D'ACHIARDI, Giovanni
Nacque a Pisa, da Antonio e da Marianna Camici, il 25 apr. 1872; suo padre, il geniale autodidatta staccatosi dalla scuola geologica di G. Meneghini, deve essere giustamente annoverato, con A. Scacchi, Q. Sella, G. Struver, tra quei grandi scienziati che in Italia gettarono le basi della scienza mineralogica e litologica. Il figlio ne ereditò la profonda passione per gli studi naturalistici e sotto la sua guida diretta si laureò in scienze naturali, per divenire, subito dopo, appena ventenne, assistente ed aiuto in quell'istituto di mineralogia che proprio Antonio aveva creato, rendendolo uno dei meglio attrezzati d'Italia.
Nel 1899 il D. conseguiva per titoli la libera docenza in mineralogia; alla morte del padre, nel 1902, la facoltà di scienze dell'università di Pisa gli affidava l'incarico dell'insegnamento della mineralogia e la direzione dell'istituto. Pochi anni dopo veniva nominato, in seguito a concorso, professore straordinario alla cattedra di mineralogia già tenuta dal padre e, nel 1910, conseguiva l'ordinariato.
Uomo di grande rettitudine, sia umana sia scientifica, di indefessa laboriosità e di rigorosa probità, seppe ispirare sempre una profonda stima nei colleghi universitari e in tutti i cittadini di Pisa; ne fanno fede le numerosissime cariche e gli incarichi che gli furono affidati. Più volte l'università di Pisa lo volle come rettore, fino a che, nel 1927, fu destituito dalla carica perché non iscritto al partito fascista. E tuttavia, alla fine, le sue qualità seppero imporsi al di sopra di ogni altra considerazione, per cui, nel 1935, egli fu richiamato alla massima carica accademica, che conservò per quattro anni, fino a quando venne colpito dalla malattia che, dopo lunghi anni di sofferenze, doveva portarlo alla morte.
Nel 1934 il D. venne nominato anche senatore. Era inoltre socio di numerosi sodalizi scientifici e, per di più, ricopriva cariche importanti anche fuori del campo accademico e scientifico, quali, ad esempio, le presidenze di alcuni istituti di credito. Egli seppe far fronte a tutte queste più disparate attività, grazie ad una perfetta padronanza del proprio tempo: ogni ora, ogni giorno della sua vita erano inquadrati in un preciso piano di lavoro che egli puntualmente assolveva. Fu questa sua metodicità, unita ovviamente anche a doti di intelligenza non comuni, il segreto del suo successo in ogni campo.
La vasta attività di scienziato del D. è compendiata in ben centodieci pubblicazioni scientifiche, alle quali si aggiungono numerosi scritti di carattere divulgativo, relazioni ed altro. Il suo indirizzo fu prettamente naturalistico, il suo vasto campo di studio soprattutto i minerali e le rocce della Toscana. I suoi primi lavori, che iniziò ancora studente sotto la guida del padre, riportano infatti i risultati dei suoi studi sulle tormaline dell'isola d'Elba. Le ricche collezioni del Museo pisano fornirono il materiale per tali ricerche. In queste sono descritti con cura gli abiti cristallini di questo minerale e le particolarità di cristallizzazione in rapporto al colore, determinate alcune forme nuove e trovato un rapporto costante tra il colore ed il segno elettrico.
Sempre dell'isola d'Elba descrisse il granato dell'Affaccata, l'ortose e la cordierite di San Piero in Campo, la pickeringite, i fenomeni di metamorfismo al contatto tra calcare e granito. Particolarmente importanti gli studi sulla formazione della magnesite di Grotta d'Oggi; nel corso di questo lavoro, che conclude con l'attribuire l'origine della magnesite all'alterazione di rocce serpentinose per cause endogene, sono descritti e illustrati minerali e rocce nuovi per l'Elba, come l'antofillite e le peridotiti antofillitiche, le cornubianiti, ecc. Anche i minerali dei filoni tormaliniferi di San Piero in Campo e le belle zeoliti del filone della Speranza furono oggetto delle sue ricerche. Nel 1906 egli poteva annunziare la scoperta di un nuovo minerale al quale dette, in onore del padre, il nome di Dachiardite. Questa interessante zeolite, con la caratteristica geminazione polisintetica ad anello ormai divenuta classica, è stata ampiamente descritta e illustrata dal D. in varie pubblicazioni.
In un altro importante ciclo di lavori egli descrisse e studiò i minerali dei marmi di Carrara. Sono numerosissime specie mineralogiche, in gran parte nuove per questa giacitura, in splendide e caratteristiche cristallizzazioni, delle quali discusse la genesi, descrisse e riprodusse gli interessanti esemplari. Sempre nella regione delle Alpi Apuane egli illustrò la pirite di Carrara, la pirrotina della miniera del Bottino, la geocronite di Val di Castello, della quale determinò l'esatta composizione quale è oggi da tutti accettata.
