COLONNA, Giovanni
Nacque da Bartolomeo di Giovanni, del ramo dei signori di Gallicano col titolo di domicello di Belvedere, nell'ultimo decennio del XIII secolo: non è possibile accettare per certa, con assoluta sicurezza, la data del 1298, desunta dal Forte da alcune note poste in margine ad una copia di Lattanzio che si conserva nella Bodleian Library di Oxford. A partire dal 1315 compì i suoi studi a Chartres, a Troyes e ad Amiens. Entrò nell'Ordine domenicano prima del 1320, anno nel quale risulta essere a Parigi per continuare i suoi studi. Nel 1324 venne nominato, dal capitolo di Roma, predicatore generale del suo Ordine. In questo stesso periodo fu designato cappellano di Giovanni Conti, allora vescovo di Nicosia, dove il C. rimase, con tutta probabilità, fino al 1332, anno della morte del Conti.
Si potrebbero collocare in quest'epoca i viaggi fino in Persia, in Arabia ed in Egitto, ai quali, come si dirà, fa riferimento il Petrarca in una delle lettere indirizzate a un Giovanni Colonna.
Dopo il suo ritorno a Roma fu inviato ad Avignone, presso la Curia pontificia, dove attese alla stesura del De viris illustribus. Nel 1338 ricevette l'incarico di vicario del priorato di S. Sabina in Roma, per il periodo corrispondente alla nomina ed all'arrivo del nuovo priore. Nell'autunno del 1339 fu designato lettore nel priorato di Tivoli, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita, afflitto dalla gotta, leggendo e studiando i classici e lavorando al completamento delle sue opere, in particolare al Mare historiarum.
Non conosciamo l'esatta data della morte del C., che, tuttavia, si può collocare tra gli ultimi mesi del 1343 e i primi del 1344, sulla base di alcune indicazioni contenute in una lettera inviata dal Petrarca all'arcivescovo di Genova, Guido Sette.
Infatti, anche se alcuni studiosi hanno ritenuto di poter identificare il Giovanni Colonna corrispondente del Petrarca con uno dei fratelli di Sciarra, ben più convincenti e motivate appaiono le argomentazioni di chi lo identifica, invece, col domenicano autore del Liber de viris illustribus e del Mare historiarum. A un Giovanni Colonna sono indirizzate otto delle Familiari del Petrarca. Dalle prime quattro (II, 5-8) si apprende che questo Giovanni era notevolmente più vecchio del Petrarca (II 7, 3), che coltivò studi di carattere filosofico (II, 7, 10), che per lui il Petrarca compose la sua commedia giovanile Philologia (II, 7, 5), che aveva viaggiato a lungo oltremare ("qui totiens mare transiisti": II, 8, 3) prima di fermarsi ad Avignone, da dove lo allontanarono gli intrighi di alcuni suoi nemici (II, 5, 1), sottraendolo alla cara familiarità del Petrarca, di altri amici e del loro signore (II, 6, 2); che essendo, pertanto, partito per Roma, dovette trattenersi un mese intero a Nizza, in attesa della nave che lo trasportasse in Italia (II, 7, 1), per essere però risospinto nuovamente verso Nizza, una volta imbarcatosi, in seguito ad una violenta tempesta (II, 8, 3), che, infine, arrivato a Pisa, fu colto da una malattia piuttosto a lungo ("in morbum diutinum incidesse memorabat": II, 8, 6).
