COSTEO (Costa), Giovanni
Nacque a Lodi nel 1528 da famiglia nobile di Casalborgone (Torino). Nulla risulta della sua giovinezza e dei suoi studi: le prime notizie risalgono al 1565, quando pubblicò a Venezia un Tractatus de venarum meseraicarum usu, in cui sostiene che le vene mesenteriche non attraggono il chilo, ma solo il sangue che nutre la parte inferiore del corpo, e al 1568, quando iniziò ad esercitare medicina all'ospedale maggiore di Lodi, con un compenso annuo di 60 ducati. Nel 1570 fu chiamato dal duca Emanuele Filiberto ad insegnare medicina teorica ordinaria all'università di Torino, e qui rimase per un decennio, in qualità anche di medico personale del duca, paziente poco docile alle cure e alle diete e sofferente di fegato e di renella.
La carriera universitaria del C. progredì regolarmente fino alla morte del duca: dai 300 scudi iniziali giunse ai 400 del 1578, mentre il suo successore, G. B. Femelli, non ne ebbe che 250. È vero che dal 1571 assunse anche l'incarico di semplicista senza stipendio; il favore del duca comunque non gli venne mai meno, anche se si trovò a volte al centro di polemiche sul suo operato (in una di esse fu difeso dal giovane figlio Giovanni Francesco).
Nel 1580, morto il duca, il C. accettò la ricca offerta di Ippolito Aldobrandini, il futuro papa Clemente VIII, e si trasferì all'università di Bologna ad insegnare medicina pratica ordinaria (dal 1593 teorica ordinaria), fino al 1598, anno dal quale il suo posto non risulta coperto da nessuno per almeno un trentennio. Fu questo un periodo ricco di studi e di amicizie d'alto livello: fu in corrispondenza con Giusto Lipsio e con l'Aldrovandi, che doveva conoscerlo già da tempo se diede al Senato bolognese il suo parere favorevole alla lettura del Costeo. La sua passione per la botanica, pur non giungendo nelle sue opere a risultati di notevole originalità, lo spingeva nei dintorni di Venezia e di Padova alla ricerca di piante e semi, che spesso inviava all'Aldrovandi. A Bologna morì nel 1603 e fu sepolto nella chiesa delle monache di S. Agnese, dove il Comune di Lodi fece porre una lapide a ricordo dell'illustre concittadino.
Tra le numerose opere del C. nessuna ha lasciato orme profonde nella storia della medicina e della botanica, e ciò spiega i giudizi critici di Haller, Sprengel, Eloy, Meyer e di altri storici della medicina, anche italiani; tuttavia si possono considerare manuali generali e opere di consultazione ricche di utili precetti, che ebbero una certa diffusione. Tra tutte la più significativa è certo De universali stirpium natura libri duo, Augustae Taurinorum 1578, ampio volume dedicato a Emanuele Filiberto e a Carlo Emanuele di Savoia, che dimostra la fede peripatetica del Costeo.
È diviso in due libri che seguono lo stesso ordine espositivo. Nel primo, di cinquantatré capitoli, tratta dell'essenza, delle parti, delle differenze dei vegetali, attraverso un'analisi piuttosto esteriore. Criteri distintivi sono infatti gli odori, i sapori, i colori, le variazioni al tatto, le differenze di fibra, il legno, le foglie, le malattie da cui le piante sono affette. Distingue poi le parti principali e quelle secondarie di esse, le differenze dovute al suolo, all'alimentazione, alla germinazione, alla generazione, riferendosi anche ai rapporti delle piante fra loro o con alcuni animali. Precede una lunga esposizione sull'anima vegetale, che poggia sull'autorità di Teofrasto e di Platone, ma soprattutto di Aristotele. Il secondo libro, di sessantatré capitoli, ricerca le cause della diversa natura delle stirpi vegetali nella generazione, spontanea o no, manifesta o nascosta, nella natura del suolo, nella vicenda stagionale, nella crescita. Il taglio dell'opera risente del modello, l'opera di Teofrasto, di cui vuol essere una revisione, anche nel lessico botanico.
Tra le opere successive, Disquisitionum physiologicarum in primam primi canonis Avicennae sectionem libri sex, Bononiae 1589, è un compendio di medicina generale di cinquecentottantuno pagine, diviso in sei parti che trattano la definizione stessa di medicina, gli elementi, le complessioni, gli umori, l'anatomia del corpo umano (dalle ossa ai nervi ai muscoli), facoltà e virtù (naturali e spirituali, vitali e animali) del corpo. Il trattato prende a modello Avicenna, a dire del C. più completo dello stesso Galeno. Seguirono De igneis medicinae praesidiis libri duo, Venetiis 1593, sulle cauterizzazioni; De lactis serique natura, Bononiae 1595; De humani conceptus formatione, motus et partus tempore, ibid. 1596, Papiae 1604; Tractatus de potu in morbis, Papiae 1604; Liber de morbis puerorum et mulierum, Bononiae 1604.
