CONTARINI, Giovanni
Figlio di Pietro di Leonardo, nacque a Venezia verso la fine del sec. XIV dal ramo detto di S. Maria Formosa della antica famiglia patrizia. Ignoriamo la data esatta della sua nascita per il silenzio osservato in proposito dalle fonti: non ci sovvengono, infatti, né i repertori genealogici, né i registri dell'Avogaria di Comun, presso la quale venivano depositate le domande dei giovani nobili per l'ammissione anticipata in Maggior Consiglio mediante l'estrazione della Balla doro. Solo negli ultimi anni risulta abitasse - come il padre e l'avo Leonardo - nel "confinio" di S. Maria Formosa; per la maggior parte della sua vita ebbe infatti residenza nella contigua contrada dei Ss. Giovanni e Paolo.
Fra i numerosi omonimi coevi, almeno due dei quali con identico patronimico (Giovanni di Pietro di Marco da S. Silvestro e Giovanni di Pietro di Paolo da S. Maria Zobenigo), la biografia del C. si va delineando con chiarezza solo dal 1419, anno della sua nomina a podestà di Chioggia.
Con maggiore incertezza lo si può identificare con uno dei tre "sindici in Padua", cui si riferisce una sentenza registrata il 28 marzo 1418 nelle "raspe" dell'Avogaria di Comun; o con uno dei quindici nobili nominati dal Senato il 28 giugno dello stesso anno per "conzar la terra per el far delle gravezze", per stabilire cioè l'imponibile per una tassazione straordinaria per provvedere alle spese della guerra per la conquista dei Friuli. A invece probabilmente da escluderne l'identificazione con un Giovanni Contarini capo di Quarantia nell'ottobre del 1419, nel gennaio del 1421 e ancora nel marzo del 1422, poiché l'alta carica era, di norma, prerogativa di quanti si trovavano ad uno stadio più avanzato del cursushonorum, la cui trafila iniziava preferibilmente - come nel nostro caso - con incarichi nei più prossimi domini in Terraferma.
Sicuro parrebbe anche il conferimento dell'incarico di podestà, nel 1423 a Verona e nel 1428 a Padova, città entrate a far parte dei possessi della Repubblica veneziana dal 1405.
In mancanza di notizie circostanziate sulla prima attività politica svolta dal C. desumibili da una serie archivistica fondamentale per la determinazione delle cariche pubbliche quale il "segretario alle voci" conservata come è noto per il secolo XV solo in modo frammentario, la podesteria veronese è attestata, fra l'altro, da una "parte" del 5 novembre 1429, con cui il Senato, su proposta dei membri dei Minor Consiglio "excepto ser Petro Contareno" - che probabilmente si asteneva perché padre del rettore in carica -, concedeva al C. suo podestà a Verona un finanziamento per restaurare il palazzo in cui risiedeva, e il muro dell'annesso "viridarium".
Fra le due destinazioni si colloca una rilevante missione diplomatica da lui svolta a Roma. Eletto in Senato il 5 febbr. 1427 per sostituire come oratore della Repubblica presso la Sede apostolica l'uscente Andrea Morosini, fu affidato al C. l'incarico di sostenere alla presenza del pontefice Martino V le ragioni di Venezia e della sua alleata Firenze nella guerra in corso contro il duca di Milano, Filippo Maria Visconti. A Roma, due mesi più tardi, lo raggiunse Santo Venier, ambasciatore straordinario; di concerto con i legati fiorentini a Roma entrambi si adoperarono nel riformulare le accuse della lega contro il nemico, che affermavano essere "ad nihil aliud additum... quani ad guerram" e restio ad accogliere le proposte di pacificazione prospettate dalla S. Sede attaverso il cardinale di Santa Croce. Nel corso della sua legazione il C. propose, inoltre, al papa l'ingresso nella lega antiviscontea.
L'esperienza acquisita nella missione romana gli valse, al suo ritorno, l'elezione da parte del Maggior Consiglio al Consiglio dei cento, istituito specificamente per seguire le vicende della guerra contro il duca di Milano. Si era reso necessario infatti. nel dicembre del 1427, integrare con nuovi membri il Consiglio stesso a causa dell'epidemia di peste che desolava allora Venezia.
