COMANDO (Comanduto, Comendù), Giovanni
Nato a Mondovì nel 1746 (Olivero, 1936, p. 14), è documentato per la prima volta a Roma, dove nel 1777 vinse il primo premio di seconda classe nel concorso del nudo all'Accademia di S. Luca (ma sul disegno B 283 conservato nell'Archivio dell'Accademia una calligrafia posteriore ha scritto "terzo premio"). Nel 1779 egli risulta a Torino, iscritto (14novembre) ai corsi della Reale Accademia di pittura e scultura dove, nel 1782, è allievo di L. Pécheux (Torino, Arch. stor. dell'Acc. Albertina, Relazioni di adunanze accademiche 1778-1796, ff.5, 16). Nel 1785 era confratello della Compagnia di S. Luca (Schede Vesme); nel 1787 il suo nome compare insieme con quello di altri artisti in un sonetto a stampa che in Schede Vesme è registrato erroneamente alla voce "Rocco Comaneddi" (I, p. 347).
Numerosi pagamenti del 1789 hanno fatto collocare a questa data (Griseri, 1963; Dalmasso, 1981) gli affreschi della camera d'udienze della duchessa d'Aosta al secondo piano del palazzo reale di Torino (Schede Vesme), che invece devono essere considerati del 1788; mentre al 1789 appartengono quattro sovrapporte per una stanza dell'appartamento del duca d'Aosta, un paracamino nel boudoir della duchessa., quattro sovrapporte per l'appartamento del duca di Monferrato sempre al secondo piano (Astrusa-di Macco, 1980, p. 104).
Nello stesso 1789 il C. dipinse una sovrapporta alla Venaria per il duca d'Aosta e cinque a Moncalieri per la camera da letto della duchessa d'Aosta (ibid.). In Schede Vesme sono registrati pagamenti per sovrapporte nell'appartamento del duca del Genevese e del duca di Moriana in palazzo reale a Torino (1792). Il ritratto ad olio su tela del Cardinale delle Lanze, firmato "Joannes Commandu Monregaliensis..." e datato 1793, è conservato nella sacrestia della basilica di Superga insieme con altri quattro ovali con i ritratti di grandi elemosinieri di corte. Evidentemente il C. aveva raggiunto una posizione di prestigio presso la corte, ricevendo commissioni sia profane sia religiose: nel 1794 lavorò nel castello di Rivoli e nel 1795 dipinse la Natività per il quarto altare a destra nel duomo di Torino; è documentato ancora nel 1797, per un lavoro di restauro di un'ancona (Schede Vesme, p. 84, sub voce Balegno Giuseppe).
Con l'occupazione napoleonica non venne più confermato professore all'Accademia (lo era dal 1796) né ebbe ulteriori commissioni pubbliche. In quegli anni sono documentate invece opere per privati e per chiese per lo più di carattere devozionale (molte si trovano oggi in collezioni private, ed alcune di esse sono state incise da L. Valperga: Vernazza, in Schede Vesme, III, Torino 1968, pp. 1069 s.; Astrusa-di Macco, III, 1980, p. 1423). Nella chiesa di Valle San Nicolao (Vercelli) è conservata una grande Madonna del Rosario e santi firmata e datata 1809 (Spantigati, 1979, p. 13); fu pagato nel gennaio 1813 lo stendardo per la Compagnia della Consorzia del duomo (Schede Vesme);firmata e datata 1814 è una Madonna con Bambino nella cappella della Madonna delle Grazie a Bessans (dip. Savoia).
Nel 1815 fu reintegrato nella carica di professore e anche a corte dato che nel 1819 eseguì un bozzetto con Sacra Famiglia per la cappella regia nella residenza estiva del castello di Govone (F. Dalmasso, Govone..., in Studi piemontesi, IX[1980], p. 318). Morì a Torino il 28 marzo 1822 (Vernazza e Bosio, in Schede Vesme, p. 346).
La figlia del C., Barbara, fu pittrice ed espose copie da "Corrado" (forse Giaquinto) alla esposizione artistica industriale di Torino del 1812, ricevendo in premio una medaglia d'argento. Forse fu suo figlio il pittore Giuseppe, membro della Reale Accademia, che nel 1820 presentò sei quadri di figure alla esposizione (Schede Vesme).
La pittura del C., nella sua levità tutta settecentesca, presuppone tuttavia una conoscenza non superficiale della decorazione barocca; un punto di riferimento, anche per alcuni motivi iconografici, sembra essere, negli affreschi di palazzo reale, Valerio Castello, specie gli affreschi di palazzo Balbi Senarega a Genova, mentre le opere più tarde, a partire dagli ultimi anni del secolo, presentano richiami alla pittura di C. C. Dauphin (Astrua-di Macco, 1980, I, p. 105, che riprendono un suggerimento di G. Romano).
Fonti e Bibl.: Se non diversamente indicato, per i documenti si veda Schede Vesme, I, Torino 1963, pp. 346 s. Si veda inoltre: A. Bosio (sec. XIX), Iscrizioni torinesi, a cura di L. Tamburini, Torino 1969, p. 48; E. Olivero, Brevi cenni sui rapporti tra la R. Accademia di S. Luca in Roma e l'arte in Piemonte, Torino 1936, p. 14; L. C. Bollea, L. Pécheux, Torino 1942, p. 205; A. Griseri, in Mostra del Barocco piemontese (catal.), Torino 1963, II, 1, p. 42; F. Dalmasso, Per una revis. del castello di Rivoli, in Boll. d'arte, LVIII (1973), pp. 47, 50; Id., Aspetti della pittura in Piemonte tra Sette-Ottocento, in Ann. della Scuola normale sup. di Pisa, V (1975), 1, pp. 244, 258; C. Spantigati, in Guida breve al patrimonio artistico piemontese, Torino 1979, p. 84; P. Astrua-M. di Macco, in Cultura figurativa e arch. negli Stati del Re di Sardegna 1773-1861 (catal.), Torino 1980, I, pp. 104 s.; III, pp. 1422 s.; F.Dalmasso, L'Accademia..., in Antologia di belle arti, 1981, 13-14, pp. 20 s.; Diz. encicl. Bolaffi, III, p. 405.