PASQUINI, Giovanni Claudio
PASQUINI, Giovanni Claudio. – Nacque a Siena nel 1695. Nella natia Siena il giovane Pasquini fu socio, come Disperato, dell’Accademia dei Rozzi (così lo designa un esemplare della Lite fra la suocera e la nuora, s.d., oggi alla Biblioteca del Conservatorio di Napoli); figura invece come Desertato nella raccolta manoscritta di suoi componimenti alla Biblioteca comunale degli Intronati di Siena (BCI H.XI.30). In seno a essa produsse componimenti celebrativi per occasioni solenni, comparsi subito a stampa: Il trionfo d’Apollo sopra il Pitone (1719), in onore di Violante Beatrice di Baviera, eseguita con musica di Franco Franchini durante una mascherata con un «carro con numero cinquanta musici»; la cantata a due voci Malta e Siena (1722), musica di Girolamo Chiti, in morte di Marc’Antonio Zondadari gran maestro dell’ordine di Malta. Per i Rozzi scrisse anche il primo lavoro drammatico comico: l’intermezzo in musica La lite fra la suocera e la nuora (1721), «farsetta a due voci servita di contrascene alla commedia del Bassa in fuga recitata dagli Accademici Rozzi», poi nella Biblioteca teatrale italiana (Lucca 1762).
Entro la primavera del 1722 (cfr. la lettera del 13 giugno 1722 a Domenico Valentini: Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, BCI I.XI.44) si trasferì a Roma, dove fu segretario di Nicolò Coscia (cardinale dal 1725), stretto collaboratore del cardinale Orsini (papa Benedetto XIII nel 1724). Lì lo ritrasse il 26 gennaio 1725, qualificandolo come abate, Pier Leone Ghezzi (cfr. Rostirolla, 2001). Entrato in conflitto con il potentissimo prelato, e giudicando compromessa ogni prospettiva romana, grazie a conoscenze influenti ottenne un incarico alla corte di Vienna, alla cui volta partì il 16 giugno 1725 (così annota il Ghezzi in calce alla caricatura).
La nomina alla corte imperiale (con stipendio annuo di 800 fiorini), dove Pasquini fu incaricato dell’insegnamento della lingua italiana alle arciduchesse Maria Teresa e Maria Anna, rappresentò una svolta decisiva. Affiliato all’Arcadia come Trigenio Migontidio, a Vienna conobbe Apostolo Zeno, che ne patrocinò gli esordi, attribuendosi il merito d’aver iniziato alle scene un «giovane di talento» privo di «pratica alcuna del teatro» (Zeno, II, 1752, pp. 394 s., 416) e offrendosi come modello di scrittura drammatica.
Con il sostegno di Zeno (poi mancato: un’«ingratitudine che mise scandalo» a carico di Pasquini è denunciata da un parziale biografo zeniano: Epistolario scelto, 1829, p. XII) e l’apprezzamento del ‘direttore della musica’ conte Ferdinand von Lamberg, Pasquini sostituì nella produzione dei testi encomiastici Pietro Pariati, alla cui morte (1733) fu promosso a poeta di corte, con stipendio di 1000 fiorini; nel 1739 fu infine nominato, a 1550 fiorini, poeta cesareo, titolo attribuitogli dai registri contabili dall’inizio del 1740 al 31 marzo 1742.
Per la corte imperiale Pasquini lavorò per tre lustri a ritmi sostenutissimi, fornendo non meno di 67 testi di vario taglio tra il 1726 e il 1740. Se non mancano lavori impegnativi dall’articolazione in più atti, in gran parte si tratta di ‘feste’ o ‘servizi di camera’, componimenti intermedi tra la cantata da camera e l’opera, in un atto, da due a cinque voci, eventualmente con piccolo coro (cfr. Bennett, 2007, pp. 50 s.; Hansell ne conta complessivamente una trentina; 1992, p. 903), i cui soggetti pescano dalla storia antica o dal mito vicende esemplari delle virtù asburgiche (cfr. Fritz-Hilscher, 2013, pp. 13, 15). Numerose le pastorali (l’Ecloga pastorale risuonò per il genetliaco del «Principe Esterhasi», musica di Francesco Maggiore, a Eisenstadt nel 1755). Tra il 1731 e il 1737 Pasquini compose spesso non meno di sei lavori all’anno, a celebrare, generalmente nella Hofburg o nelle residenze suburbane della Nuova Favorita o di Laxenburg, accanto al carnevale e alla quaresima, le ricorrenze del calendario dinastico (compleanni e onomastici degli imperatori e delle arciduchesse).
