GIOVANNI d'Alessio d'Antonio, detto Nanni Unghero
Non si conoscono con esattezza il luogo e la data di nascita di questo maestro di legname, architetto e ingegnere militare, che visse e svolse la sua attività a Firenze nella prima metà del Cinquecento. Figlio, probabilmente, di quell'"Alexius Italus" che lavorò, con altri architetti italiani, ai progetti di difesa dell'Ungheria settentrionale, all'epoca di Ladislao II Jagellone (Maggiorotti), sarebbe nato nel 1490 (Milanesi, 1881) o, come sembra più plausibile, intorno al 1480 (Voit).
Nei documenti contemporanei il nome di G. compare in diverse varianti: "Giovanni di Alesso" o "d'Alessio", "Johannes Alexii Antonii", "Johannes Alexii alias Nanni Unghero", "Nanni Ungaro" o "Ongaro". Nelle cronache e nei trattati cinquecenteschi di Vasari, Bellucci, e Adriani, egli figura sempre come "Nanni Unghero" ed è con questo nome d'arte che raggiunse una certa notorietà. Non risulta confermata dai documenti dell'epoca l'ipotesi secondo la quale sarebbero vissuti a Firenze, più o meno nello stesso periodo, sia un Nanni Unghero legnaiolo, attivo tra il 1460 e il 1515, sia un omonimo architetto civile e ingegnere, attivo a partire dal 1537 (Zani; Voit). I Libri dei conti della Parte guelfa e quelli del convento della Ss. Annunziata a Firenze, in cui figura un certo Giovanni d'Alessio, detto Nanni Unghero, accreditano infatti la tesi secondo cui l'intagliatore e l'architetto sarebbero stati la stessa persona.
Come si può dedurre dalla sua denominazione, fu probabilmente l'Ungheria la sua terra natale; ma è a Firenze che egli si affermò come scultore e architetto. Le principali fonti per la conoscenza della sua opera sono: la letteratura storico-artistica cinquecentesca e, in particolare, l'opera di Vasari; le note di Milanesi nell'edizione da lui curata delle Vite; la documentazione archivistica e, in particolare, i Libri dei conti dell'Opera del duomo di Firenze (Poggi), quelli della Ss. Annunziata e quelli della Parte guelfa (Balogh).
Il primo dato relativo alla sua attività si riferisce alla decorazione dell'organo della Ss. Annunziata a Firenze, eseguita tra l'agosto del 1509 e il giugno del 1511.
Tra giugno e dicembre del 1510 l'Opera del duomo di Firenze gli commissionò diversi lavori tra cui la realizzazione del "palcho" e della cornice intagliata per l'altare della Madonna "gratiarum plenissima", la decorazione dell'altare della Ss. Trinità (entrambi smantellati nel corso dei restauri del 1841) e un tabernacolo intagliato e dipinto per l'immagine della Vergine posta su un preesistente altare ligneo del 1488. A quest'epoca, vista l'entità e la frequenza degli incarichi ricevuti dai serviti e dall'Opera del duomo, nella bottega di G. lavoravano diversi garzoni: tra questi spicca il nome di Niccolò Tribolo il quale, dopo aver lavorato alle dipendenze di G. per un breve periodo, si trasferì nella bottega di Iacopo Sansovino. Amico, con Andrea del Sarto, di G. e abituale frequentatore della sua bottega, Sansovino donò a G. diversi modelli lignei: da ricordare, uno di s. Giovanni, preparato prima del 1515, in occasione del concorso dell'Orsanmichele e poi utilizzato da Andrea del Sarto nel 1517, per la realizzazione della sua Madonna delle Arpie; quello di s. Niccolò da Tolentino e quelli di due angeli, probabilmente anteriori al 1515, utilizzati per scolpire le statue lignee destinate alla cappella del santo nella chiesa di S. Spirito a Firenze.
Stando a Vasari, tra il 1518 e subito dopo il 1520, compì diversi lavori "di quadro e di intaglio", purtroppo scomparsi, nella villa di Zanobi Bartolini a Rovezzano, nel palazzo (piazza S. Trinita) e nella villa (Gualfonda) di Giovanni Bartolini.
Il 16 giugno 1519 l'Opera del duomo gli commissionò il rifacimento degli stalli del coro (ultimato nell'ottobre del 1520) che, alla fine di maggio dell'anno successivo, fu adornato con ottanta candelabri: del tutto scomparsi, questi lavori dovevano essere un'opera d'intaglio mirabile se si pensa all'importanza del luogo e ai costumi dell'epoca. Mentre eseguì, o forse stava ultimando, i lavori per il coro del duomo di Firenze, i serviti gli richiesero la decorazione della cassa del nuovo organo della Ss. Annunziata, opera di Domenico di Lorenzo da Lucca. Il 4 apr. 1522, a lavori ultimati, la stima complessiva dell'opera eseguita ammontava a 200 fiorini d'oro: una cifra considerevole, che dà la misura del prestigio e dell'alta considerazione da lui goduti a quest'epoca come legnaiolo.
