CONTI, Giovanni
Terzogenito di Pietro, figlio di Giovanni di Poli, e di Giacoma, figlia di Ottone Colonna, nacque nella seconda metà del secolo XIII. Suoi fratelli maggiori furono Stefano, signore di Lunghezza e senatore di Roma sotto Clemente V e Giovanni XXII, e Francesco.
Mancano notizie sicure sui primi anni del C. e sui suoi studi. Entrato nell'Ordine dei domenicani, sembra che abbia svolto il suo noviziato nel convento di Viterbo. Sembra anche che abbia studiato a Parigi e sia stato lettore a Orvieto e a Siena: ma mancano elementi per precisare le date della sua permanenza in queste città. La prima notizia certa sul C. risale al 1290, quando venne eletto provinciale di Roma. Nel 1294 Celestino V dispose che il C. continuasse a ricoprire quella carica fino alla separazione della provincia napoletana da quella di Roma. La separazione avvenne nel 1296, ma il C. restò provinciale fino al capitolo domenicano di Venezia nel 1297.
Nel 1299 venne nominato da Bonifacio VIII arcivescovo di Pisa. La nomina appare un'abile mossa diplomatica dei pontefice che, dimostrando il proprio favore alla famiglia Conti, cercava di evitare l'adesione della stessa alla famiglia, Colonna con cui era imparentata. Il C. fu consacrato in Curia dal cardinale Matteo d'Acquasparta e ricevette il pallio dal cardinale Matteo Orsini.
Sull'attività del C. a Pisa abbiamo numerose notizie, che sì riferiscono soprattutto alla cura da lui dimostrata nell'amministrazione dei beni dell'episcopato (cfr. Zucchelli). Si deve, inoltre, ricordare che il 5 dic. 1299 il pontefice gli inviò una lettera per autorizzarlo, contro il disposto della bolla Clericis laicos, a concedere al Comune di Pisa una moderata imposizione tributaria sul clero dela diocesi: un atto, questo dei papa, chiaramente distensivo nei riguardi del Comune pisano e volto a migliorarne i rapporti con la S. Sede. Il 1° marzo 1300, Poi, il C. ricevette da Bonifacio VIII l'incarico di assegnare una prebenda ad un canonico di Pisa che era stato privato dei suoi benefici. L'11 aprile dello stesso anno, sempre dietro ordine del pontefice, il C. consacrò vescovo di Terralba in Sardegna il suo confratello e priore dei domenicani di Pisa, Ottone, e da lui ricevette il giuramento. Sempre nel corso dei 1300 il C. inviò a Bonifacio VIII una supplica per ottenere la reintegrazione dei benefici della mensa episcopale dai quali aveva dovuto separare la prevostura di S. Pietro per assegnarla a Benedetto Caetani. Il papa gli rispose il 29 genn. 1301 concedendogli il monastero camaldolese di S. Zenone a Pisa, con l'obbligo di destinare parte delle entrate alla celebrazione dei servizi religiosi. Nel 1301, infine, il C., dietro autorizzazione del papa, permutò beni che la Chiesa pisana aveva in altre diocesi toscane con terre più vicine alla città.
Il C., dunque, mantenne con Bonifacio VIII ottimi rapporti. Dopo la morte di Bonifacio VIII, godette della protezione del pontefice regnante. Nel 1307 il C. fu incaricato da Clemente V di recarsi ad Aquileia per esaminare il problema dei tempiari in quella diocesi (Zucchelli). L'8 novembre dello stesso anno il pontefice gli affidò il compito di curare a Roma l'esecuzione della bolla emessa in favore del cardinale Pietro Colonna (cugino del C.), il quale aveva ricevuto la diaconia di Sant'Angelo e l'amministrazione della basilica lateranense.
Il 10 maggio 1312, poi, Clemente V trasferì il C. al più ricco arcivescovato dell'Oriente latino, quello di Nicosia. Per alcuni anni il C. non prese possesso della sua nuova sede. Dopo la nomina, propose al pontefice di poter assegnare la metà delle entrate della diocesi cipriota allo zio Giacomo Colonna il quale, pur essendo stato reintegrato tra i cardinali, non aveva ancora ricevuto un diaconato. Come risulta dalla lettera inviata dal papa al Colonna in data 8 febbr. 1314, Clemente V accettò, ma stabilì che la somma da assegnare al cardinale non potesse comunque superare i 5.000 fiorini. Nel dicembre 1318 troviamo, poi, il C. ad Avignone: qui, in qualità di procuratore della madre e del fratello Stefano, vendette alcune case e terre lasciate in eredità dal padre e site a Roma e nei pressi della città. Solo nel 1319 si imbarcò per Cipro. Il 31 agosto di quell'anno sbarcò a Famagosta e il 6 settembre fece solenne ingresso a Nicosia.
Il C. svolse un ruolo influente nella politica del piccolo regno cipriota. Instaurò ottimi rapporti con re Enrico II e dopo la morte di questo, avvenuta il 30 marzo 1324, con il successore Ugo IV di Lusignano che egli incoronò il 15 aprile dello stesso anno. L'influenza politica del C. ebbe modo di manifestarsi in occasione degli accordi che il regno cipriota concluse con Venezia e con Genova. Dopo un lungo dissidio, nel 1318 Cipro e Genova si erano accordate per una tregua: giungendo nell'isola, il C. recava l'incarico del papa di adoperarsi per trasformare la tregua in pace definitiva. Il C. riuscì a mantenere in piedi le trattative tra i due contendenti e ad evitare che i Ciprioti le abbandonassero, per protesta contro il sostegno genovese ai pirati che danneggiavano il commercio isolano. Non riuscì, però, a far concludere un trattato di pace in breve tempo: solo nel 1329, infatti, i due contendenti addivennero ad un accordo definitivo. Più facili erano, invece, i rapporti tra Cipro e Venezia: nel 1328 il C. predispose il testo dei trattato di amicizia tra i due, trattato che tendeva a rinnovare i numerosi benefici di cui allora godevano i Veneziani nell'isola.
L'episcopato cipriota dei C. è, inoltre, noto perché a lui si deve la redazione del primo Chartularium S. Sophiae, la raccolta e trascrizione cioè, degli atti conservati presso la cattedrale di Nicosia relativi agli anni 1195-1292. Il C. dispose l'esecuzione di quest'opera nel 1322 e curò personalmente lo svolgimento dei lavori.
Intensa fu anche la sua attività episcopale. Tra il 1320 e il 1325 promulgò numerose costituzioni disciplinari: impose ai chierici una rigorosa condotta di vita e vietò loro tra l'altro, di partecipare ad attività commerciali; difese l'integrità dei benefici ecclesiastici e minacciò di scomunicare coloro che illegittimamente se ne fossero appropriati; vietò l'accesso nei monasteri a laici e chierici privi di speciale autorizzazione arcivescovile. Il C., inoltre, proseguì i lavori di ampliamento della chiesa di S. Sofia iniziati sotto i suoi predecessori e consacrò i nuovi edifici i 14 nov. 1326. Particolare cura, infine, egli dedicò all'assistenza delle popolazioni più povere dell'isola: al riguardo numerose sono le testimonianze lasciate dal lontano cugino dei C., Giovanni Colonna, l'umanista amico del Petrarca, che fu suo cappellano a Nicosia. Nel novembre 1330 l'isola di Cipro fu sconvolta da violenti nubifragi: il C. apri le chiese alle popolazioni colpite dalla calamità e distribui loro il frumento conservato nei granai dell'arcivescovato.
Il C. morì a Nicosia il 1° ag. 1332.
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