Il D. fu inoltre il grande specialista di Larderello. I soffioni boraciferi, questa eccezionale manifestazione delle forze terrestri endogene, sono stati uno dei suoi campi di studio prediletti. Nei complicati problemi inerenti ai vari minerali di boro che si trovano nella regione, minerali così difficili a studiarsi perché generalmente commisti e allo stato di grande suddivisione, egli aveva acquistato una particolare, indiscussa competenza. I minerali di Larderello sono stati tutti studiati dal D. il quale rivide, corresse, sintetizzò i risultati anche delle ricerche altrui e portò in questi studi tutto il peso della sua lunga esperienza. Così dimostrò l'inesistenza della bechilite e della lagonite, dimostrò la cristallizzazione triclina del sassolino, dette una più precisa formula della larderellite, dimostrò i gravi errori in cui era incorso W. T. Schaller in un suo lavoro sui borati di Larderello. Le sue pazienti e intelligenti ricerche furono anche in questo campo coronate da meritato successo. Nel 1934 annunziava il ritrovamento di un nuovo minerale, un borato di calcio, al quale dava il nome di ginorite.
Ma le ricerche scientifiche del D. non si limitarono esclusivamente all'ambiente prediletto della Toscana e dell'Elba. Nei primi anni della sua carriera egli aveva molto viaggiato e aveva visitato e studiato luoghi e istituti in Francia, in Germania, in Austria, in Ungheria, in Svizzera, in Russia, cosicché, oltre a portare nella sua opera di illustratore della propria regione tutto il contributo della sua dottrina ed esperienza personale, poté anche concorrere proficuamente alla risoluzione di svariati problemi geomineralogici italiani ed esteri. Le rocce e i minerali della Sardegna, quali le rocce di Torralba e i minerali del Sarrabus, le rocce e i minerali della colonia Eritrea, dell'Asia Minore, le antiche miniere e le officine minerarie etrusche, e molti altri ancora sono stati gli oggetti delle sue ricerche.
Il D. fu anche ottimo trattatista. Il primo volume (la parte generale) del trattato Guida al corso di mineralogia, benché originariamente dovuto alla penna del padre, fu ristampato in una nuova edizione (Pisa 1915), interamente rifatta dal figlio, che comunque ne conservò il piano e l'indirizzo primitivo. Il secondo volume (la parte speciale), compilato in due successive edizioni (Pisa 1910 e Milano 1925) dal D., nonostante l'appesantimento portatovi nella parte riguardante i silicati dall'esposizione delle formule secondo G. Tschermak, seguendo vedute allora modernissime e ora dei tutto sorpassate, attese per molti anni un trattato, in lingua italiana, che potesse sostituirlo; esso tuttora si distingue per la ricchezza di notizie riguardanti i giacimenti mineralogici e minerari italiani.
Le molteplici e importantissime attività del D. furono improvvisamente troncate da un'embolia cerebrale che lo colpì nella notte del 21 maggio 1939. Completamente paralizzato, visse ancora per cinque anni, amorevolmente assistito dalla sorella Giulia; si spegneva infine a Fauglia (Pisa) il 9 sett. 1944, mentre intorno infuriavano i più accaniti scontri bellici.
Neppure il D., come già era avvenuto per il padre, poté lasciare dopo di sé una scuola mineralogica numerosa. I suoi allievi C. Giannotti e P. Aloisi morirono assai immaturamente. Solo S. Bonatti rimase a continuare, nel modo più degno, l'alta tradizione scientifica della scuola mineralogica pisana, lasciando alla sua morte, avvenuta nel 1968, numerosi allievi.
Oltre alla già ricordata Guida, egli dette alle stampe numerose memorie, pubblicate, fra il 1894 e il 1938, soprattutto in Atti della Soc. toscarta di scienze natur. (Processi verbali e Memorie), Boll. della Soc. geolog. ital., Rend. della R. Acc. dei Lincei e Periodico di mineralogia. Fra esse ricordiamo: Le tormaline del granito elbano, I, in Atti d. Soc. tosc. di scienze natur., Mem., XIII (1894), pp. 229-321; II, ibid., XV (1896), pp. 3-74; Geocronite di Val di Castello presso Pietrasanta (Toscana), ibid., XVIII (1902), pp. 35-48; La formazione della magnesite dell'isola d'Elba, I, Cava di Grotta d'oggi (S. Piero in Campo), ibid., XX (1904), pp. 86-134; I minerali dei marmi di Carrara, ibid., XXI (1905), pp. 49-57, 236-265; XXII (1906), pp. 94-105; La Dachiardite, zeolite mimetica dell'isola d'Elba, ibid., XXXIX (1929), pp. 171-186; Nuovi dati e ricerche sulla Larderellite, in Period. di mineralogia, I (1930), pp. 208-213; Considerazioni e ricerche sulla Larderellite, Ammonioborite (?) e Bechilite (?) di Larderello (Pisa), ibid., III (1932), pp. 36-42; Ginorite, nuovo borato di calcio di Sasso Pisano, ibid., V (1934), 4, pp. 22-32.
Bibl.: A. Bianchi, Commemor. del socio G. D., in Rend. dell'Acc. naz. dei Lincei, classe di scienze fisiche, inat. e natur., I (1946), pp. 1214 s.; S. Bonatti, G. D., in Atti d. Soc. toscana di scienze natur., Memorie, LIII (1946), pp. IX-XX (con elenco delle pubblicazioni); Id., La scuola mineralogica pisana "Antonio e Giovanni D'Achiardi", Pisa 1953. pp. 3-15.