CORSINI, Giovanni
Figlio di Tommaso di Duccio, giureconsulto e figura di primo piano del Trecento politico, civile e culturale fiorentino, e di Ghita di Filippo di Lando degli Albizzi, nacque dopo il 1330.
Il padre, influente non solo in patria ma anche presso la Curia pontificia, fu il protagonista del momento di massimo splendore della sua consorteria, e i suoi figli, in particolare Pietro (m. 1405) e Filippo (1334-1421) raccolsero la sua eredità di prestigio, il primo come vescovo di Volterra, poi di Firenze, ed infine elevato alla porpora cardinalizia, il secondo come capo riconosciuto della famiglia e membro tra i più autorevoli della classe dirigente fiorentina della seconda metà del Trecento e dei primissimi anni del Quattrocento.
Il C., meno noto dei fratelli, fu tuttavia a sua volta un personaggio di rilievo. Matteo di Niccolò Corsini, nelle sue Ricordanze domestiche, fa un brevissimo accenno al cugino: "... stette gran tempo a Rodi, e là morì, et fecelo chavaliere i re di Francia..." (Libro delle ricordanze, p. 4).
Sulla presenza del C. a Rodi - che certamente dovette prolungarsi per molti anni - non abbiamo testimonianze precise che ci consentano di conoscere con esattezza l'attività da lui svolta.
La tradizione erudita fiorentina, con a capo il Passerini, sembra non nutrire dubbi sul fatto che il C. abbia militato tra le fila dei cavalieri di S. Giovanni. Secondo il Gamurrini, che affronta con maggior dovizia di particolari l'argomento, egli sarebbe stato ricevuto all'Ordine nel 1365; ma la sua testimonianza, per quanto solitamente accurata, lascia adito a qualche perplessità. Mancano, peraltro, precise testimonianze, al di là della tradizione, della milizia giovannita del C., e appare preferibile ritenere che la sua presenza a Rodi non fosse estranea agli interessi mercantili dei Fiorentini nell'isola; interessi che già dal 1310 avevano avuto modo di svilupparsi all'indomani del forte impegno di capitali con cui i banchieri cittadini della Curia avevano sostenuto la sottrazione di questa roccaforte ai Turchi. Dopo il fallimento delle grandi compagnie, che avevano tenuto in Rodi propri fattori, alcuni fiorentini vi erano rimasti per espletare attività economiche più o meno legate ai giovanniti ed è nel loro numero che va collocata la figura del Corsini. L'impressione che infatti si ricava dai pochi documenti che concernono la sua attività è che egli esercitasse mansioni tra il diplomatico, il militare e il mercantile all'ombra della protezione pontificia e nel giro di influenti relazioni ecclesiastiche legate alla figura ed alla dignità del fratello Pietro.
Il Passerini, forse a conoscenza di documenti che noi ignoriamo, ce lo presenta più volte, senza tuttavia darci la possibilità di riscontro, nelle vesti di ambasciatore sia al re di Cipro "per interesse della corte greca e del Papa", sia all'imperatore di Costantinopoli Giovanni Cantacuzeno. Queste notizie, ammesso che possano essere in qualche modo attendibili, situano l'attività del C. in Oriente fra il 1350 e il 1375, periodo in cui, sempre secondo il Passerini (ma confermato anche da un documento del 1391 riportato dal Gamurrini), avrebbe ricoperto per volontà del basileus la dignità di gran siniscalco del regno d'Armenia. La complessa situazione politica dell'impero bizantino in quegli anni e le ancor più travagliate vicende politiche di quella, singolare enclave cristiana che fu il regno della Piccola Armenia oramai alla fine della sua esistenza, nel 1375, con l'ultimo sovrano Leone VI di Lusignano - non ci consentono di verificare l'effettiva posizione del C. in quel delicato settore del Mediterraneo.
È probabile, comunque, che dopo il 1371 egli agisse nell'ambito della crociata che Gregorio XI aveva cominciato ad organizzare a partire da quell'anno. Perciò non stupisce incontrarlo come coadiutore di Guglielino, cardinale diacono di S. Angelo, nella legazione inviata dal papa il 4 febbr. 1374 al doge Domenico Fregoso e agli Anziani di Genova "super negociis ultramarinis" (Lettres, n. 3275). Secondo il Passerini il C. nel 1374 avrebbe dovuto trovarsi in Italia a disposizione del pontefice, come capitano del Montile. Sta di fatto che in questo stesso anno lo incontriamo nelle lettere di Gregorio XI, raccomandato dalla regina Giovanna di Napoli - anch'essa coinvolta nei tentativi pontifici di crociata, come già lo era stata al tempo di Ugo IV di Lusignano - per un "negocio unionis de aliquibus galeis tenendis contra incursus turchorum" (Lettres, n. 3525, 15 ottobre).
La mobilitazione crociata che Gregorio stentatamente cercava di mettere assieme attraversa con regolarità l'attività del C. e la sua presenza in Rodi, dove, sempre nel 1374, a riprova di una sua non modesta influenza, otteneva in feudo dal gran maestro dell'Ordine, Robert de Jully (o de Julliaco) una grossa fetta dei beni giovanniti nell'isola (Luttrel), "propter laudabilia servitia", come giustificherà Roberto, "per vos nobis et nostre religionis impensa, et quae spéramus - Deo dante - adhuc impendere" (Gamurrini). Questa concessione, che prevedeva un rinnovo trentennale, comprendeva, nella città e castello di Rodi, molti dei beni che erano un tempo appartenuti ai Peruzzi, ed era estesa anche agli eredi del C., nati dalla moglie Nicoletta.
