CECCANO, Giovanni da
Appartenente alla più potente ed illustre famiglia della Campagna e Marittima, era figlio di Landolfo (I) conte di Ceccano, morto il 16 maggio 1182 (Annales Ceccanenses, p. 287), e di una Egidia, di cui sappiamo soltanto che si era recata nel 1190, dopo la morte del marito, in pellegrinaggio a San Giacomo di Compostella (ibid.) e che era ancora in vita quando suo figlio dettò nel 1224 il suo testamento (Pressutti, p. LXXXV). Un fratello di suo padre, Giordano, già abate di Fossanova e cardinale prete del titolo di S. Pudenziana dal 1188 (Ann. Ceccan.,p. 288), fu tuttavia il vero capo della famiglia fino al 1206, anno della sua morte.
Sei anni dopo la scomparsa del padre e dopo il ritorno dalla Germania dello zio cardinale, il C. sposò nel 1189 Rogasia (o Rogasiata) figlia di Pietro conte di Celano e sorella di Rinaldo arcivescovo di Capua (Kamp, I, pp. 112-16). Una sorella del C., Mabilia, fu data in sposa nel novembre 1188 a Giovanni conte di Tricarico (Ann. Ceccan., p. 288).
Dei figli del C. conosciamo i nomi di Landolfo, Berardo, Tomasia e Adelasia, che erano ancora in vita il giorno in cui il loro padre redasse il suo testamento (Pressutti, p. LXXXV); ma un quinto figlio, Teobaldo, figura nel testamento di Landolfo del 1264, il quale lo ricorda come suo fratello (Pressutti, p. LXXVIII).
Nel 1190, il C. "gladio militia accinctus est" (Ann. Ceccan., p.288). Questa è la più antica testimonianza di una investitura cavalleresca nel Lazio meridionale e denota l'alto rango cui era pervenuta in questo scorcio di secolo la famiglia dei conti di Ceccano (Toubert, II, pp. 1182 n. 1).
Il 15 febbr. 1212, Innocenzo III conferma all'abbazia di Grottaferrata lo "ius quod habebat dominus Iohannes de Ceccano in Sassone" (Sindici, p. 129, dal codice Z.δ.XII di Grottaferrata). La località su cui si esercitava lo ius del C. è stata a lungo identificata nella letteratura con Quarto del Sassone nei pressi di Marino (cfr. G. Tomassetti, p. 435). Una lettera di Gregorio IX trascritta nel codice diplomatico del monastero di Grottaferrata indica però chiaramente che Sassone era situato nei pressi di Terracina e che il conte di Ceccano aveva ceduto ai monaci di Grottaferrata diritti di pesca in un luogo chiamato altura domnica. L'informazione offerta da quest'ultima lettera papale corrisponde con quanto sappiamo da altre fonti sull'estensione delle proprietà dei conti di Ceccano. La denominazione Sassone è stata sovente messa in relazione con le affermazioni del Gregorovius, per il quale la famiglia dei Ceccano, di origine sassone, sarebbe scesa in Italia come altre famiglie campane al seguito degli Ottoni. Lo dimostrerebbe il perdurare dell'uso familiare di nomi germanici come Guido, Landolfo, Goffredo, Berardo e Rainaldo.
Gli Annales Ceccanenses, che assumono nella seconda parte il carattere di una vera e propria cronaca familiare e costituiscono uno dei principali testimoni laziali di questo genere cronachistico, documentano le liberalità concesse dal conte di Ceccano alla collegiata di S. Maria del Fiume in Ceccano fin dall'anno della sua consacrazione (1196: pp. 295, 296, 297 e 299; cfr. anche Potthast, n. 3489) e alla chiesa di S. Giacomo ad pontem di Ceccano (1209: p. 299; cfr. anche Sindici, p. 127).
