Giovanni Crisostomo
(gr. Χρυσόστομος «bocca d’oro») Padre della Chiesa, il più celebre degli oratori sacri (Antiochia fra il 344 e il 354 - Comana, Cappadocia, 407). Educato dal retore Libanio e nella religione cristiana dal vescovo Melezio e da Diodoro di Tarso, condusse per qualche tempo vita ascetica, come monaco e quindi anacoreta; tornato ad Antiochia, fu ordinato diacono (381) da Melezio e prete (386) da Flaviano; nel 397, alla morte di Nettario, la sua fama di predicatore (per la quale ebbe l’appellativo di Crisostomo, ossia «bocca d’oro») spinse l’imperatore Arcadio ad affidargli il patriarcato di Costantinopoli. Una serie di contrasti, tra cui quello con l’imperatrice Eudossia, fece sì che venisse esiliato (dopo la condanna da parte del ‘sinodo della Quercia’, dal nome di una villa imperiale dove si tenne nel 403) e infine esiliato in località inospitali. Dei numerosi scritti meritano di essere ricordati in partic. i tre libri Contro gli avversari della vita monastica, i sei del dialogo Sul sacerdozio e varie opere ascetiche (Sulla verginità, Contro coloro che tengono vergini coabitatrici, ecc.); i discorsi esegetici (sulle epistole di s. Paolo, sui Salmi, ecc.), in cui segue il metodo della scuola antiochena, morali (contro i teatri e i giochi del circo), Sui Misteri (per le grandi solennità) e apologetici (Contro gli Ebrei, Contro gli anomei, Sulla inconoscibilità di Dio); infine la copiosa corrispondenza. Come filosofo e teologo, G. è poco originale ma riecheggia – e trasferisce efficacemente nell’omiletica – temi della tradizione patristica greca e soprattutto della scuola antiochena. La personalità di G. è quella di un moralista, desideroso di riformare la vita cristiana, secondo l’ideale delle primitive comunità cristiane concepite nello schema del cenobitismo.