Cariche pubbliche ancor più impegnative il C. ebbe a ricoprire a partire dal 1430. Fu in quell'anno infatti consigliere dei Dieci, avvicendandosi più volte negli incarichi interni a quell'organo: uno dei tre capi per il mese di maggio, fece parte alternativamente degli Inquisitori e dei Collegio - le due commissioni con funzione istruttoria - nei mesi di maggio, giugno, agosto e settembre. Nel 1431, probabilmente troncando dì poco la permanenza fra i Dieci ("essendo consigliero" dicono le fonti), venne nominato luogotenente alla Patria dei Friuli. La regione era allora minacciata dagli Ungheresi, aizzati quell'anno contro la Repubblica dal duca di Milano. Tre: volte nel corso del mese di ottobre - il giorno 15, il 23 e il 30 - il Senato inviò al C. e al provveditore Francesco Loredan, che gli era stato affiancato, direttive sul modo di organizzare la difesa e la resistenza contro l'attacco oramai prossimo degli avversari, giunti fino all'Isonzo. Il 2 novembre infine, invasa la Patria, il Senato deliberò che lo stesso capitano generale Carmagnola - sulla cui condotta politica peraltro già pesavano forti sospetti - fosse d'urgenza inviato dalla Lombardia in Friuli; ove alla fine di quel mese, presso l'abbazia di Rosazzo, le forze veneziane sconfissero i nemici cacciandoli dalla regione.
"Contumace" per un anno, secondo la norma veneziana, dal Consiglio dei dieci il C. tornò a sedervi nel 1432, prendendo parte, fra l'aprile e il maggio, al processo che si concluse con la condanna a morte dei conte di Carmagnola. Eletto nel dicembre ambasciatore al pontefice in sostituzione dell'uscente Andrea Donà, il C. chiese ed ottenne di essere esonerato dall'incarico "defectu persone". Non si sottrasse invece, pochi mesi più tardi, nell'agosto del 1433, ad un altro incarico, di rappresentanza oltre che diplomatico, cui venne chiamato dal Senato: quello di far parte della solenne ambasceria, che doveva accompagnare attraverso i territori del dominio veneziano l'imperatore Sigismondo proveniente da Roma - ove era stato incoronato da papa Eugenio IV Condulmer - e diretto al concilio di Basilea.
La Repubblica aveva già fatto avere a Sigismondo, tramite Andrea Donà, diecimila ducati d'oro perché l'imperatore potesse recarsi al concilio per tutelarvi le parti della Chiesa e del papa veneziano. La sontuosità del corteo ora predisposto corrispondeva all'importanza del personaggio e al rilievo degli interessi politici in gioco. I dodici oratori componenti la delegazione partirono alla volta di Bologna il 1° settembre "molto ben vestidi e ben in ponto de bela fameia"; li seguivano "ventiquattro zoveni zentilhomeni..., cinque donzelli e sette ragazi da stalla per cadauno", e ancora "unum notarium cum uno famulo, unum expensatorem, unum senescalchum et unum cochum".
Incontratisi con l'imperatore a Ferrara, lo scortarono fino a Trento ove il 3 ottobre, a conclusione della missione, alcuni nobili della delegazione - fra cui il C. - ricevettero le insegne di cavaliere. È infatti con la designazione di "miles" che ritroviamo nei mesi di novembre e dicembre del 1433 il nome del C. compreso fra quelli dei sei consiglieri del doge. Il 24 gennaio dell'anno seguente per l'ultima volta i registri del Maggior Consiglio ricordano una sua iniziativa legislativa assieme agli altri consiglieri. Lo scomparire improvviso dalla documentazione posteriore del nome dei C., che in modo avaro ma abbastanza continuativo le fonti d'archivie, e cronachistiche avevano lasciato intravvedere, non può non coincidere con la morte di lui. Di questo evento, comunque, non è dato che, fissare la data post quem.
Alla fisionomia pubblica dell'uomo politico qualche tratto più personale viene aggiunto dal testamento, redatto di propria mano dallo stesso C. il 18 giugno 1432. In esso nominava suoi esecutori testamentari, accanto alla moglie Bianca, i propri fratelli Nicolò e Leonardo (podestà a Verona e a Padova, luogotenente a Udine, consigliere e infine procuratore di S. Marco il primo, che morì nel 1464; capitano delle galee per Beirut e la Fiandra, rettore a Verona, Padova, Udine e Brescia, consigliere, avogador di Comun e savio di Terraferma il secondo, vissuto fino al 1470). Privo di discendenti diretti, eleggeva credi dei suoi beni - fra cui una casa "da stazio" a S. Maria Formosa e un'altra abitazione a Chioggia - i due fratelli. Raccomandava loro la buona intesa con la moglie alla quale lasciava, oltre alla rendita della dote - 1.300 ducati d'oro depositati agli Imprestiti - due delle sue schiave, in seguito da affrancare, vesti, anelli e gioie, arredi e "fornimenti... chonvenienti al suo onor et chondizion". Destinava, inoltre, ad altri congiunti varie somme per lo più investite agli Imprestiti: 200 ducati ciascuna alle tre sorelle Marina vedova di Francesco Foscarini, Maria moglie di Michele Soranzo e Contarina moglie di Andrea Dandolo; l'interesse vitalizio di 500 ducati ad un'altra sorella, Madaluzia, ed altrettanto alla sorella naturale, Marina, ricordando anche la nipote Chataruzia, figlia naturale di un terzo fratello defunto, Giacomo e un figlioccio, Giacomo anch'egli, abitante a Chioggia. Fra i vari lasciti con cui beneficava poveri, prigionieri, conventi e monasteri veneziani, 25 ducati d'oro erano assegnati alla scuola di S. Maria della Misericordia, di cui era confratello; 50 ducati d'oro ancora volle fossero dati "con destro modo" al Comune di Venezia per i casi in cui gli fosse avvenuto - scriveva - di "manchar de far el mio dover".
