GIOVANNI da Asciano
Pittore senese attivo presumibilmente nella seconda metà del sec. 14° ad Asciano, Siena e Firenze e di cui, per la scarsità delle notizie biografiche a lui sicuramente riferibili, è stata messa in dubbio l'esistenza. Generalmente il nome di G. è posto in relazione con quello più noto del senese Barna (v.), alla cui vicenda critica l'artista è strettamente legato per aver collaborato alla realizzazione del ciclo con storie del Nuovo Testamento da questi affrescato nella collegiata di San Gimignano.La più antica notizia relativa a G. è nel codice dell'Anonimo Magliabechiano (1533-1542; Firenze, Bibl. Naz., Magliabechiano, cl. XVII. 17), dove vengono a lui ascritte opere, perdute, a Siena nello Spedale di S. Maria della Scala e a Firenze nelle case medicee in via Larga, distrutte da Cosimo I per la costruzione dell'od. palazzo Medici-Riccardi (Milanesi in Vasari, Le Vite, 1878, pp. 650-651). In seguito Vasari (Le Vite, II, p. 256), nella vita di "Berna sanese", ricorda che G. fu "creato" di Barna e suo continuatore nel ciclo di San Gimignano, in seguito alla morte accidentale del maestro, avvenuta nel 1381. Su basi stilistiche e documentarie la critica ha di recente ricondotto l'esecuzione di tale ciclo agli anni quaranta del Trecento, sottraendo agli scarni dati biografici su G. l'incompatibile appiglio cronologico vasariano.Interessante, per il tentativo di ricostruirne la personalità storica su base documentaria, è la vita di G. raccolta nel 1830 ca. da Romagnoli (Biografia, cc. 185-195), che identifica l'artista come architetto e pittore, nato ad Asciano da Guido di maestro Vanni di Carlo e chompagno, più che allievo, di Barna a Siena, dove è accertata la sua presenza nel 1359, come attesterebbe il perduto volume delle Spedizioni e affari succeduti nel Governo dei Signori XII dal 1355 al 1360; ulteriore documento, anch'esso sparito, è un volume di miscellanee trovato in una biccherna registrante pagamenti negli anni tra il 1330 e il 1360, in cui figura un 'Giovanni di Guido pittore' pagato lire 18 per aver lavorato sei mesi nel palazzo del Comune (Romagnoli, Biografia, c. 187). Riprendendo poi la notizia di Vasari, Romagnoli riteneva G. attivo verso il 1380 a San Gimignano. Alla ricostruzione della vicenda di G. contribuiscono alcuni documenti senesi ritrovati da Brandi (1928, p. 35), in uno dei quali (Siena, Arch. di Stato, 2334, Libro dei Leoni, II, c. 32), già considerato da Romagnoli e datato 1392, un suo figlio, maestro Guido di maestro Giovanni di Guido da Asciano, risulta capitano del popolo senese; Brandi notava come la postilla 'd'Asciano' fosse di mano di Celso Cittadini, erudito che nel sec. 16° annotò tutti i libri dell'archivio senese e che probabilmente poté aggiungere quell'indicazione avendo esaminato anche altri documenti.In generale la critica è convinta della reale esistenza dell'artista: contestando la fondatezza della notizia vasariana, sono di parere contrario Bacci (1927, p. 253), che nega storicità allo stesso Barna, Nygren (1963, p. 64), Caleca (1977, p. 77; 1988, p. 183), che attribuisce il ciclo sangimignanese a Lippo Memmi, negando l'esistenza di Barna nell'ambito di una riconsiderazione della bottega dei seguaci di Simone Martini. Una posizione particolare è sostenuta da PopeHennessy (1946, p. 37), per il quale, sostanzialmente, le differenze stilistiche riscontrabili a San Gimignano starebbero a indicare momenti diversi di uno stesso autore diverso da G.; lo studioso riteneva G., attivo negli anni 1350-1360, un imitatore e forse allievo di Barna, da identificare con lo pseudo-Barna, alla cui personalità attribuiva le opere tradizionalmente assegnate al Maestro della Madonna Straus, variamente identificato con Tederico (o Federico) Memmi, o con Donato Martini (Caleca, 1977, pp. 68-69; 1988, pp. 183-185; Carli, 1981, p. 125).Chi ritiene G. artista storicamente esistito non sempre è concorde nell'identificare le diverse mani all'interno del ciclo sangimignanese, che comunque si ritiene ideato da Barna e condotto da entrambi (Van Marle, 1920, p. 124; Brandi, 1928, p. 33). Gabrielli (1936, p. 116) suppone che, per la vastità dell'impresa, fin dall'inizio G. avesse collaborato con il maestro; mentre Carli (1981, pp. 127-128) ritiene il ciclo concepito e disegnato da un unico maestro, Barna, che fin dall'inizio, limitatamente ad alcune figure, si servì di aiuti, tra cui G. - rispetto al quale tuttavia constata l'incertezza dell'identificazione con il Giovanni di Guido da Asciano dei documenti -, ritenendo solo la parte destra del riquadro con l'Ingresso a Gerusalemme distante per impostazione dal resto delle scene, e di artista vicino a Bartolo di Fredi, autore delle storie veterotestamentarie sull'opposta parete, datate 1356. Carli pensa a un completamento di alcune zone, tra cui quel riquadro, in un momento successivo all'opera di Barna e di Bartolo di Fredi (Carli, Imberciadori, 1987, p. 40).Nel complesso la critica ha ravvisato la mano di G. a San Gimignano nei riquadri con la Risurrezione di Lazzaro e l'Entrata in Gerusalemme e al fianco di Barna nella redazione delle lunette, dell'Orazione nell'orto e della Crocifissione, spesso riconoscendo in G. l'influenza di Bartolo di Fredi, soprattutto nel modo di rendere le vesti e le tipologie di donne e bambini. Brandi (1928, p. 33) e Gabrielli (1936, p. 125) spiegano tale influsso conservando per il ciclo neotestamentario una datazione posteriore a quella delle pitture di Bartolo di Fredi, proponendone l'esecuzione rispettivamente al 1380 o agli anni sessanta del Trecento. Anche Delogu Ventroni (1972, pp. 26-27, 39) pensa a un'esecuzione del ciclo in più riprese, forse per mancanza di fondi, e più volte affidata a G. per temporanee assenze di Barna, a cui comunque attribuisce il disegno di tutto il ciclo, a eccezione della parte destra dell'Entrata a Gerusalemme, disegnata da G., per la prospettiva irrazionale e il diverso ordine compositivo; inoltre, l'influsso di Bartolo è spiegato con il "logico scompiglio che aveva causato la morte di Barna" (Delogu Ventroni, 1972, p. 41) e il conseguente aggiornamento sui testi pittorici che G. poteva avere vicino.Caratteri che successivamente la critica ha ritenuto distintivi dello stile di G., rispetto a quello di Barna, sono una facile vena narrativa di ascendenza lorenzettiana e martiniana, un ordine compositivo prevalentemente orizzontale legato a una prospettiva irrazionale degli sfondi architettonici, con funzione più decorativa che spaziale, figure più allungate, con la sigla morelliana dei "piedi piatti con dita stese e senza fiocca alta, come nei Lorenzetti e nei fiorentini" (Brandi, 1928, p. 30); inoltre, una saldezza inventiva sommaria e rallentata rispetto a Barna, la tendenza a riaggiornare gli schemi compositivi tradizionali, i volti fuligginosi per un'eccessiva applicazione del contrasto chiaroscurale tipico dell'ultimo Simone, una mancanza di naturalezza nei movimenti e una scarsa caratterizzazione delle folle, anonime e dalle espressioni generiche, come nella ricordata scena dell'Entrata a Gerusalemme (Delogu Ventroni, 1972, p. 33; Carli, 1981, pp. 127-128). A G. sono anche attribuiti gli affreschi della chiesa di S. Francesco di Asciano, conservati nel locale Mus. d'Arte Sacra. Sono datati, a lettere gotiche, al 1372, e raffigurano scene della Passione: appaiono avvicinabili a quelli di San Gimignano per carattere e tecnica esecutiva (Crowe, Cavalcaselle, 1875, p. 143; Baroni, 1906, pp. 15-16; Toesca, 1951, p. 554, n. 77; Delogu Ventroni, 1972, p. 21). Van Marle (1934, p. 328) non sottoscrisse questa attribuzione, mentre assegnava a G. una tavoletta (Cambridge, MA, Harvard Univ. Art Mus., Fogg Art Mus., inv. nr. 180) raffigurante Cristo tra la Vergine e i ss. Pietro, Giovanni e Giacomo Maggiore (Canuti, 1908; Delogu Ventroni, 1972, p. 61). Inoltre, sempre a San Gimignano, nella chiesa di S. Pietro, gli viene assegnato l'affresco della Madonna del Passeggio (Brandi, 1928; Gabrielli, 1936; Carli, 1981) e, nella Pinacoteca Naz. di Siena, la predella nr. 57 con Storie della Passione (Delogu Ventroni, 1972, p. 67), opera influenzata da Bartolo di Fredi, successiva agli affreschi sangimignanesi.
