica, pacco 150, Cat. M. 2 Senato del Regno 1929-1931;pacco 158, cat. M. 2 Senato del Regno 1931-1934;M. G. de Rossi, L'Unione internaz. di soccorso nella convenz. di Ginevra del 1927 e nella nuova organizzazione internazionale, Roma 1945, pp. 1-5 e passim;L. Aliquò Lenzi-F. Aliquò Taverriti, Gli scrittori calabresi, I, Reggio Calabria 1955, pp. 185 s.; A. C. Jemolo, Chiesa eStato in Italia negli ultimi cento anni, Torino 1955, p. 655;R. De Felice, Mussolini, il rivoluzionario 1883-1920, Torino 1965, p. 525;G. De Rosa, IlPartito popolare italiano, Bari 1966, pp. 49s.; B. Vigezzi, L'Italia di fronte alla Prima guerra mondiale, I, Napoli 1966, pp. 820 s.; A. A. Mola, Storia della massoneria ital. dall'Unità alla Repubblica, Milano 1976, ad Indicem;H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell'Italia giolittiana, 1909-1913, Roma 1979, ad Indicem.