CAVINO, Giovanni da
Figlio dell'orafo Bartolomeo, nacque probabilmente a Padova nel maggio 1500. Questa data è desunta dall'epigrafe sulla tomba del C. nel chiostro del noviziato della basilica del Santo a Padova (originariamente inS. Giovanni di Verdara): in essa si legge che il C. morì il 5 sett. 1570 all'età di settanta anni e quattro mesi (Cessi, 1969, p. 10).
Bartolomeo di Giovanni era originario di San Giorgio delle Pertiche in Cavino d'Arsego (oggi Camposampiero) nella provincia di Padova e pare che si fosse trasferito a Padova vari anni prima che nascesse il C. (ibid.).
Poco sappiamo della vita del C., che fu orafo, scultore e medaglista. Tutto si basa su tre documenti. Il primo stabilisce che il padre del C. morì nel 1517 (Padova, Museo civico, Archivio civico, Estimi antichi [sec. XVI] tomo 459, polizza 38, in Rizzoli, 1902, pp. 73 s.: il doc. nota che il padre di Bartolomeo, "Zuane de Bertin dal Chavin" pagava le tasse per la casa del figlio); nel secondo (ibid., pp. 74 s.), del 13 aprile del 1541 si ha un elenco delle notevoli proprietà terriere del C.; dal terzo, dell'11 giugno 1561 (ibid., pp. 75 s.), oltre all'elenco delle proprietà si possono ricavare notizie sul C. e sulla sua famiglia. Si sa, così, che anche Battista, fratello del C., morto nel 1561, era orafo, che il C. aveva abbandonato quest'arte e che suo figlio Camillo con un titolo in giurisprudenza dell'università di Padova era "dottor et procurator".
Nonostante che il documento del 1561 non li nomini affatto, sono stati considerati figli del C. un Vincenzo, al quale Bolzenthal (pp. 99 s.) attribuisce la medaglia del 1581 con il Cristo (Molinet, n. 55), e un Antonio (Cessi, 1969, p. 10), che sarebbe stato anche lui orafo, ma senza alcuna prova documentaria.
Il C. ebbe stretti rapporti con il circolo degli umanisti di Padova e in particolare con rantiquario Alessandro Bassiano: a queste relazioni accennano esplicitamente una elegia in versi di Francesco Savonarola (Cessi, 1969, p. 13) e una medaglia del C. che mostra i due profili accollati dello stesso C. e del Bassiano (esistono quattro versioni della medaglia; sul retro sono raffigurati rispettivamente il famoso giurista e patrono di artisti Marco Mantova Benavides, un genio che trattiene un delfino e incensa un altare, un'aquila ad ali spiegate su di un vaso capovolto dal quale esce una pianta, Cerere).
Bassiano era appassionato collezionista di monete antiche e scrisse una Interpretatio historiarum ac signorum in numismatibus excussarum excussorumne duodecim primorum Caesarum, inedita (Padova, Sem. vescovile, ms. 663); ed è generalmente accettato il fatto che Bassiano sia stato ispiratore e collaboratore del C. per le serie di imitazioni di monete antiche per le quali è rimasto famoso.
Insieme con il Bassiano il C. fu nominato esecutore testamentario di, Andrea Briosco l'8 marzo 1532 (E. Rigoni, Testamenti di tre scultori..., in Arch. veneto, s. s., XXII [1938], p. 89). La tomba del Riccio, come quella del C., è stata trasportata da S. Giovanni di Verdara nel chiostro del noviziato della basilica del Santo; è stato ipotizzato che il Bassiano ne abbia fornito il disegno e che il C. abbia eseguito il tondo di coronamento in bronzo, ora perduto (Cessi, 1969, p. 26).
Opera del C. sono due grandi medaglioni in bronzo (oggi nel Museo civico) che ornavano la porta di S. Benedetto a Padova con i ritratti di Andrea Navagero nobile veneziano e Girolamo Fracastoro dottore veronese; essi sarebbero stati messi in loco nel 1552 (Scardeone, p. 376). Sono state attribuite al C. altre opere di scultura fra cui un busto, forse Marco Mantova Benavides, già sul mercato londinese (Cessi, 1969, tav. di fronte a p. 72); ma l'opera del C. scultore è ancora da scoprire (Gorini, 1973, pp. 113 s. e n. 28).
Tutte le medaglie del C. sono coniate, la sua produzione viene generalmente divisa in due categorie: ritratti di personaggi contemporanei o imitazioni di antiche monete. L'identificazione dell'opera del C. è stata facilitata dai cinquantaquattro coni in gran parte, se non tutti, del C., conservati nel Cabinet des Médailles della Bibliothèque Nationale di Parigi (Forrer, I, p. 366; Giard, p. 193 n. 6); essi fanno parte dei centoventidue coni nell'abbazia di S.te Geneviève di Parigi dal 1670.