Chiedeva infine chesi provvedesse alla sua sepoltura ai Ss. Giovanni e Paolo in modo adeguato alla sua condizione, "con honor de misser Dominedio et de chasa nostra".
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. Codd., I, Storia veneta, 17-26: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbari de' patritii veneti, III, c. 521; Ibid., Misc. Codd., III, Codd. Soranzo, 31-34: G. A. Cappellari Vivaro, Il Campid. veneto, I, c. 794; Ibid., Maggior Consiglio. Deliberazioni, reg. 22 Ursa, cc. 96v, 97-98; Ibid., Maggior Consiglio. Grazie, reg. 22, c. 110; Ibid., Collegio. Notatorio, reg. 6, cc. 127, 129; Ibid., Senato. Deliberaz. miste, reg. 54, cc. 156, 162v; reg. 57, c. 76; reg. 58, c. 169v; Ibid., Senato. Deliberaz. secrete, reg. 10, cc. 16, 24v, 25, 34v, 37-38, 50rv, 52v; reg. 12, cc. 28v, 30v, 31, 32, 34, 145v, 192; Ibid., Consiglio dei Dieci. Deliberaz. miste, reg. 11, cc. 3-5, 7, 7v, 39v, 42-44v, 83, 83v, Ibid., Avogaria di Comun. Raspe, reg. 3647, cc. 57, 57v; Ibid., Giudici di Perizion. Sentenze a interdetti, reg. 6, c. 1; Ibid., Podestà di Chioggia, b. 6, reg. 29; Ibid., Luogotenente alla Patria del Friuli, b. 5, regg. Liber sententiarum in causis appellationum et testificationum tempore regiminis magnifici domini Iohannis Contareno. 1431, Quaternus protectionum..., Registrum litterarum, Quaternus secundus appellationum, Quaternus secundus protectionum, Criminalium primus, Criminalium secundus;Ibid., Notarile. Testamenti, b. 486, Notaio Gibellini Francesco, n. 22; Ibid., Scuola Grande di S. Maria della Misericordia, b. 129, reg. Testamenti, c. 39v; Venezia, Bibl. naz. Marciana: Mss. It., cl. VII, 2048-2049 (= 8331-8332): A. Morosini, Cronaca veneta... , II, 2, cc. 843, 1552, 1553, 1558, 1566; Ibid., Mss. It., cl. VII, 1274-1275 (= 9274-9275): G. Zancaruolo, Cronaca veneta, II, cc. 1494, 1547, 1556; Ibid., Mss. It., cl. VII, 794 (= 8503): G. Dolfin, Cronaca veneta..., cc. 307, 360v, 366v; Ibid., Mss. It., cl. VII, 169 (= 8186): P. Gradenigo, Ambasciatori veneti, c. 73; Ibid., Mss. It., cl. VII, 198 (= 8383): Registro dei reggimenti, cc. 1, 14, 84, 101; Ibid., Mss. Lat., cl. XIV, 188 (= 4673): A. Gatari, Descriprio itineris legatorum Venetorum ad Concilium annis 1433-1435..., cc. 3, 4; Venezia, Bibliot. del Civico Museo Correr: Cod. Cicogna, 3781: G. Priuli, Preziosi frutti del Maggior Consiglio, I, c. 175v; Ibid., Cod. Cicogna, 2326: M. Contarini, Della famiglia de cha' Contarini, cc. 111, 140v; M. Sanuto, Vitae ducum Venetorum, in Rer. Ital. Script., XXIII, Mediolani 1733, col. 1033; Relaz. dei rettori veneti in Terraferma, I, La Patria del Friuli, Milano 1973, p. LIX; IV, Podestaria e capitanato diPadova, ibid. 1975, p. XLIX; IX, Podestaria e capitanato di Verona, ibid. 1977, p. LXXIX; M. Sanuto, De origine, situ et magistrat. urbis Venetae.... a cura di A. Caracciolo Aricò, Milano 1980, p. 194; N. Doglioni, Hist. venetiana..., Venetia 1598, p. 320; G. Degli Agostini, Notizie istor. critiche intorno la vita e le opere degli scritt. veneziani..., Venezia 1752-1754, I, p. 152; II, p. 68; A. Gloria, Dei Podestà e capitani di Padova dal 1405 al 1509..., Padova 1860, p. 19;F. Di Manzano, Annali dei Friuli, Udine 1879, VII, p. 31.