Questa sorta di passaggio di proprietà dai Peruzzi a un membro autorevole della famiglia Corsini ci conforta nell'opinione che, utilizzando saggiamente le conoscenze e le aderenze del fratello non solo in Avignone ma anche in Firenze - con la sua città manteneva rapporti privilegiati grazie alla influente amicizia col cugino Maso degli Albizzi, col quale per lungo tempo intrattenne una corrispondenza segreta -, il C. poté, inserendosi nel complesso meccanismo diplomatico-militare della crociata in allestimento, ricavare i suoi onori ed utili; questo, nel caso dell'infeudamento dei beni di Rodi, grazie anche alle condizioni economiche in cui versava l'Ordine, logorato dalle continue spese di guerra.
Nel 1377 il C. prendeva parte alla più volte progettata e rinviata spedizione difensiva nel ducato catalano d'Atene, che i cavalieri di S. Giovanni intendevano difendere dai Turchi, ed in questa occasione ottenne dal pontefice, insieme con altri fiorentini che militavano nell'Ordine, una sorta di personale esenzione dall'interdetto che insieme con la Firenze della guerra degli Otto santi, aveva colpitotutti i suoi cittadini dispersi nel mondo (si deve ricordare, peraltro, che anche il fratello Filippo ottenne a Firenze la medesima immunità).
Nel 1377 il C. utilizzò ancora le aderenze di cui godeva presso papa Gregorio - che di lì a poco sarebbe morto -, ottenendo una di quelle ricercate quanto costose licenze di commercio con gli infedeli di cui la Curia avignonese aveva ormai istituito un vero e proprio mercato. Il pontefice, infatti, lo autorizzò ad instaurare rapporti mercantili con Alessandria (Trexler).
Nell'80, oramai in pieno scisma, il C. non sembra aver perduto terreno nel suo feudo insulare; forse altri "laudabilia servitia" prestati all'Ordine, come aveva auspicato nel 1374 il gran maestro Roberto, gli fruttavano un incremento dei suoi beni nell'isola (Luttrel) e l'anno successivo egli sarebbe stato in grado di far prestiti all'Ordine. Secondo il Passerini a quest'epoca il C. avrebbe addirittura retto Rodi col titolo di governatore e di commendatario dell'Ospedale Maggiore di Gerusalemme.
In occasione di un suo soggiorno costantinopolitano il C. si procurò grande merito presso i suoi concittadini accettando dall'imperatrice il dono di varie reliquie, tra cui le più prestigiose erano una parte della tunica del Cristo e l'altra, particolarmente cara a Firenze, un dito - il pollice - del Battista. Nell'aprile del 1391 faceva autenticare le reliquie dal patriarca greco di Costantinopoli (documento relativo in Gamurrini) e quindi le donava al fratello cardinale, il quale a sua volta le avrebbe offerte alla cappella dì S. Lorenzo martire (o della Croce) da lui istituita nella cattedrale fiorentina.
Non sappìamo quanto, nel suo pellegrinare, risiedé a Firenze; nel gennaio 1381, quando si provvide a sostituire i nomi dei cittadini "imborsati" per le magistrature, all'indomani dell'insurrezione dei Ciompi, il C. compare tra gli eleggibili del gonfalone della Ferza nel quartiere di S. Spirito (Delizie d. eruditi..., XVI, p. 127). Questo tuttavia non implica la sua presenza in città. Negli anni precedenti sono talvolta documentate le sue assenze, quando il fratello Filippo agisce come procuratore in suo nome nella vendita di terreni (Libro di ricordanze). Sappiamo, dalla già ricordata testimonianza di Matteo di Niccolò, che fu fatto cavaliere dal re francese (ibid.) forse, come osserva il Passerini, "in benemerenza dei servigi militari" prestati a Carlo V. Tuttavia di questo suo trascorso francese non abbiamo altra testimonianza.
Ancora da Matteo, ma più dettagliatamente dal testamento del fratello Pietro (Gamurrini), sappiamo che il C. morì a Rodi ove, in ossequio alla preferenza familiare per l'Ordine degli agostiniani, aveva istituito nel convento locale di questi eremiti una cappella dedicata a S. Caterina, nella quale il suo corpo fu tumulato.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, ms. 171: Cittadini descritti per quartieri nel 1381-1391, Quartiere di S. Spirito, Gonfalone Ferza; Firenze, Bibl. Riccardiana, Cod. Ricc., 2499, c. 187v; Delizie degli eruditi toscani XVI, Firenze 1783, p. 127; Lettres sécretes et curiales du pape Grégoire XI (1370-1378) relatives à la France, a cura di L. Mirot-H. Jassemin, Paris 1935, nn. 3275, 3525; Il Libro di ricordanze dei Corsini, 1362-1457, a cura di A. Petrucci, Roma 1965, in Fonti per la storia d'Italia, C, pp. 4, 25 s.; E. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane e umbre, II,Firenze 1673, pp. 152-15,6; D. M. Manni, Osservazioni istoriche sopra i sigilli antichi dei secoli bassi, Firenze 1739, III, p. 44; F. Tiribilli Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri toscane, I,Firenze 1855, p. 3; L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia Corsini, Firenze 1858, pp. 66 s.; A. Luttrel, Interessi fiorentini nell'economia e nella politica dei Cavalieri ospedalieri di Rodi nel '300, in Ann. della Scuola norm. sup. di Pisa, XXVIII(1959), pp. 317-26; R. TrexIer, The spiritual power. Republican Florence under Interdict, Leiden 1974, pp. 99-112.