GIOVANNI d'Agostino
Nacque a Siena poco dopo il 1310, da Agostino di Giovanni e da Lagina di Nese, il cui matrimonio è documentato in quell'anno. Fu, come il padre e il fratello minore Domenico, scultore e architetto.
Dalla documentazione emerge una ricostruzione lacunosa della sua vita e della sua attività.
Il 31 marzo 1331 G. e suo padre Agostino ricevettero un pagamento dal presbitero Goro per alcuni lavori nella sua cappella, collocata nella pieve di S. Maria in Arezzo. Questa cappella, che doveva contenere un altare con baldacchino addossato a una parete della chiesa, è andata distrutta.
Il 7 febbr. 1332 Simone e Iacopo Ghini conclusero con Agostino un contratto per la costruzione di una cappella sempre nella pieve di Arezzo, a condizione che vi fosse impegnato G. come collaboratore. Della cappella Ghini sono sopravvissuti solo un Angelo dell'Annunciazione (Londra, Victoria and Albert Museum), una Annunziata (Parigi, Louvre) e un frammento di rilievo con un Angelo (Budapest, Museo di belle arti). Il 13 febbraio e il 15 ag. 1332 G. è documentato, relativamente alla cappella Ghini, come procuratore di suo padre.
Prendendo a modello la cappella Ghini, Roberto Tarlati se ne fece costruire una nel duomo di Arezzo. Il contratto con G. fu concluso il 28 genn. 1334. Questa cappella è giunta intatta sino a noi.
Nel novembre 1336 G. era impegnato come capomastro dell'Opera del duomo di Siena, e così pure nel marzo 1337, quando ricevette una somma di denaro dall'Opera del duomo di Orvieto per il viaggio e per un soggiorno di otto giorni nella città umbra. Nell'agosto 1337 G., in qualità di capomastro dell'Opera del duomo di Siena, accompagnò un suo collega orvietano a Pisa, per ordinare marmo di Carrara per Orvieto.
Un pagamento a G. da parte del Comune di Siena del 3 dic. 1339 attesta che egli (come suo padre) si era occupato della costruzione dell'acquedotto per la fonte del Campo.
Il 23 marzo 1340 G. concluse un contratto con l'Opera del duomo di Siena che gli assegnava per cinque anni l'ufficio di capomastro, con l'esplicita approvazione del padre, che, nello stesso tempo, gli assicurava sostegno e assistenza.
La pietra tombale di messer Buonconte e il sepolcro di s. Giacomo, per i quali G. ricevette pagamenti dall'ospedale di S. Maria della Scala il 26 apr. 1341, sono andati perduti.
Data al 26 nov. 1343 un contratto di vendita di un terreno da parte di Agostino e dei suoi figli, in cui è ricordato per la prima volta Domenico. Un'analoga vendita ebbe luogo il 21 febbr. 1344. Per i mesi giugno-novembre 1344 e maggio-giugno 1345 sono attestati pagamenti a G. in qualità di capomastro da parte dell'Opera del duomo.
Infine, G. è documentato come testimone nella vendita di una casa il 27 giugno 1347.
Anche se la documentazione superstite è insufficiente, rimane chiaro che l'attività artistica di G. fu, per tutta la sua vita, legata a quella del padre Agostino.
Solo due opere certe possono dare informazioni sullo stile di G.: la cappella Tarlati nel duomo di Arezzo, nella cui costruzione G. fu impegnato nel gennaio 1334, e il rilievo più tardo (del 1336 circa), da lui firmato, con la Madonna in trono col Bambino fra due angeli in S. Bernardino a Siena.
La prima, presumibilmente per ragioni di spesa, fu prevalentemente decorata con affreschi; come scultore G. eseguì solamente le statue di Maria e Gabriele dell'Annunciazione e il rilievo del timpano con il Cristo benedicente tra due angeli in preghiera e un serafino. Tutte le figure presentano forme voluminose e pesanti, anche se modellate morbidamente, e sono leggermente appiattite, esprimendo così una certa astrazione; la loro costruzione rivela non trascurabili debolezze nelle proporzioni tra le parti del corpo. Comunque sia, queste sculture devono essere considerate punto di riferimento per tutte le attribuzioni.
