GIOVANNI da Bologna
Pittore di origine bolognese, attivo nel Veneto, dove è più volte documentato, a Venezia e a Treviso, dal 1377 al 1389.Restano di G. quattro opere firmate: il S. Cristoforo (Padova, Mus. Civ.), la Madonna con il Bambino e angeli (Milano, Pinacoteca di Brera), il polittico dell'Incoronazione Kress (Denver, Art Mus.) e la tavola della Madonna con il Bambino, santi e confratelli, proveniente dalla Scuola Grande di S. Giovanni Evangelista (Venezia, Gall. dell'Accademia). A esse Longhi aggiungeva (1946) il polittico nr. 17 della Pinacoteca Naz. di Bologna. In tutte queste opere G. appare personalità piuttosto modesta, che si muove quasi esclusivamente in un ambito strettamente veneziano, mostrando soprattutto forti influssi del linguaggio di Lorenzo Veneziano.Mancano notizie e precisi punti di riferimento per ipotizzare e definire l'iter della formazione di G., che sembrerebbe essersi svolta prevalentemente a Venezia. Delle sue opere certe, quella che presenta alcuni caratteri bolognesi, e che quindi potrebbe essere piuttosto giovanile, è la tavola con l'Incoronazione della Vergine di Denver, dove l'impostazione delle figure rivela nella robusta plasticità un legame, del resto già sottolineato da Bologna (1951), con i pittori del secondo Trecento bolognese, in particolare Simone dei Crocifissi; allo stesso pittore del resto rinviano le tipologie dei volti e le scelte dei colori chiari. Si potrebbe dunque pensare che il dipinto si debba porre all'inizio dell'attività di G., prima del soggiorno veneziano.Nel 1377 G. era sicuramente a Venezia e probabilmente già da qualche tempo: l'8 aprile di quell'anno infatti la Scuola dei mercanti di Venezia gli faceva dipingere un penello con un S. Cristoforo. Tale dipinto è stato identificato da Moschetti (1903) con la tavola di eguale soggetto oggi a Padova (Mus. Civ.), firmata "Ioanes / de Bononia / pinxit", che reca inoltre la scritta: "S(anctus) / Chr(ist)o/fo/rus / mer/cha/to/rum". Se la prima impressione è quella di un'opera che si deve leggere in chiave tradizionalmente veneziana, nell'orbita di Lorenzo Veneziano, vi sono una robustezza nella linea tagliente e incisiva di contorno e un espressionismo nel volto del santo (Longhi, 1946) che richiamano piuttosto Nicoletto Semitecolo e risultano comunque indicativi di quella componente nordica che è uno degli elementi costanti di tutta la pittura veneziana del secondo Trecento. G. si mostra in quest'opera padovana pittore di una certa personalità.Dal 27 luglio del 1377 e fino al 24 gennaio 1383 G. è più volte documentato a Treviso (Gargan, 1978), dove anche risiedeva e dove appare, oltre che come pittore, anche come orafo: di questo lungo soggiorno trevigiano tuttavia niente può essere attribuito con certezza al pittore, anche se molto interessante appare la proposta di Leoni (1986) di assegnargli la bella figura a fresco della S. Caterina nella omonima chiesa. Nel 1385 G. è ancora documentato a Treviso, ma risulta abitare a Venezia in contrada S. Luca; sempre in Venezia, in contrada S. Luca, risulta abitare nel 1389; in questa città il 23-24 ottobre dello stesso anno egli faceva testamento (Leoni, 1986).Sembra che le altre due opere firmate dal pittore, e cioè la tavola della Confraternita di S. Giovanni Evangelista (Venezia, Gall. dell'Accademia) e la Madonna di Brera, cui va aggiunto il Polittico nr. 17 della Pinacoteca Naz. di Bologna (Boskovits, 1974), possano essere assegnate agli ultimi anni della sua attività. Nei tre dipinti infatti strettissimo è il legame soprattutto con il linguaggio di Lorenzo, anche se tradotto e riproposto con una fattura meno raffinata e più semplificata, in chiave popolaresca. Chiaramente veneziano è inoltre il fondo rosso - tipico dei dipinti eseguiti per ambienti non