È nel corso degli anni Venti che G., come tanti altri maestri di legname, ampliò la sua sfera d'attività iniziando a lavorare come architetto civile.
Nel 1524 (Tigri; Giglioli) o al più tardi nel 1528 (Chiti), ricevette da Zanobi Bartolini l'incarico di elaborare i disegni di progetto e poi seguire la costruzione del cosiddetto Palazzaccio a Pistoia. L'edificio, rimasto incompiuto a causa dei profondi cambiamenti intervenuti nelle forme di governo della città, si erigeva sul luogo dell'antico palazzo e torre del capitano di Custodia. Ripreso nel corso del Seicento, il palazzo (poi Manfredini) fu demolito nel 1928.
Dal 28 giugno 1531 al 16 aprile dell'anno successivo, dopo aver diretto i lavori per la deviazione del corso del Mugnone, presso la porta S. Gallo a Firenze (1529), venne ufficialmente nominato, dalla Parte guelfa, capomaestro delle fortezze. È con questa carica che fece da assistente ad Antonio da Sangallo il Giovane nella direzione dei lavori di ristrutturazione delle fortificazioni urbane e, in particolare, del baluardo della Giustizia.
Nel 1533, oltre a fornire i disegni per la Pia Casa della Sapienza a Pistoia (ora Biblioteca Forteguerriana), edificio a due piani con elegante loggiato terminato l'anno successivo, affiancò Antonio da Sangallo nella direzione della costruzione della fortezza Alessandra o di S. Giovanni, detta anche "da Basso". Nominato capomaestro dei lavori, G. non si limitò al ruolo di semplice assistente, ma introdusse alcune varianti ai disegni sangalleschi, per meglio adattarli alle caratteristiche del sito; confezionò anche diversi modelli, forse lignei, dei disegni di Antonio che "il Duca faticava a comprendere" (Promis).
Nel 1538 ottenne dai serviti l'incarico per il nuovo coro della Ss. Annunziata. A Zanobi e Domenico di Niccolò, e forse ad altri garzoni della sua bottega, G. lasciò probabilmente ampio spazio nei lavori di intaglio, come testimoniano le note di pagamento nei Libri dei conti. Suo figlio, "Mattheo di Giovanni Unghero", a partire dal 1539 continuò il lavoro di intagliatore, assumendo il ruolo di legnaiolo presso il convento.
Nello stesso anno G. fu chiamato a controllare le difese di Pistoia, per le quali suggeriva modifiche e migliorie, mentre l'anno successivo era ad Arezzo come direttore dei lavori incaricato, dal duca Cosimo I de' Medici, di tradurre in atto i disegni per la ricostruzione della fortezza, preparati precedentemente da Antonio da Sangallo. Nel 1540 e negli anni immediatamente successivi era ancora a Pistoia, per l'ampliamento della fortezza di S. Barbara, quasi del tutto completata quando, nel 1543 o forse prima, gli succedette Giovanni Battista Bellucci, con il quale condusse a termine, nel 1544, la costruzione del baluardo della porta S. Marco.
Nel settembre dello stesso anno costruì un bastione a Borgo Sansepolcro, su disegno di Stefano Colonna; nei due mesi successivi diresse a Pisa i lavori per la costruzione del bastione accanto alla porta a Lucca. Ancora a Borgo Sansepolcro, agli inizi del 1545, sovrintese ai lavori di riparazione del palazzo del Capitano. L'ultimo impegno professionale lo ebbe nei mesi successivi, come ingegnere militare nei lavori per la "fabricha del castello" e per il bastione di S. Piero Gattolino a Firenze.