Verosimilmente G. compì il suo apprendistato come scalpellino e scultore presso il padre negli anni che vanno dal 1325 circa al 1328; fu associato in seguito all'esecuzione del monumento funebre, straordinariamente grande, del vescovo Guido Tarlati (morto nel 1327) per il duomo di Arezzo, datato 1330 e firmato dal padre e da Agnolo di Ventura. G. dovrebbe aver eseguito una parte del rilievo di sinistra con le esequie e, nel ciclo delle scene della vita del bellicoso vescovo, i rilievi con "Il Comune pelato", il "Comune in signoria", "Castel Focognano", "Rondine", "Bucine" e "Caprese" (Kreytenberg, 1990).
Anche negli anni seguenti Agostino e il figlio lavorarono ad Arezzo edificando nella pieve la cappella del presbitero Goro nel 1331 e, nel 1332, la cappella Ghini, della quale sono sopravvissute solo le tre sculture che giustamente, per motivi stilistici, sono state considerate opera di Giovanni. Allo stesso tempo G. dovette eseguire il fonte battesimale della pieve rappresentando tre scene della vita di Giovanni Battista (Giovanni condotto nel deserto, Ecce agnus Dei, Battesimo di Cristo), che Cohn-Goerke (1938) gli ha convincentemente attribuito.
In considerazione di questi rilievi e delle opere certe di G., sono state attribuite all'artista le sculture di un'arca monumentale che si trovano nel Museo d'arte sacra di Volterra, ascrivendole alla sua prima attività (circa 1331).
Si tratta di due rilievi di sarcofago (Traslazione del corpo di un santo, Il santodistribuisce i beni ai poveri), di una figura giacente e due angeli che reggono la cortina di una camera funebre, di un gruppo di statue con la Madonna con due angeli che le presentano, presumibilmente, il committente del monumento, e infine un Cristo benedicente, frammento di un tabernacolo, di cui Kreytenberg (1990) ha proposto una ricostruzione. Non è possibile però che l'autore di queste sculture abbia eseguito anche i rilievi di sarcofago e due figure di angeli di un'arca di S. Vittore che si trovano nello stesso museo. Qui le figure snelle, più articolate plasticamente, si inseriscono meglio nell'opera di Agostino che deve averle eseguite verso il 1324-25.
Alla prima produzione di G. appartengono certamente anche il tabernacolo del Sacramento con l'Annunciazione da S. Eugenio a Monistero (1331-32), oggi nella cappella di palazzo Saracini a Siena, e il rilevo del timpano di un monumentale baldacchino in S. Francesco a Siena (circa 1333-34) che rappresenta Maria Maddalena portata in cielo da due angeli.
Seguono le sculture della cappella Tarlati del 1334 nel duomo di Arezzo e il rilievo firmato con la Madonna in S. Bernardino a Siena. La somiglianza tematica di questo rilievo con uno del Cleveland Museum of art fa risaltare chiaramente le differenze concettuali e artistiche fra le due opere, consentendo di attribuire il secondo ad Agostino.
Nel 1334 la Repubblica di Siena riuscì di nuovo, e questa volta durevolmente, a conquistare Grosseto e a porla sotto il proprio dominio. A Grosseto negli anni 1335-36 dovettero essere compiuti gli sguanci e l'architrave del portale sul lato sud della fiancata del duomo (la zona dell'archivolto e il gruppo della lunetta vennero eseguiti nel 1897) come anche la vicina finestra con una decorazione plastica di provenienza senese. Ma il ruolo determinante fu chiaramente del padre e non di G., come dimostrano le numerose figure e teste, molto simili a quelle scolpite da Agostino per la tomba di Cino da Pistoia (de' Sighibuldi) nel duomo di Pistoia (circa 1337-39). Non è ancora stato compiuto un accurato esame del complesso delle sculture che possa definire il contributo di Giovanni. Sono compatibili con la sua opera tre piccole statuette (alte circa 30 cm) nel duomo di Siena pubblicate da Carli (1941, figg. 91-93). Mentre nel 1337-39 il padre eseguiva nel duomo di Pistoia la tomba Sighibuldi, G. doveva lavorare nello stesso luogo all'arca del vescovo Atto.