Al C. si devono pure vari commenti ai medici arabi Avicenna (Libri in re medica omnes qui hactenus ad nos pervenere, Venetiis 1564; Adnotationes in Avicennae canonem, ibid. 1595; Canonis libri V, ibid. 1608) e Mesué (Opera, ibid. 1568, 1570, 1581, 1623; In I. Mesuae simplicia et composita cum eiusdem Antidotarii adnotationes, ibid. 1602). Postuma, a cura del figlio Giovanni Francesco, apparve Miscellaneorum dissertationum decas prima, Patavii 1658.
Fonti e Bibl.: C. Gesneri Bibl. instituta et collecta, Tiguri 1583, p. 452; La ghirlanda della contessa A. B. Beccaria, a cura di S. Guazzo, Genova 1595, pp. 305 s.; G. N. Alidosi, Li Dottori forastieri…, Bologna 1623, pp. 44, 87; J. A. Van der Linden, De scriptis medicis, Amstelodami 1637, p. 260; G. Ghilini, Teatro d'huomini lett., I, Venetia 1647, p. 80; F. Liceto, De Lucernis antiquorum reconditis, Utini 1653, p. 43; G. M. Koenig, Bibliotheca vetus et nova, Altdorfii 1678, p. 217; G. A. Mercklin, Lindenius renovatus, Norimbergae 1686, pp. 560 s.; P. Freher, Theatrum virorum erudit. clarorum, IV, Norimbergae 1688, p. 1313; J. Douglas, Bibliographiae anatem. specimen, Londinii 1715, p. 125; A. Riccoboni, De Gymnasio Patavino, in J. G. Graeve, Thesaurus antiquitatum et histor. Italiae, Lugduni Batavorum 1722, p. 86 c; J. A. Burnaldo, Bibliotheca botanica, Hagae Comitum 1740, p. 31; A. von Haller, Bibliotheca botanica, I, Tiguri 1771, p. 356; G. B. Molossi, Memorie d'alcuni uomini ill. della città di Lodi, II, Lodi 1776, pp. 100 s.; K. Sprengel, Geschichte der Botanik, I, Leipzig 1817, p. 378; L. Bellardi, Notizie relative alla facoltà medica della Univers. di Torino, Torino s. a. [1820], p. 14; G. G. Bonino, Biografia medica Piemontese, I, Torino 1824, pp. 265 s.; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, III, Napoli 1845, pp. 96, 281, 287, 304, 384, 424, 471, 520, 654, 679, 692, 707; T. Vallauri, Storia delle università degli studi del Piemonte, II, Torino 1846, pp. 42, 49; S. Mazzetti, Alcune aggiunte e correzioni, Bologna 1848, p. 377; G. A. Pritzel, Thesaurus literaturae botanicae, Lipsiae 1551, p. 70; E. Meyer, Gesch. der Botanik, IV, Koenigsberg 1857, pp. 418 s.; G. Vernazza, Diz. dei tipografi... in Piemonte, Torino 1859, p. 43; J. G. Graesse, Trésor de livres rares et précieux, II, Dresde 1865, p. 282; G. Oldrini, Storia della coltura laudense, Lodi 1885, pp. 172 s.; I rotuli dei lettori... dello Studio…, a c. di U. Dallari, II, Bologna 1889, pp. 209, 212, 215, 218, 221, 225, 228, 231, 235, 239, 242, 246, 249, 253, 256, 259, 262; P. A. Saccardo, La botanica in Italia, I, Venezia 1895, p. 58; L. Frati, Catalogo dei manoscritti di U. Aldrovandi, Bologna 1907, pp. s, 17, 24, 33, 141, 178; G. Carbonelli, Bibliographia medica Pedemontana, Romae 1914, pp. 117, 119, 165, 187, 421; M. Chiaudano, I lettori dell'Università di Torino ai tempi di Emanuele Filiberto, in Studi... nel IV centen. della nascita di Emanuele Filiberto, Torino 1928, pp. 63, 65, 67, 69, 71, 73, 75, 77; A. Besana, L'arte sanitaria lodigiana dal 1400 al '600, in Arch. stor. per la città e i comuni del circond. e della diocesi di Lodi, LV (1936), pp. 42-45, 48; Id., Contributi allo studio dell'arte sanitaria lodigiana, ibid., LVI (1937), pp. 98 s., 102, 104; L. Simeoni, Storia dell'università di Bologna, II, Bologna 1940, p. 251; M. BersanoBegey, Le cinquecentine piemontesi. Torino. Torino 1961, p. 160; Biographie univers. ancienne et moderne, X, Paris 1813, pp. 57 s.; Biographisches Lexicon der hervorragenden Ärzte..., II, pp. 98 s.