Bibl.: Fonti. - Il codice magliabechiano, cl. XVII, 17 della Biblioteca nazionale di Firenze, Napoli 1968, pp. 93-94; G. Vasari, Le Vite de' più eccellenti pittori scultori ed architettori scritte da Giorgio Vasari, a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1878, pp. 650-651; Vasari, Le Vite, II, 1967, p. 256; G. Della Valle, Lettere sanesi, II, Roma 1785, pp. 113-118 (rist. anast. Bologna 1975); E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi 1200-1800, Firenze 1976, III (ed. in facsimile del ms. del 1830 ca.).Letteratura critica. - J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, Storia della pittura in Italia, III, Firenze 1875; E. Baroni, Gli affreschi della chiesa di S. Lorenzo in Asciano, RassASen 2, 1906, pp. 14-17; F. Canuti, Un antico dipinto a Città della Pieve, ivi, 4, 1908, pp. 10-21; R. Van Marle, Simone Martini et les peintres de son école, Strasbourg 1920; s.v. Giovanni d'Asciano, in Thieme-Becker, XIV, 1921, pp. 107-108; P. Bacci, Il Barna o Berna, pittore della Collegiata di San Gimignano, è mai esistito?, La Balzana, n.s., 1, 1927, pp. 249-253; C. Brandi, Barna e Giovanni d'Asciano, ivi, 2, 1928, pp. 19-36; S.L. Faison, Barna and Bartolo di Fredi, ArtB 15, 1933, pp. 285-315; R. Van Marle, Le scuole della pittura italiana, II, den Haag-Firenze-Roma 1934; A.M. Gabrielli, Ancora del Barna pittore delle storie del Nuovo Testamento nella Collegiata di S. Gimignano, Bollettino senese di storia patria 7, 1936, pp. 113-132; J. Pope-Hennessy, The pseudo-Barna, and Giovanni d'Asciano, BurlM 88, 1946, pp. 35-37; Toesca, Trecento, 1951; C. Volpe, Precisazioni sul Barna e sul Maestro di Palazzo Venezia, AAM 10, 1960, pp. 148-158; O.A. Nygren, Barna da Siena, Helsinki 1963, pp. 60-65; E. Castelnuovo, s.v. Barna, in DBI, VI, 1964, pp. 410-413; S. Delogu Ventroni, Barna da Siena, Pisa 1972; A. Caleca, Tre polittici di Lippo Memmi e un'ipotesi sul Barna e la bottega di Simone e Lippo, CrArte, s. IV, 23, 1977, 151, pp. 55-80; C. De Benedictis, La pittura senese 1330-1370, Firenze 1979; E. Carli, La pittura senese del Trecento, Milano 1981; C. Knapp Fengler, Bartolo di Fredi's Old Testament Frescoes in S. Gimignano, ArtB 63, 1981, pp. 374-384; E. Carli, J.V. Imberciadori, San Gimignano, Milano 1987; A. Caleca, Quel che resta del cosiddetto Barna, in Simone Martini, "Atti del Convegno, Siena 1985", Firenze 1988, pp. 183-185; P. Torriti, Simone Martini, Art Dossier, 1991, 56, p. 46.