GIOVANNI COLONNA
Figlio di Oddone di Pietro "de Columna", nacque verosimilmente nell'ultimo quarto del sec. XII. Nel maggio 1206 papa Innocenzo III lo creò cardinale diacono dei SS. Cosma e Damiano; Onorio III lo promosse cardinale presbitero di S. Prassede nel febbraio 1217. Con questa seconda qualifica egli sottoscrisse le epistole pontificie dal 4 marzo 1217 al 17 aprile 1244.
Elogiato da Federico II ed esecrato dal cronista Matteo Paris, che lo chiamò "vas superbiae et omnis contumeliae" e lo definì "efficacissimus seminator et sustentator" degli scontri tra l'imperatore e il papa (1877, p. 59), G. fu uno dei cardinali più influenti della prima metà del Duecento. La quarantennale presenza nel Sacro Collegio lo rese il primo artefice della potenza di casa Colonna: con il sostegno del ricco e potente cardinale, i congiunti si insediarono definitivamente a Roma e divennero signori di numerosi centri dei Monti Prenestini, giungendo a dominare una buona parte della Campagna Romana.
Se durante il pontificato di Innocenzo III G. era rimasto quasi sempre in Curia, la natura dei suoi incarichi mutò con il pontificato di Onorio III. Nominato rettore di Campagna (marzo 1217), dopo soltanto pochi giorni fu inviato come legato nell'Impero latino d'Oriente, con il compito di riorganizzarvi la Chiesa. Mentre viaggiava con il nuovo imperatore Pietro di Courtenay, fu preso prigioniero in Epiro. Rilasciato dopo qualche tempo, si recò a Costantinopoli dove, in seguito alla morte dell'imperatore, divenne la massima autorità dell'Impero. Al suo ritorno, nel 1222, portò a Roma la cosiddetta 'Colonna della flagellazione', reliquia che fu collocata nella sua chiesa titolare di S. Prassede.
Tornato a risiedere nei territori dello Stato della Chiesa, G. svolse numerosi incarichi di governo, dimostrando spiccate capacità militari: nel 1224-1227 fu rettore del Patrimonio di S. Pietro e del ducato di Spoleto, nel 1228-1229 fu legato nelle Marche contro il duca di Spoleto Rainaldo di Urslingen, che combatté levando un'armata a spese proprie; fu poi rettore della stessa provincia tra il 1232 e il 1234. Dopo la rivolta antipapale di Luca Savelli, nel 1234-1235 ebbe da Gregorio IX l'incarico, insieme ai cardinali Romano di Porto e Stefano di S. Maria in Trastevere, di negoziare con i romani. La pace, che permise un rafforzamento del potere papale, fu conclusa in Campidoglio il 13 aprile 1235. Le condizioni imposte ai romani erano dure, ma non toccavano i maggiori diritti di sovranità ormai acquisiti, come quello di battere moneta e di scegliersi i senatori. L'imperatore, benché molto interessato alle questioni dell'Urbe, non prese parte in alcun modo alle trattative.
La linea politica seguita da Federico II dopo la battaglia di Cortenuova (27 novembre 1237; v.), tendente a crearsi un partito favorevole in seno al Sacro Collegio appoggiando le posizioni dei cardinali quando divergenti da quelle del papa e scavalcando quest'ultimo per trattare direttamente con loro, raggiunse e convinse il cardinale Colonna. Questi, senza divenire un sostenitore dell'imperatore, cominciò ad adoperarsi con energia per conseguire una pace duratura, prendendo sempre più spesso posizioni contrarie a quelle di Gregorio IX. G. cominciò, pertanto, a sostenere una politica autonoma.
In seguito alla rottura definitiva tra il papa e l'imperatore, nel 1239 Gregorio IX inviò G. a difendere la Marca di Ancona contro re Enzo. Il figlio di Federico II, però, ottenne la vittoria quasi senza combattere. L'anno successivo, l'imperatore si rivolse direttamente a G. e ad altri cardinali per tentare una mediazione con il papa. Nel marzo 1241, il cardinale Colonna si trovò ancora a trattare l'armistizio tra i romani e l'imperatore. Ma Gregorio IX decise di denunciare la tregua appena conclusa. La condotta del pontefice dispiacque ai romani e soprattutto al cardinale. Dopo un violento alterco con il papa, che sembra lo minacciasse anche di deposizione, G. abbandonò la Curia e si ritirò a Palestrina, apprestandosi alla difesa dei suoi domini e delle fortificazioni romane.