Il debutto avvenne presumibilmente con la cantata Il giorno natalizio di Giove (musica di Giuseppe Porsile), eseguita il 15 febbraio 1726 nel genetliaco di Luigi XV nel palazzo dell’ambasciatore francese, duca di Richelieu. Nel 1727 Pasquini vi ritornò con la cantata Il sogno e il servizio da camera Clizia e Psiche, quest’ultimo con musica di Francesco Conti. Per l’ambasciatore spagnolo, Michel-Joseph duca di Bournonville, scrisse la festa Corona d’Imeneo (1728, musica di Caldara), in occasione delle doppie nozze tra Spagna e Portogallo (Bennett, 2007). Il 21 febbraio 1726 debuttò a teatro con il dramma per musica Spartaco (musica di Porsile, interpretato da Faustina Bordoni; Zeno vantava la paternità dell’«intero scenario», cfr. Zeno, II, 1752, p. 416). Al 6 febbraio 1727 risale il debutto in ambito comico, con l’«opera serioridicola per musica» Don Chisciotte in corte della duchessa, musica di Caldara.
A Vienna fu intensa la collaborazione con i compositori attivi alla corte imperiale: Porsile (un dramma e una festa: non si tiene qui conto dei componimenti da camera), Caldara (tre commedie, due atti d’un dramma coi suoi intermezzi, tre feste), Ignazio Maria Conti (debuttò con un testo di Pasquini, di cui intonò anche due feste e due oratorii), Georg Reutter jr (con Pasquini, suo principale collaboratore letterario, debuttò e scrisse sei feste teatrali, due oratori e un atto d’un dramma), Giuseppe Bonno (debutto, molti componimenti minori e un oratorio), Maximilian Joseph Hellmann (Pasquini è autore di tutte e cinque le sue composizioni vocali), Johann Joseph Fux (un solo, ma fortunato oratorio: La deposizione dalla croce di Gesù Cristo Salvator Nostro).
A Vienna strinse amicizia con il Metastasio: il nutrito scambio epistolare corre dal 1744 alla morte di Pasquini, che il poeta cesareo definì «uomo amabile per l’ottimo fondo del suo carattere, distinto per il suo talento», benché caratterizzato da «estri irregolari, che variavano bensì talvolta, ma non peggioravano il suo carattere» (Tutte le opere di Metastasio, IV, 1954, p. 331). Da Dresda nel 1748 Pasquini funse da intermediario con l’editore Walter per la progettata, ma mai realizzata, pubblicazione d’una nuova edizione ampliata, delle opere del poeta cesareo (ibid., III, 1951, pp. 334-353). Nel 1749 Pasquini si adoperò presso la corte sassone per assicurare al Metastasio il godimento della percettoria di Cosenza (ibid., pp. 381-389).
Alla morte di Carlo VI Pasquini passò, plausibilmente entro la fine del 1741, a Mannheim. Il 13 ottobre 1740 Carlo Filippo Teodoro elettore di Baviera gli aveva concesso il titolo di Cavaliere del Sacro Romano Impero (Diploma palatino, Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, BCI C.X.23). Nel gennaio 1742 scrisse per l’evento dinastico cruciale delle doppie nozze tra il principe ereditario Carlo Teodoro e la cugina Elisabetta Augusta, e tra la sorella Maria Anna e il duca Clemente Francesco di Baviera, il dramma per musica Meride che inaugurò il nuovo teatro di Alessandro Galli Bibiena, musica di Carlo Pietragrua, che quello stesso venerdì santo intonò l’oratorio Il figliuol prodigo.