troppo raffinati e ricchi - della tavola per la Confraternita di S. Giovanni Evangelista. Ad ambito strettamente veneziano rimanda infine la tipologia del polittico bolognese, pure esso interpretato nella parte pittorica con una particolare semplificazione compositiva e coloristica, non priva di esiti vivaci.Nella tavola della Gall. dell'Accademia e in quella di Brera, inoltre, sembrano notevoli anche i riferimenti a Giusto de' Menabuoi, ai quali riconducono l'incarnato dei volti e la plasticità, da leggersi in chiave continentale e postgiottesca, delle figurette più piccole, quali l'angelo e la Vergine dell'Annunciazione e le schiere dei confratelli della tavola veneziana e gli angeli della tavola milanese: un Giusto de' Menabuoi piuttosto tardo, della fine dell'ottavo decennio, quale appare dagli affreschi del battistero padovano e ancor più nella cappella del beato Luca Belludi nella Basilica del Santo di Padova. Questa ipotesi potrebbe gettare ulteriore luce sulla fitta trama dei rapporti che nel tardo Trecento legavano la pittura lagunare a quella veneta di terraferma, di cui potrebbe essere stato un protagonista appunto G. da Bologna.Altre attribuzioni al pittore, più o meno accettabili, sono la Madonna dell'Umiltà di Santa Corona a Vicenza (Arslan, 1956), l'Incoronazione della Vergine della Coll. Thyssen Bornemisza (Barcellona, Monasterio de Santa María de Pedralbes) e una Madonna con il Bambino (Mosca, Gosudarstvennyj Muz. izobrazitel'nych iskusstv im. A.S. Puškina; Boskovits, 1990). Non sembrano invece accettabili le attribuzioni a G., proposte da Leoni (1986), dell'Incoronazione nr. 656 del Mus. Correr di Venezia e della Madonna dell'Umiltà della Pinacoteca di Brera, e quella, avanzata da Lucco (1992), relativa alla croce proveniente dalla chiesa trevigiana di S. Paolo (Treviso, Mus. Civ. Luigi Bailo).
Bibl.: A. Moschetti, Giovanni da Bologna, pittore trecentista veneziano, RassA 3, 1903, pp. 36-39; L. Testi, La storia della pittura veneziana, I, Le origini, Bergamo 1909; F. Filippini, Giovanni da Bologna, pittore trecentista, RassA 12, 1912, pp. 103-106; B.C. Kreplin, s.v. Giovanni da Bologna, in Thieme-Becker, XIV, 1921, p. 112; E. Sandberg Vavalà, Contribution to the Study of Giovanni da Bologna, Art-Am 19, 1931, pp. 183-200; Cinque secoli di pittura veneta, a cura di R. Pallucchini, cat., Venezia 1945; R. Longhi, Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, Firenze 1946 (19522); F. Bologna, Contributi allo studio della pittura veneziana del Trecento, Arte veneta 5, 1951, pp. 21-31; Toesca, Trecento, 1951; W. Arslan, Catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia. Vicenza, le chiese, Roma 1956; B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, I, 1-2, Venetian School, London 1957; L. Grossato, Il museo civico di Padova. Dipinti e sculture dal XIV al XIX secolo, Venezia 1957; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Trecento, Venezia-Roma 1964; M. Boskovits, s.v. Giovanni da Bologna, in Dizionario enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani, VI, Torino 1974, pp. 23-25; L. Grossato, in Da Giotto al Mantegna, cat. (Padova 1974), Milano 1974, nr. 47; L. Gargan, Cultura e arte nel Veneto al tempo del Petrarca, Padova 1978; M. Leoni, Proposte per un soggiorno trevigiano di Giovanni da Bologna e note al testamento, Arte veneta 40, 1986, pp. 151-153; M. Lucco, Pittura del Trecento a Venezia, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, pp. 176-188; E. Cozzi, in Da Giotto al tardogotico, cat. (Padova 1989), Roma 1989, pp. 80-81 nr. 57; M. Boskovits, Early Italian Painting 1290-1470, London 1990; F. Flores d'Arcais, Venezia, in La pittura nel Veneto. Il Trecento, Milano 1992, I, pp. 17-87; M. Lucco, s.v. Giovanni da Bologna, ivi, II, pp. 525-526.