G. morì a Firenze il 31 maggio 1546 (Milanesi, 1881).
In conclusione, l'importanza di G., nella vita artistica e sociale della Firenze della prima metà del Cinquecento, è tutta legata alle sue capacità di artista e di tecnico onesto e professionalmente affidabile. Un giusto equilibrio fra le necessità della struttura compositiva e le libertà inventive della decorazione affiora sia nei suoi lavori d'intaglio sia nei progetti architettonici. Come ingegnere militare ebbe il merito, con Antonio da Sangallo il Giovane e Giovanni Battista Bellucci, di introdurre e poi diffondere le nuove tipologie difensive rinascimentali, tra il breve regno di Alessandro I e il ducato di Cosimo I de' Medici.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite…(1568), a cura di G. Milanesi, Firenze 1881, VI, pp. 56 s.; VII, p. 488; G.B. Adriani, Istoria de' suoi tempi, Venezia 1587, p. 55; Firenze, Biblioteca Riccardiana, Riccardiano 2587: G.B. Bellucci, Trattato delle fortificazioni di terra, c. 64; P. Farulli, Annali, overo Notizie istoriche dell'antica nobile e valorosa città di Arezzo in Toscana, Foligno 1717, p. 209; G.G. Bottari, Raccolta di lettere… (1754-73), Milano 1822-26, III, pp. 224-228; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine divise ne' suoi quartieri, IV, Firenze 1756, pp. 12 ss.; T. Temanza, Vite… (1778), Milano 1966, p. 200; P. Zani, Enc. metodica… delle belle arti, XVIII, Parma 1824, p. 346; C. Promis, Dell'arte dell'ingegnere e dell'artigliere…, Torino 1841, pp. 73 s.; G. Tigri, Pistoia e il suo territorio…, Pistoia 1853, pp. 152 s.; O. Andreucci, Il fiorentino istruito nella chiesa della Nunziata di Firenze, Firenze 1857, p. 99; G. Milanesi, Sulla storia dell'arte toscana…, Siena 1873, pp. 348 s.; P. Tonini, Il santuario della Ss. Annunziata di Firenze…, Firenze 1876, p. 59; C. von Stegmann - H. von Geymüller, Die Architektur der Renaissance in Toscana, München 1885-1908, VII, p. 9; H.O. Giglioli, Pistoia nelle sue opere d'arte, Firenze 1904, p. 18; G. Poggi, Il duomo di Firenze… (1909), con note di M. Haines, I, Firenze 1988, pp. CVIII, CXII s., CXXV, 212 s., 247 s.; E. Horváth, Siena e il primo Rinascimento ungherese, in Corvina, X (1925), p. 5; J. Balogh, Nanni Unghero, in Az Országos Magyar Szépmuvészeti Múzeum. Évkönyvei, IV (1927), pp. 91-115; L'opera del genio italiano all'estero, L.A. Maggiorotti, Gli architetti militari, II, Roma 1936, pp. 95, 101, 429; E. Horváth, Il Rinascimento in Ungheria, Roma 1939, pp. 110, 114; A. Chiti, Pistoia. Guida storico-artistica, Pistoia 1956, p. 79; P. Voit, Una bottega in via dei Servi, in Acta historiae artium, VII (1961), 3-4, pp. 202-204; Patrimonio artistico di Pistoia e del suo territorio. Catalogo storico-descrittivo, Pistoia 1967-70, pp. 28, 34 s.; F. Gurrieri, La fortezza di S. Barbara, in Studi storici pistoiesi, I (1976), pp. 5-25; Id., La fortezza rinascimentale di S. Barbara a Pistoia: una conferma per Nanni Unghero, in Bollettino d'arte, s. 5, LXI (1976), 1-2, pp. 12-20; L. Gai, Interventi rinascimentali nello spedale del Ceppo di Pistoia, in Contributi per la storia dello spedale del Ceppo di Pistoia, Pistoia 1977, p. 125 n. 257; M. Gianneschi - C. Sodini, Urbanistica e politica durante il principato di Alessandro de' Medici, in Storia della città, X (1979), pp. 8, 13, 28 s.; G. Cricco, Operatori fiorentini in alcune fabbriche pistoiesi del '500, in Pistoia: una città nello Stato mediceo (catal.), Pistoia 1980, pp. 220-229; R. Manetti, Michelangiolo: le fortificazioni per l'assedio di Firenze, Firenze 1980, pp. 56 n. 52, 80-84; G. Spini, I Medici e l'organizzazione del territorio, in Storia dell'arte italiana, XII, Torino 1983, pp. 164, 188, 192; A. Andanti, L'evoluzione del sistema difensivo di Arezzo: 1502-1560, in Architettura militare nell'Europa del XVI secolo. Atti… Firenze 1986, a cura di C. Cresti - A. Fara - D. Lamberini, Siena 1988, pp. 137 s.; L. Zangheri, Gli architetti italiani e la difesa dei territori dell'Impero minacciati dai Turchi, ibid., p. 247; F. Gurrieri - P. Mazzoni, La Fortezza da Basso. Un monumento per la città, Firenze 1990, p. 117; D. Lamberini, Il cantiere delle fortificazioni nella Toscana del Cinquecento, in Les chantiers de la Renaissance. Actes des colloques… Tours 1983-84, Paris 1991, p. 227; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 102 s. (s.v. Giovanni d'Alesso d'Antonio).