Il 15 marzo 1199 il C. dona al monastero di S. Pietro di Villamagna nella diocesi di Anagni l'oratorio di S. Tommaso situato nel territorio di Carpineto (Pressutti, pp. LXXXIII-LXXXIV). La conferma rilasciata da Innocenzo III porta stranamento una data anteriore (13 marzo 1199: p. LXXXIV). Questo oratorio, eretto in onore di s. Tommaso Becket, è una delle prime chiese dedicate al martire inglese canonizzato a Segni il 2 febbr. 1173.
I conti di Ceccano erano vassalli della Chiesa romana per Ceccano e il territorio adiacente. Qualche mese dopo la morte del conte Landolfo (I), i figli furono costretti a rendere il castello di Ceccano a papa Lucio III (Ann. Ceccan., p. 287). Nel 1201 il C. prestò giuramento di fedeltà nelle mani di Innocenzo III e riconobbe di tenere Ceccano e tutta la sua terra dalla Chiesa romana (Le Liber Censuum, I, p. 427). Innocenzo III lo ripagò concedendogli in feudo la città di Sezze (Theiner).
La famiglia dei conti di Ceccano svolse un ruolo di primaria importanza nel quadro della politica territoriale di Innocenzo III quale nuova potenza in ascesa nella Campagna a sud della via Labicana. I domini dei Ceccano costituirono un caposaldo all'interno del vasto sistema di difesa costituito da Innocenzo III ai confini del Regno di Sicilia, comprendente, oltre al piccolo feudo ceccanese, le proprietà della famiglia Conti, la nuova contea di Sora affidata al fratello Riccardo e le proprietà del marescalco pontificio Giacomo (con Ninfa dal 1212 in poi). Con grande solennità, il C. si fece dunque incontro ad Innocenzo III in Anagni il 16 giugno 1208 e lo accompagno a Ceccano, dove si celebrò la sconfitta dell'ultimo signore tedesco che ancora teneva castelli nella regione (Sora, Sorella e Arce). Il disegno di Innocenzo III era giunto allora a compimento. I festeggiamenti offerti al pontefice dal C., cui accennano con dovizia di particolari gli Annales Ceccanenses, furono il suggello di una nuova potente alleanza (pp. 296-98).
Nel 1216 il C. respinse con fermezza Ruggero dell'Aquila dalle sue terre, lo incalzò fino a Vallecorsa e lo sconfisse, costringendolo a ripassare il Liri, e facendo prigioniero lo zio Roberto con settanta militi e altri uomini (Ann. Ceccan., p. 300): in questo momento il C. era senza dubbio il signore militarmente più potente della regione. Dopo la morte di Innocenzo III (16 luglio 1216), il C. condusse una lunga guerra contro i Colonna e i conti di Supino. Il 30 luglio 1216 attaccò il castello di Morolo, che aveva parteggiato per Ruggero dell'Aquila, lo incendiò facendo perire 424 fra uomini, donne, vecchi e fanciulli, e catturando Oddone Colonna, sua sorella Mabilia e sua figlia, che condusse prigionieri a Ceccano (Ann. Ceccan., p. 301). Onorio III, che continuò la politica territoriale del suo predecessore, intervenne nel conflitto tra i due feudatari, riuscendo a imporre un armistizio. Tra il maggio e l'ottobre 1217 il papa nominò rettore della Campagna il cardinale Giovanni Colonna, che ebbe così la possibilità di difendere la sua famiglia dalle pretese del conte di Ceccano. Onorio III propose allora un compromesso e riconfermò i diritti feudali del C. su Sezze (Pressutti, n. 773). Ma presto sorsero nuovi contrasti fra il C. e il pontefice. Forse a causa dell'assalto del castello di Morolo e dell'obbligo imposto a Tommaso di Supino, vassallo della Chiesa, di pagargli una somma di denaro e di prestargli giuramento di fedeltà (Ann. Ceccan., p. 301), il C. venne da Onorio III accusato di ingratitudine verso la Chiesa e privato del feudo di Sezze il 28 maggio 1208 (Pressutti, n. 1384).