Dalle altre quattro epistole (III, 13 e VI, 2-4) si possono desumere ulteriori notizie: questo Giovanni Colonna aveva viaggiato in Persia, in Arabia ed in Egitto (VI, 3, 62 e 59); lontano da Avignone, si era fatto frate di un Ordine mendicante (III, 13, 9; VI, 3, 46); nella primavera del 1337 aveva visitato i monumenti pagani e cristiani di Roma in compagnia del Petrarca, conversando con lui di storia, di morale e di estetica (VI, 2); ad una certa età fu colpito dalla gotta, malattia che lo afflisse fino alla morte (III, 13, 7; VI, 3, 58); nei suoi ultimi anni visse a Tivoli (VI, 3, 6 e 67), era un uomo colto, al quale il Petrarca poteva consigliare, a conforto delle sue malattie, la lettura del De Senectute e delle Tusculanae disputatiortes (VI, 3, 36 e 53), ben fornito di libri (VI, 3, 61), esperto delle antichità, specialmente cristiane (VI, 2, 16), abile a scrivere qualche pagina di prosa latina con "magnificenza" e "dolcezza di stile" (VI, 3, 5). Il Petrarca lo vide per l'ultima volta "Prenestina sub arce" nell'ottobre del 1343: "nec ita multo post ille obiit" (V, 2, 5, e XXIII, 12).
Il Liber de viris illustribus del C., tuttora inedito (ne sono stati pubblicati solo alcuni estratti, desunti dai manoscritti che si conservano alla Biblioteca universitaria di Bologna, Lat. [491]; alla Biblioteca Marciana di Venezia, Lat. X, [3173]; alla Biblioteca Casanatense di Roma, XX. VI.34 [2396] ed alla Bibl. Ap. Vat., Barber. lat. 2351), comprende, dopo una lunga introduzione di natura filosofica, due parti distinte, riguardanti gli uomini illustri pagani e gli uomini illustri cristiani, disposti, gli uni e gli altri, in ordine alfabetico: si tratta di circa trecentotrenta voci biografiche e bibliografiche. Le fonti principali di questo trattato furono Girolamo, utilizzato come modello, Gennadio, Isidoro di Siviglia, Lattanzio, Eusebio, Seneca, Vincenzo di Beauvais e Gualtiero Burley. L'opera, caratterizzata da uno spiccato senso storico e critico, rivela nel C. un'ampia e varia cultura, sia nel campo profano sia in quello cristiano, sia nell'ambito del mondo classico sia in quello medievale. Queste stesse caratteristiche sono sostanzialmente reperibili anche nel Mare historiarum, una compilazione di storia universale, suddivisa in sette libri e settecentotrentadue capitoli, che doveva andare, nel progetto iniziale, dalle origini del mondo fino ai tempi dell'autore, ma rimase interrotta al racconto dei fatti del 1250: iniziata attorno al 1338, dopo il ritorno del C. a Roma, l'opera rimase infatti interrotta in seguito alla morte del Colonna. Il testo integrale di questo trattato si conserva in due manoscritti della Biblioteca nazionale di Parigi (Lat. 4914 e 4915), dai quali G. Waitz ha ricavato i titoli dei capitoli del settimo libro, che va dall'incoronazione di Carlo Magno al 1250, da lui riportati nei Monumenta Germaniae Historica. Scriptores, XXIV, Hannoverae 1879, pp. 266-284. Dal codice 4912 e dal Lat. 4963, comprendente solo una parte della cronaca, è stato invece desunto da J. N. de Wailly il brano relativo al regno di Luigi IX, re di Francia, edito nel Recueil des historiens des Gaules et de la France, XXIII, Paris 1876, pp. 106-124.
Un breve frammento, riferentesi alla vita di s. Raimondo di Peñafort, è stato inoltre pubblicato nei Monumenta Ordinis Fratrum praedic. historica, VI, 1, Romae-Stuttgardiae, 1898, pp. 5-7, da F. Balme - C. Paban - J. Collomb. L'opera fu anche volgarizzata in spagnolo (di questo volgarizzamento si conservano cinque copie manoscritte) col titolo Mar de Historias, da. Fernan Perez de Gusman (1377-1460; cfr. J. Rodriguez Arzua, Mar de Historias, Madrid 1944). Secondo il Forte, il C. redasse anche una Nova Historia Ecclesiastica; gli si possono inoltre attribuire anche i trattati De infelicitate Curialium e De via Paradisi, nonché alcuni scritti, andati perduti, su argomenti di natura teologica.