In questi anni era in lavorazione anche il fonte battesimale del duomo di Montepulciano; esso non fu però completamente portato a termine da G., poiché solo la vasca con i tre rilievi del Battesimo di Cristo è da riferire a lui, mentre le tre figure che la sostengono rimandano ad Agostino, essendo vicine alla Madonna in trono col Bambino di Berlino (Staatliche Museen, Skulpturengalerie) che proviene da Montepulciano.
Verso il 1340 G. doveva aver compiuto la mezza figura di Profeta nel transetto meridionale del duomo di Siena, che nel taglio del volto è affine al Cristo in trono nella pieve di S. Lorenzo a Serre di Rapolano; in questa chiesa e in quello stesso tempo il padre eseguì la tomba di Cacciaconte de' Cacciaconti. La figura di Cristo presenta nel panneggio un andamento di pieghe che fa pensare al monumentale gruppo del Cristo nella lunetta del portale di Vallepiatta del duomo nuovo di Siena. Questo gruppo di sculture, di forte espressività, è l'opera più importante di G. negli anni 1340-45. Affine, un Profeta seduto in uno dei capitelli della navata destra del duomo nuovo di Siena.
Riguardo alle attività di questo periodo, bisogna considerare che G. svolgendo compiti amministrativi e sovraintendendo alle varie attività nel gigantesco cantiere del duomo nuovo, non era destinato certo ad assumere incarichi come scultore.
Ciononostante gli sono state attribuite molte sculture nel duomo e nel duomo nuovo di Siena che non sono affatto in consonanza con il gruppo del Cristo del portale di Vallepiatta, e quindi vanno attribuite ad Agostino, come indicano la delicata costruzione delle figure, il taglio dei volti e lo stile degli abiti: si tratta nel duomo nuovo di tre Patroni della città e di due statue di Angeli sul portale di Vallepiatta, di rilievi nelle lunette della facciata con mezze figure della Madonna e di Cristo e di un Profeta senza barba seduto su un capitello della navata destra e anche di mezze figure nelle vimperghe delle finestre della facciata del battistero e sul lato sud del coro del duomo. Già dal contratto del 23 marzo 1340, in cui il padre Agostino prometteva i suoi consigli e la sua collaborazione, si poteva prevedere che egli, mentre era capomastro suo figlio, avrebbe ricevuto numerose commissioni per le sculture.
Il Giovanni Evangelista di un rilievo di sarcofago (Roma, Museo del Palazzo di Venezia), che originariamente apparteneva a una Pietà, è strettamente legato al gruppo del Cristo sul portale di Vallepiatta e quindi fu eseguito da G. nei primi anni Quaranta.
In questo periodo è documentato come opera di G. un monumento sepolcrale di s. Giacomo nell'ospedale di S. Maria della Scala a Siena.
Probabilmente subito dopo la sua attività come capomastro e fino al 1345, G. eseguì una statua di Cristo in trono (Siena, collezione Salini) che, nell'articolazione plastica delle figure, è molto vicina ai rilievi di Gabriele e Maria dell'Annunciazione di un avello a S. Domenico in Prato (Prato, Museo di pittura murale).
Infine G. edificò il monumento funebre per il vescovo Ranieri Ubertini (morto nel 1348) in S. Francesco a Cortona, con l'inusuale figura del vescovo in trono (la figura giacente che appartiene al monumento nella sua forma attuale risale al primo Trecento). Poiché la figura del vescovo è stilisticamente vicina a quella del Cristo di Serre di Rapolano, si pone la domanda se G. abbia ricevuto l'incarico subito prima del 1340, quando il vescovo era ancora vivo.
G. morì verosimilmente nel 1348 durante la peste di Siena.
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