La scomparsa di Stefano Benedetto Pallavicino, il 16 aprile 1742, spianò la strada alla nomina a poeta della corte reale ed elettorale di Dresda, dove Pasquini riprese la produzione nei generi più vari già sperimentati a Vienna. Nominato consigliere di delegazione (Legationsrath), al maestro di cappella Johann Adolf Hasse offrì i testi di due oratorii (La deposizione dalla croce di Gesù Cristo Salvador Nostro, 1744; e La caduta di Gerico, 1745: andrà respinta la retrodatazione al 1743, quando fu eseguito un oratorio diverso, cfr. Kamieński, 1912, pp. 149 s.; Koch, 1989, I, p. 57; Poppe, 2000, p. 275) e tre drammi, tra cui i due titoli più fortunati della produzione teatrale pasquiniana. Innanzitutto l’Arminio, scritto dal 1744, rappresentato il 7 ottobre 1745 a Dresda, ripreso entro il 1761 a Wolfenbüttel, Vienna, Dresda e Varsavia, e portato nel 1747 a Berlino da Federico II di Prussia, sebbene proprio il re di Prussia fosse il bersaglio dell’allegoria politica sottesa all’opera. Il 14 giugno 1747 La spartana generosa ovvero Archidamia celebrò le doppie nozze del principe ereditario Federico Cristiano con la sorella dell’elettore di Baviera, Maria Antonia Walpurgis, e della sorella di Federico Cristiano, Maria Anna, con l’elettore di Baviera medesimo, Massimiliano III Giuseppe. Infine, il 7 ottobre 1747 andò in scena, nella palazzina di caccia di Hubertusburg, la «favola pastorale» Leucippo, fra «le ultime propaggini della favola pastorale» (Natali, 1973, p. 837) e forse il lavoro drammatico più fortunato di Pasquini, visto entro il 1765 a Venezia, Dresda, Vienna, Mannheim, Praga, Salisburgo, Bratislava, Londra, Berlino e Brunswick.
Pasquini collaborò anche con Giovanni Alberto Ristori per la serenata La liberalità di Numa Pompilio e la festa Diana vendicata (Varsavia, 1746), le feste di camera Trajano (Dresda, 1746), Amore insuperabile (Dresda, 1747: per le nozze del delfino di Francia con Maria Josepha di Sassonia nel palazzo del duca di Richelieu, vecchia conoscenza viennese di Pasquini) e I lamenti di Orfeo (Dresda, gennaio 1749, accolto «avec un succès et un applaudissement universel»; cfr. Mengelberg, 1916, p. 12): una produzione nata attorno alla principessa Maria Antonia, nei confronti della quale Pasquini funse da tramite anche con il Metastasio.
A Dresda Pasquini rielaborò con ogni evidenza L’asilo d’amore (cfr. Mellace, 2011) e in quanto poeta teatrale curò l’allestimento di diversi drammi metastasiani con musica di Hasse: nel 1748 il Demofoonte richiese, per l’aspra rivalità tra le due prime donne, Faustina Bordoni e Regina Mingotti, l’intervento epistolare del poeta cesareo da Vienna (cfr. Tutte le opere di Metastasio, III, 1951, pp. 337-346).
Nell’attività di Pasquini si nota la non comune, disinvolta consuetudine nel riprendere temi e testi già sperimentati. Avviene così, per esempio, per la festa teatrale Archidamia (Reutter jr, Vienna 1727), trasformata in serenata (La generosa Spartana, Bonno, Vienna 1740) e in dramma per musica (La spartana generosa ovvero Archidamia, Dresda 1747); la festa di camera La Liberalità di Numa Pompilio (I. M. Conti, Vienna 1735), ripresa a Vienna nel 1739 come Il Natale di Numa Pompilio (Bonno) e a Varsavia nel 1746 (Ristori); l’oratorio Il figliuol prodigo (I. M. Conti, Vienna 1735), poi a Mannheim (Pietragrua, 1742) e a Dresda (Johann Georg Schürer, 1747); La deposizione dalla croce (Fux, Vienna 1728; ripreso, anche con musica diversa, a Brno, Mannheim, Dresda e Vienna), riproposto a Hasse a Dresda nel 1744, in una veste profondamente trasformata, sotto l’influsso della Passione metastasiana (poi ancora a Dresda, Firenze, Venezia e Roma).