Fonti e Bibl.: F. Petrarca, Le Familiari, a cura di V. Rossi, Firenze 1968, I, pp. 81-97, 131 ss.; II, pp. 55-80; J. Quétif-J. Echard, Scriptores Ordinis Praedicatorum, Parisiis 1719-1721, I, pp. 418 ss.; II, p. 829 (in questo repertorio il C. è stato confuso con l'omonimo frate domenicano, arcivescovo di Messina); J.-F.-A. de Sade, Mémoires pour la vie de François Pétrarque, I, Amsterdam 1764, pp. 170 s.; I. Ciampi, Viaggiatori romani meno noti, in Nuova Antol., 16 ag. 1874, pp. 870-879; U. Balzani, Landolfo e G. Colonna secondo un codice Bodleiano, in Arch. della R. Soc. rom. di storia patria, VIII (1885), pp. 223-244; L. Delisle, Nouveau témoignage relatif à la mission de Jeanne d'Arc, in Bibliothèque de l'Ecole des chartes, XLVI (1885), pp. 658 ss.; Id., Notes historiques attribuées à Jean de Colomne, ibid., pp. 665-667; M. Morici, F. Petrarca e G. C., in Giornale dantesco, n. s., IV (1889), passim;A. Clerval, Les écoles de Chartres au MoyenAge, Chartres 1895, pp. 411 s.; P. Nolhac, Pétrarque et l'humanisme, I, Paris 1907, p. 189; R. Sabbadini, G. C. biografo e bibliografo del sec. XIV, in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, XLVI (1910-1911), pp. 830-859; Id., Le scoperte dei codici latini e greci nei secc. XIV e XV, II, Firenze 1914, pp. 51-58; G. Golubovich, Fr. G. C. di San Vito viaggiatore in Oriente (c. 1260-1343-44), in Arch. franc. hist., XI (1918), pp. 32-46; V. Rossi, Di un Colonna corrispondente del Petrarca, in Arch. della R. Soc. rom. di storia patria, XLIII (1920), pp. 103-111 (apparso poi in Scritti di critica letteraria, II, Studi sul Petrarca e sul Rinascimento, Firenze 1930, pp. 83-91; cfr. anche la recensione a questo contributo del Rossi apparsa su La Rassegna, XXX [1922], pp. 154-159, a cura di E. Carrara); I. Taurisano, Discepoli e biografi di s. Tommaso, in S. Tommaso d'Aquino O. P. Miscell. storico-artistica, Roma 1924, pp. 170-174; A. Foresti, Un mistico ammonimento a G. C., in Aneddoti della vita di F. Petrarca, Brescia 1928, pp. 35-44; S. Prete, Il frammento della "Philologiaª di F. Petrarca, in Studi Petrarcheschi, (Bologna), I (1948), p. 141; A. Momigliano, Note sulla leggenda del cristianesimo di Seneca, in Riv. stor. ital., LXII (1950), pp. 335-338; S. L. Forte, John C. O. P. Life and Writings (1298-c. 1340), in Archivum fratrum praed., XX (1950), pp. 369-414 (si tratta del contributo più ampio ed aggiornato sulla biografia del C., importante anche per i numerosi dati relativi alle opere del frate domenicano ed alla loro tradizione manoscritta); G. Billanovich, Petrarch and the textual tradition of Livy, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XIV (1951), pp. 151-53; Id., Gli umanisti e le cronache medievali…, in Italia medioev. e umanistica, I (1958), pp. 128-130; W. Braxton Ross jr., G. C., Historian at Avignon, in Speculum, XLV (1970), pp. 533-563; Th. Kaeppeli, Scriptores Ordinis praedicatorum Medii Aevi, II, Roma 1975, pp. 399 s.; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I-II, ad Indices; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, III, pp. 516 s.