Durante la guerra che seguì, G. occupò in nome dell'imperatore alcune località della Campagna Romana e invitò Federico a entrare a Roma. Aiutato dall'esercito del cardinale, durante l'estate l'imperatore scese verso l'Urbe, conquistando Terni e impadronendosi di molti centri del Lazio, che furono oggetto di dure rappresaglie. Alla metà di agosto l'imperatore si trovava a Grottaferrata, a sole 9 miglia da Roma. La morte di Gregorio IX (22 agosto 1241) mise termine alla campagna militare. Federico, svanita la possibilità di catturare il papa, in settembre fece ritorno nel Regno, cosicché Roma rimase sotto il controllo dei sostenitori della parte pontificia, capeggiati dal senatore unico Matteo Rosso Orsini (v.).
Il primo atto del senatore fu di porre sotto assedio la fortificazione colonnese dell'Augusteo. L'acceso scontro tra il senatore Orsini e G., l'uno a capo della parte guelfa e l'altro di quella ghibellina, è generalmente considerato il primo atto della secolare lotta che si sarebbe combattuta tra le fazioni legate alle due casate Orsini e Colonna.
G., ricevute garanzie sufficienti dal senatore, lasciò Palestrina durante l'estate e raggiunse a Roma i cardinali, per eleggere il successore di Gregorio IX. Ma era quasi impossibile trovare un accordo, poiché il collegio cardinalizio, composto di una dozzina di membri, era fisicamente e ideologicamente diviso: due cardinali erano prigionieri di Federico II; degli altri, alcuni, tra i quali proprio G., erano schierati con l'imperatore; altri, conciliatori, intendevano raggiungere la pace il prima possibile, e dunque fiancheggiavano anch'essi la politica imperiale; un gruppo di intransigenti, capeggiato da Ranieri di Viterbo (v.), perseguiva invece una linea di aperta ostilità.
Matteo Rosso Orsini, per obbligare i cardinali a prendere una rapida decisione, li rinchiuse nel Settizonio e li costrinse a un regime di reclusione talmente duro da causare la morte del cardinale Roberto di Somercotes e, subito dopo, anche del papa neoeletto. Il 25 ottobre, dopo sessanta giorni di conclave, fu infatti eletto pontefice il cardinale Goffredo da Castiglione, appartenente al partito dei fautori della pace con l'imperatore; ma il suo pontificato durò appena quattordici giorni. Mentre tre cardinali e il papa, appena liberati dalla prigionia, fuggirono ad Anagni, Matteo Rosso impedì che G. potesse fare altrettanto e lo fece incarcerare di nuovo, ordinando anche la distruzione dei suoi palazzi in città.
La vacanza della Sede Apostolica, interrotta solo dal breve pontificato di Celestino IV, si sarebbe protratta per ventidue mesi, punteggiati da continui e sterili tentativi di pervenire a una soluzione. In un primo tempo, i cardinali rimasti a Roma proposero a G. di discutere dell'elezione, ma egli rifiutò asserendo che, trovandosi in stato di prigionia, non avrebbe potuto decidere liberamente. Durante l'estate del 1242, l'imperatore mosse contro Roma con l'intenzione di liberare G., ma l'azione non ebbe alcun esito. Per poter disporre di un cardinale che, in sostituzione del Colonna, ricoprisse il ruolo di capo del partito filoimperiale, egli si decise allora a liberare Ottone di S. Nicola in Carcere, che era ormai divenuto suo sostenitore. Dopo altre trattative, che condussero alla liberazione del cardinale Giacomo di Palestrina da parte dell'imperatore, e di G. da parte dei romani, nella tarda primavera del 1243 i cardinali poterono riunirsi in conclave, giungendo ad eleggere, il 25 giugno successivo, Sinibaldo Fieschi.
Il nome di G. tornò a figurare in calce ai documenti pontifici. Ma il cardinale, ormai vecchio e provato dalla prigionia, non esercitava più alcuna influenza. Egli non seguì la Curia a Lione e morì a Roma il 28 gennaio 1245.
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