Significativa è l’influenza delle scelte tematiche pasquiniane, anche sullo stesso Metastasio: la festa di camera Scipione Africano il Maggiore (1730 e 1735) anticipa il Sogno di Scipione (1735), la festa teatrale Zenobia (1732) l’omonimo dramma per musica (1737; cfr. Fritz-Hilscher, 2013, pp. 13 s.).
Maturata già nella primavera 1749 la decisione di lasciare Dresda per ritirarsi dalla vita pubblica e dedicarsi alla devozione (cfr. Tutte le opere di Metastasio, III, 1951, pp. 388, 426), nel settembre Pasquini fu congedato su sua istanza con un vitalizio di 200 talleri. Transitando brevemente per Vienna nell’ottobre (p. 426), fece ritorno a Siena. Della decisione di rinunciare al servizio a corte si pentì prestissimo: in condizioni economiche precarie, già dal gennaio 1750 chiese l’aiuto del Metastasio, che s’impegnò assiduamente fino alla morte del collega nel perorarne la causa a Vienna, Firenze e Dresda, ottenendo un primo beneficio nel 1751 e un secondo nel 1753 (pp. 388, 399 s., 451, 477 s., 502 s., 531, 561, 598, 630 s., 647, 792 s., 795, 806, 837 s., 844, 856, 875 s., 1156 s.; ibid., IV, 1954, pp. 17 s., 303 s., 329 s.).
A Siena, Pasquini promosse la poetessa Livia Accarigi, pubblicò la festa teatrale La gara del genio con Giunone (1751) per la nascita dell’erede maschio degli elettori sassoni e scrisse il Dialogo del merito e dell’umiltà (1761). Realizzando un’idea accarezzata da alcuni anni (cfr. Algarotti, 1794, pp. 133, 135-137), nel 1751 pubblicò ad Arezzo il volume I delle Opere, raccolta di dieci titoli, viennesi ma soprattutto dresdensi, dedicati al primo ministro Heinrich von Brühl, cui è indirizzata la Canzone pindarica d’apertura.
L’antiporta, disegnata da Giuseppe Galli Bibiena e incisa da Carlo Gregori, esibisce l’integrazione del poeta nel tessuto culturale cittadino, indicandone l’appartenenza a tre accademie locali, gli Intronati, gli Apatisti e i Rozzi (proprio nel 1751 Pasquini tenne la carica di arcirozzo). Moreni (1835) cita un tomo II delle opere, rimasto manoscritto così come un terzo (Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, BCI I.XI.44 e BCI H.XI.30-32), comprendente una Vita dell’abate Giovanni Claudio Pasquini poeta cesareo senese scritta da se stesso in ottava rima in tre canti, conclusa con i «primi viaggi in Germania».
