GIOVANNI da Aquileia (Giovanni Bondi o dei Pitacoli)
Maestro e autore di opere di retorica, si ignora la data della sua nascita, da collocarsi molto probabilmente nell'ultimo quarto del XIV secolo. Le notizie sulla vita di questo personaggio sono piuttosto scarse. Nacque a Venzone, in Friuli, nel patriarcato di Aquileia, da Andrea dei Pitacoli, appartenente a una nobile famiglia imparentata con i maggiori feudatari del tempo. Nella sua professione non fece mai uso del nome di famiglia; utilizzò invece come cognome il suo secondo nome Bonadies, da cui l'italianizzazione Bondì e poi, da questo, Bondi, con il quale è principalmente conosciuto.
G. fu sicuramente allievo di Lorenzo d'Aquileia, che conobbe probabilmente nel periodo in cui questi insegnava a Bologna, e con il quale strinse legami di amicizia e di collaborazione scientifica.
Anche G. insegnò per alcuni anni a Bologna; successivamente insegnò come pubblico maestro ad Ascoli Piceno, come si deduce dalla lettera dedicatoria in una sua ars dictaminis indirizzata ai maggiorenti, ai notabili e agli scolari della città; secondo quanto affermato dallo stesso G. questa opera sarebbe stata composta su richiesta e dietro le insistenze di un non meglio identificato maestro Angelo.
G. morì prima del 1448, anno in cui non risulta più in vita da un documento in cui viene citato il figlio Jacopo, con il quale si estinguerà anche il casato, in quanto questi ebbe un'unica figlia, di nome Amorosa, andata sposa a Daniello, dei signori di Montereale.
Lo scritto principale di G., la Practica, sive Usus dictaminis, è una imitazione, come indicato dallo stesso autore, e per di più compendiata, dell'opera omonima di Lorenzo d'Aquileia, con la quale sovente viene confusa nella tradizione manoscritta. L'opera consiste in una serie di tavole sinottiche nelle quali vengono presentate in variabili multiple tutte le formule di aggettivazione usate nella salutatio, divise secondo la norma per categorie sociali dei riceventi e dei mittenti e tra le quali si può scegliere la formula più confacente alla necessità del momento. Un'edizione parziale della Practica è stata curata dal Rockinger, che ha riprodotto per esteso le prime quattro tavole e ha riportato le titolazioni delle successive.
Altre opere ascrivibili sicuramente a G. sono: la Practica, sive Ars dictandi in radice, breve esposizione delle regole generali sull'arte epistolare; i Flores regularum super arte et usu dictaminis, trattazione piuttosto ampia sulle varie parti delle epistole, secondo la teoria dei maestri medievali, e il De modis exordiendi, sulle formule di esordio.
Opere concordemente attribuitegli dalla maggior parte degli studiosi sono inoltre: gli Exordia, le Exornationes e i Proverbia, tutte e tre dedicate a singole parti della epistola; la Theorica, sive Ars dictaminis, sempre dedicata alla teoria del dictamen; e infine la Collectio […] ad bene vivendum.
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