Nel suo testamento, rogato il 5 apr. 1224, il C. lasciò ai figli Landolfo e Berardo il dominio di dodici castelli (Ceccano, Amara, Patrica, Cacume, Monteacuto, Giuliano, Santo Stefano, Pisterzo e Carpineto - che aveva ricevuto in feudo dal capitolo lateranense - al primo; Maenza, Rocca Asprana e Prossedi al secondo), oltre a possedimenti parziali in Montelanico (anch'esso feudo del capitolo lateranense), Alatri, Frosinone, Torrice, Ceprano, Piperno, Sezze e Ninfa. Non conosciamo nei particolari le fasi attraverso le quali si era venuto a costituire questo vasto territorio controllato dal conte di Ceccano; certo, si tratta di un vero e proprio piccolo Stato che si stendeva lungo gran parte della Valle del Sacco e che giungeva, attraverso i Lepini, fino alla Marittima. Esso dominava anche la bassa valle del Liri nel punto in cui viene attraversata dalla via Latina. Questo vasto patrimonio territoriale fu la base della potenza militare e politica del conte di Ceccano nel primo quarto del secolo XIII. La famiglia del C., una delle più aristocratiche della Campagna, fu l'unica a non aver subito l'attrazione di Roma e ad aver scelto deliberatamente di vivere nella Campagna. La funzione e l'importanza strategica dei loro domini furono tali da permettere una sua costante ascesa politica. La notizia secondo la quale il C. sarebbe stato senatore di Roma nel 1195 è del tutto infondata.
Non conosciamo l'anno di morte del C., che dovette comunque cadere fra il 5 apr. 1224, data del suo testamento, ed il 16 apr. 1227, quando in una lettera di Gregorio IX egli viene definito come "bone memorie" (Lesregistres de Grégoire IX..., n. 40).
Fonti e Bibl.: A. Theiner, Codex diplom. dominii temporalis S. Sedis, I,Romae 1861, p. 36 n. 45; Annales Ceccanenses, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XIX,a cura di G. H. Pertz, Hannoverae 1866, pp. 287-302; Le Liber Censuum de l'Eglise romaine…, a cura di P. Fabre-L. Duchesne, I, Paris 1889-1910, nn. LXV p. 340, CLXX p. 427; Les registres de Grégoire IX (1227-1241), a cura di L. Auvray, Paris 1890-1955, n. 40; A. Potthast, Regesta pontificum Romanorum, I,Berolini 1874, n. 3489; P. Pressutti, Regesta Honorii papae III, I,Romae 1888, pp. LXXXIII-LXXXVI (a p. LXXXV è l'ediz. del testamento del C.), e nn. 773, 1384; F. A. Vitale, Storia diplom. de' senatori di Roma..., I,Roma 1791, p. 74; G. Tomassetti, Della Campagna romana nel Medio Evo, in Arch. della R. Soc. rom. di storia patria, VIII(1885), p. 435; M. Sindici, Geccano. L'antica Fabrateria, Roma 1893, pp. 126-42; F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medio Evo, II,Roma 1900, p. 684; G. Caetani, Caietanorum genealogia, Perugia 1920, tav. LXVI; G. Falco, I Comuni della Campagna e Marittima nel Medio Evo…, in Arch. della R. Soc. rom. di storia patria, XLVII(1924), pp. 140, 142, 144; XLVIII (1925), pp. 23 s.; G. e F. Tomassetti, La Campagna romana antica, medioevale e moderna, IV, La via Latina, Roma 1926, p. 260; D. Waley, The Papal State in the Thirteenth Century, London 1961, pp. 54 s., 67, 131, 244, 247; R Toubert, Les structures du Latium médiéval ..., Rome 1973, I, p. 88 n. 1; II, pp. 1145 n. 1, 1182 n. I; M. Dykmans, Le cardinal Annibal de Ceccano (vers 1282-1350). Etude biographique et testament du 17 juin 1348, in Bull. de l'Institut belge de Rome, XLIII (1973), pp. 146-48, 218; N. Kamp, Kirche und Monarchie im Staufischen Königreich Sizilien, I,1, München 1973, pp. 112-16.