GIOVANNI da Carpi
Nacque a Carpi, presso Modena, in una data a noi sconosciuta ma da collocarsi presumibilmente nel primo quarto del XV secolo.
Non è altrimenti documentato un presunto cognome Grossi, che apparirebbe sulla firma di un codice da lui vergato, contenente le epistole di s. Girolamo, finora non rintracciato ma citato dallo Zaccaria che riporta la sottoscrizione "per me Iohannem Grossum Carpensem […] filium quondam commendabilis viri Francisci Grossi Ferrarie". Questo cognome, pur se presente all'epoca in Ferrara, anche nella forma de' Grassi, non risulta in alcun documento conosciuto relativo a G. o ad alcuno dei suoi familiari. Non è da prendere neppure in considerazione l'ipotesi della presenza di un cognome Bonisio, sebbene in calce a un codice da lui copiato si firmi "Ioannes [in caratteri greci] Bonisius", essendo quest'ultimo soltanto una crittografica divisa amorosa dedicata alla veneziana Lucrezia Bonisia. Dai documenti in nostro possesso conosciamo il nome di alcuni dei suoi familiari: il padre Francesco, spesso indicato come "egregius" o "commendabilis", doveva appartenere a una famiglia di alto rango sociale ed economico, come dimostrano anche le numerose case e terreni posseduti in Ferrara personalmente da lui o da membri della famiglia; un fratello di nome Guglielmo appare come testimone in più di un atto privato; un figlio di quest'ultimo, Antonio, fu anch'egli notaio e appare come testimone in un altro documento; un altro fratello, Iacopo, fu monaco benedettino della Congregazione olivetana, e ricopriva nel monastero di S. Giorgio oltrepadano presso Ferrara le importanti cariche di "cellarius, factor et procurator", vale a dire di amministratore. Un altro parente di nome Nicola appare in un documento come proprietario della casa in cui risiedeva G. nel 1467.
Sappiamo di un periodo di insegnamento di G. a Bologna, negli anni 1439-40, e poi di una sua presenza a Modena come maestro di grammatica, sempre nella prima metà del secolo XV. Molto probabilmente in questo periodo ebbe a conoscere Ercole d'Este, della cui corte fece parte dopo la presa di potere (1471).
Della attività come notaio di G. ci rimangono numerosi documenti, relativi agli anni 1449, 1454-63, 1465-72, 1474-78 e 1490. Oltre a questi possediamo un certo numero di minute che mostrano una grande variabilità di scrittura, con passaggi da una corsiva vicina alla umanistica, alla più tradizionale cancelleresca e con la soscrizione per lo più sommaria. Il segno di tabellionato appare solamente in un atto del 30 dic. 1469 e all'apertura del protocollo del 1472. Alcuni atti, fra questi i Capitula artis lane dell'1° sett. 1472, sono redatti in volgare, e pure in volgare appare talvolta il suo nome e la qualifica: "Zoanne da Carpi nodaro publico secr. e nodaro del Iudece deli XII Savii". La sua carica di notaio dell'Ufficio dei dodici savi risulta da molti documenti a partire dall'anno 1465. La firma più frequente è "Ioannes de Carpo", ma appare sovente anche "Ioannes Carpensis"; quella più estesa è accompagnata dalla qualifica "Imperiali et apostolica auctoritate notarius publicus Ferrarie Magnificorum XII Sapientium". Non è documentata o in alcun modo dimostrabile la sua supposta appartenenza al Consiglio segreto di Ercole I.
G. svolse parallelamente a quella di notaio l'attività di copista. Numerosi sono i manoscritti che portano la sua firma, tra questi vanno in particolare ricordati: il codice Magliabechiano VII 721 della Biblioteca nazionale di Firenze, datato 7 ott. 1450, il primo a sua firma (nella forma Bonisio) da noi conosciuto, nel quale sono conservate una silloge di poesie amorose (fra le quali rime di Petrarca e Giusto de' Conti) e l'Ars amandi di Ovidio; il codice contenente i Fasti di Ovidio proveniente dal monastero carmelitano di S. Paolo a Modena (Biblioteca Estense, ms. Est. lat. 1073, alfa.U. 7.20), datato 15 sett. 1460; il codice contenente i Carmi di Orazio, conservato presso la British Library (Harl. 4862), datato 16 nov. 1461; il codice virgiliano della Biblioteca Laurenziana di Firenze (Laur. 39, 9), contenente anche alcune opere umanistiche, datato 31 dic. 1464 (in questo codice viene indicata addirittura l'ora in cui G. terminò di copiare il manoscritto: "paene XIX"). Celeberrimo è il codice conservato a Venezia, presso la Biblioteca nazionale Marciana, proveniente dalla libraria di Ss. Giovanni e Paolo, contenente la traduzione latina, a opera di Guarino Veronese, del De situ orbis terraeque descriptione di Strabone, datato 1470 (Lat., cl. X, 85 3363).
Importante è anche l'opera di G. come poeta sia in latino, sia in volgare. Tra i suoi componimenti in latino ricordiamo l'Epitaphium in Nicolaum Albarisanum, accolto in una miscellanea, da lui compilata tra il 1460 e il 1461, e contenente, oltre a testi classici quali le Elegie di Properzio e i Priapeia pseudovirgiliani, opere di Gaspare Tribraco, di Guarino Veronese e di Ludovico Carbone, tutti poeti legati alla corte ferrarese. Il manoscritto, che attualmente si trova in Germania alla Herzog August Bibliothek di Wolfenbüttel (ms. 373), è tutto di mano di G., che però sottoscrive, in due date diverse, 15 nov. 1460 e 15 luglio 1461, solamente i pezzi classici in esso contenuti. Nel cosiddetto codice Bevilacqua conservato attualmente presso la Biblioteca Estense di Modena (ms. Est. lat. 1080 [alfaJ 5 19, già IV F 24]) sono contenuti due suoi carmi latini dedicati a Ercole I d'Este, il primo del 1467 "Non dubito post fata ducis succedere regno" e il secondo del 1471, data della presa di potere da parte di questo "Cum factus fuit Hercules dux". Nel manoscritto sono anche copiate una lettera di condoglianze inviata da Ferdinando d'Aragona per la morte di Borso d'Este, e una lettera del doge Cristoforo Moro al suo ambasciatore in Ferrara Giovanni Canal, registrata e sottoscritta in data 26 giugno 1471. Questo codice, che rappresenta l'ultima testimonianza dell'opera letteraria di G., contiene anche il Liber Isottaeus di Basinio da Parma, un'ampia raccolta di carmi di Guarino Veronese, opere di Gaspare Tribraco e versi di un poeta modenese minore, non altrimenti noto, Nicolò Quattrofrati.
Ignoriamo la data precisa della morte di G., che è da collocare poco dopo il 1490, anno dell'ultimo documento che lo riguarda.
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