Cinquantasei di questi coni sono stati illustrati e pubblicati (Paris 1692) da CI. du Molinet: Hill (in Thieme-Becker) nota che alcuni di essi non erano del C., per esempio il Cristo (Molinet, n. 55) datato 1581 (che Bolzenthal attribuì all'ipotetico figlio del C., Vincenzo), e quello firmato dal medaglista "HB" (Molinet, n. 40).L'eliminazione dal corpus del C. - ad opera di Hill - di questi due coin elencati dal Molinet portò a dubitare anche di altri; ad esempio, l'imitazione del medaglione siracusano (Cessi, 1969, n. 117; Hill-Pollard, 1967,n. 400), descritto da Hill come di stile meno secco di quello consueto delle altre opere del C., e il cui disegno è molto differente dà quello delle monete che il C. risulta aver imitato.Per ovvie ragioni le imitazioni di monete romane del C. non sono datate, mentre lo sono varie delle sue medaglie. Tra le più antiche ricordiamo quella di Gabriele Taddini Martinengo (attribuita al C. da Hill, Notes..., 1912, p. 137), datata 1538, e quella di Vincenzo Dolce, datata 1539. La più tarda è una medaglia di Cristo (Cessi, 1969, n. 14; Lawrence, n. 112) firmata "Ioan, Cavinus Pa" datata 1565. Altre due medaglie sono firmate: una con Cristo firmata "Ioannes Cavineus" (Lawrence, n. 113; Forrer, I, p. 371) e una dei papa Giulio III, firmata "Io. Cavino P" (Cessi, 1969, n. 19; Gorini, p. 114, fig. 5), che è l'unica medaglia papale che conosciamo e la più grande (mm 48): come la medaglia del Cristo del 1565, questa ha un bordo atipico a perle lunghe che si alternano con alcune rotonde a coppie.
Molti eminenti veneziani e padovani contemporanei del C. compaiono nelle sue medaglie: tra essi, Gerolamo Comaro, Tiberio Deciano (importante collezionista di monete), Marc'Antonio Passeri. Benché le medaglie consistano in accurati ritratti eseguiti con l'incisività e la meticolosità dell'incisione su gemma, spesso sono state considerate (Hill; Panvini Rosati) aride, fredde, e di scarso interesse artistico.
Per i rovesci delle medaglie il C. usò spesso soggetti classicheggianti desunti da quelli delle monete che egli copiava, come, per esempio, le medaglie di CosimoScapti (Cessi, 1969, n. 41; Lawrence, n. 108) con il rovescio tratto da una moneta di Commodo; oppure Alfonso II d'Avalos (Cessi, 1969, n. 2; Gorini, p. 111) con il rovescio ispirato alla versione dello stesso C. della Iudea Capta su sesterzi di Vespasiano; o ancora Marc'Antonio Passeri (Cessi, 1969, n. 31) con il rovescio ricavato da un sesterzio di Pertinace. Il C. usava anche lo stesso rovescio per dritti diversi, o combinava scambiandoli dritti e rovesci.
Per esempio la medaglia di Marco Mantova Benavides ha quattro rovesci: Bassiano. e Cavino, Giampietro Mantova Benavides, un tempio e Luca Salvioni. Ma il tempio fa da rovescio anche a una medaglia di Giampietro Mantova Benavides. La medaglia di Luca Salvioni ha per rovescio la Cerere che fa da rovescio anche alla medaglia di Bassiano e Cavino e varie altre.
Molinet chiamava "padovane" le medaglie e le imitazioni di monete del Cavino. Questo termine venne in uso per tutte le imitazioni cinquecentesche di monete antiche; ma si riferisce, propriamente, solo a quelle del Cavino. Esso, però, non viene più usato per le medaglie del C.: e per "padovane" si intendono le serie di imperatori romani sino ad Alessandro Severo (morto nel 235). È molto dibattuta la questione se C. produsse queste medaglie con l'intento di ingannare il collezionista: tanta è l'esattezza dell'imitazione o della creazione ex novo degli originali romani.
Anche tra autori contemporanei del C. non vi era accordo su questa questione: B. Scardeone (Cessi, 1965, p. 28) ed E. Vico (Discorso sopra le medaglie degli antichi..., Venezia 1555, in Cessi, 1965 p. 28) lodarono l'abilità imitativa del Cavino. Nel 1592 A. Agostini (Dialoghi intorno alle medaglie) considerava già le padovane come falsi (Jones, p. 232). Nei secoli XVIII e XIX le padovane furono spesso incluse come pezzi autentici in collezioni di monete antiche, e vennero così a costituire per i collezionisti lo stesso problema che i falsi intenzionali. Nel 1746 tuttavia il Köhler difendeva ancora le intenzioni del loro autore. Gli studiosi moderni sono divisi sulla questione; ma la maggioranza tende a considerare oneste le intenzioni del Cavino. L'imitazione di monete antiche poteva certo essere considerata una professione altamente onorevole e meritoria nell'atmosfera di revival classico propria dell'Italia del Nord di quei tempi con la sua nostalgia per il passato, con l'apprezzamento che si faceva delle cose antiche e delle copie di oggetti classici ben conosciuti.
In molti casi le padovane differiscono dagli originali romani per l'uso di dritti e rovesci inventati, come la moneta di Faustina (Cessi, 1969, n. 60), o modificati, come la moneta di Nerone con navi al rovescio: la maggior parte delle monete antiche hanno otto navi al rovescio mentre la copia del C. ne ha sette; inoltre, a differenza delle monete antiche, nelle padovane il ritratto di Nerone è con la barba. Mentre la forma in genere è uguale, le padovane dimostrano una differenza stilistica dagli originali: sono più regolarmente circolari e talvolta impresse su di un tondello più, sottile. Il carattere rinascimentale della leggenda è rivelato dalla maggior regolarità delle lettere (in particolare N, H, D) piatte e quadrate. La M spesso è larga alla base, e stretta in cima, la A e la V sono strette e puntute. Sia le immagini sia le lettere sono più nette e chiare che nelle monete romane.
Qualche volta le medaglie del C. sono fatte di due metalli: ottone al centro e rame per un bordo esterno che inizia verso l'interno della iscrizione. Questo uso di due metalli era forse un tentativo di imitare la tecnicaantica e può esserne un esempio la moneta di Marco Aurelio oggi al Victoria and Albert Museum di Londra (Cessi, 1969, n. 102) o quella di Antinoo nella National Gallery di Washington (Hill-Pollard, 1967, n. 405).
Gli elenchi più completi di medaglie del C. sono pubblicati in Lawrence (1883) o in Cessi (1969).
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