Già dagli anni giovanili erano riconosciute a Pasquini quelle solide doti di «improvvisatore e poeta giocoso» (Natali, 1973, p. 778) cui alludono sia Ghezzi («bravo poeta faceto»; cfr. Rostirolla, 2001, p. 126) sia Zeno («giovane di talento, buon poeta, massimamente nello stile familiare e giocoso», cui «non manc[a] il verso»: Zeno, 1752, II, pp. 394, 416). Moreni (1835) lo definisce «fecondo di pensieri, facile nell’invenzione, felice di espressione, gustoso di stile, vivace, bizzarro e focoso». Il Metastasio, a proposito della Spartana generosa, temperava gli elogi per il poeta («Ne ho ritrovati i versi fluidi e numerosi, lo stile ornato e poetico quanto conviene al genere drammatico […] le ariette sono tutte armoniose e felici») con le riserve sul drammaturgo («avrei desiderato maggior moto in tutta l’opera vostra, o, per ispiegarmi più acconciamente, meglio stabiliti i principii di que’ moti che vi siete proposto d’introdurvi. Non possono prendere gli spettatori tutta la parte che voi vorreste nelle agitazioni delle persone rappresentate, perché non le avete per tempo rese loro odiose o care abbastanza», Tutte le opere di Metastasio, III, 1951, pp. 311 s.); il giudizio, più positivo, è capovolto per il Leucippo, dove si censura lo stile, «talvolta troppo dimesso» (ibid., p. 333), mentre Algarotti non aveva lesinato elogi: «qual dolcezza e qual fluidità di versificazione! […] Quale ingenuità ne’ caratteri, come appunto conviene nel genere pastorale; qual forza d’affetti, qual sospension nell’intreccio, qual felicità nello scioglimento! Le ariette poi sono maravigliose e suscettibili della musica più bella e più varia» (1794, p. 134). Andrà riconosciuta a Pasquini una felice assimilazione dei modelli viennesi Zeno e Metastasio, e l’influenza della pratica dei componimenti encomiastici (cfr. Mücke, 2003, pp. 134).
Significativo il rapporto intrattenuto con la letteratura secentesca d’autore nella commedia musicale con i tre lavori realizzati per Caldara nel 1727-33. Da un lato il rifacimento del Misanthrope di Molière negli esilaranti Disingannati, debitori della Dirindina del conterraneo Girolamo Gigli (nell’avvertenza Pasquini dichiara d’aver «voluto provar se mi riusciva di farne un componimento che serbasse il gusto della commedia, e si adattasse intanto a ciò che richiede la teatral poesia», anche tramite «caratteri di nuovo introdotti ed un diverso filo di quel di Molière»). Prima ancora Pasquini aveva dato alla luce il Don Chisciotte in corte della duchessa (seguito da Sancio Pansa governatore dell’isola Barattaria), che influenzò il Don Chisciotte della Mancia di Giovanni Battista Lorenzi per Paisiello (1769; cfr. Natali, 1973, p. 829; Fido, 2000, p. 247) e fu a lungo pubblicato erroneamente come opera di Zeno (cfr. Pini Moro, 1992, pp. 263 s.); nell’argomento Pasquini dichiarava d’aver «procurato […] di stare attaccato più che gli è stato possibile alla vezzosa idea dell’ingegnosissimo autore spagnolo […] L’invenzione ha puramente lavorato sull’intreccio degli amori, e questi per altro sono come tante linee tirate a finire in un punto, essendo condotti in maniera che, nonostante la passione, abbia luogo negli amanti una certa spezie di puntiglioso donchisciottismo». Del suo modello comico Gigli, Pasquini allestì alla corte di Vienna La moglie giudice e parte, ovvero Il ser Lapo (cfr. De Angelis, 1824, p. 325), testimonianza d’un rapporto con la patria evidente anche nella corrispondenza con Jacopo Nelli. Nel 1760 l’eccentrica e irriverente Culeide uscì attribuita a Gigli tra le Poesie di eccellenti autori toscani ora per la prima volta date alla luce per far rider le brigate, per essere ristampata postuma (1786) come opera di Pasquini.
Nel 1754 Pasquini intraprese l’attività di predicatore (cfr. Tutte le opere di Metastasio, III, 1951, pp. 925, 945). Nel 1755 perdette la vista (ibid., pp. 982, 1088). Nel febbraio 1758 ottenne la nomina a vicerettore degli Studi di Siena (ibid., IV, 1954, p. 40). Della responsabilità di cinque pronipoti, a seguito della scomparsa d’un nipote, scriveva il 7 novembre 1763 al Metastasio, che ancora il 26 novembre si adoperava per lui presso la corte di Dresda, forse per ripristinare la pensione già goduta: la decisione del principe elettore a favore di Pasquini intervenne tuttavia tardivamente, pochi giorni dopo il decesso del poeta (ibid., pp. 325 s.).
Morì improvvisamente a Siena nel novembre (dopo il 7) 1763.
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