DA LEZZE, Giovanni
Patrizio veneziano, nacque nella seconda metà del sec. XIII da Leonardo, abitante a S. Giovanni Novo. La famiglia cui apparteneva non era numerosa né cospicua per la attività politica svolta ma il D. ebbe una certa importanza nella vita pubblica. La biografia e la sua carriera sono purtroppo ricostruibili solo in modo frammentario. Le prime sue esperienze in campo politico probabilmente risalgono agli anni a cavallo del secolo, sulle tracce del padre - Leonardo panceta - cheera stato membro del Maggior Consiglio nel 1279-81 ed era ancora attivo al servizio dello Stato nel 1291 in Istria. La prima notizia riferitaci dalle fonti sulla carriera del D. è quella relativa ad un'ambasciata presso il Comune di Treviso da lui effettuata nel novembre 1313., per chiedere che venissero rese sicure le strade che attraverso il Trevigiano collegavano Venezia con l'Europa centrale, e per domandare la rimozione di aggravi fiscali sulle merci in transito. Ebbe risposta favorevole dal Consiglio trevigiano, disposto ad accontentare Venezia anche per motivi di intrinseca debolezza (era cessata da poco la signoria cammese e nel 1314 vi sarebbe stato un trattato per regolare annose questioni di rappresaglie).
Il D. fu il primo ambasciatore veneziano a pieno titolo presso la corte inglese: venne mandato infatti presso Edoardo II pare alla fine del 13 19, e si trattenne presso quel sovrano sino al 1321. È probabile, ma non certo, che contemporaneamente abbia svolto attività diplomatica anche nelle Fiandre. La sua missione fu una tappa importante nell'evoluzione dei rapporti commerciali di Venezia col Nordovest europeo: nell'uso di vie marittime anziché terrestri, nel ruolo di appoggio e coordinamento dei traffici da parte dell'autorità pubblica e nella creazione, nei centri commerciali, di presenze stabili veneziane debitamente regolate e protette. Tale processo, stimolato da molti fattori (concorrenza di altri operatori italiani; difficoltà nelle condizioni dei traffici terrestri e nella possibilità di piazzare le merci orientali giunte a Venezia; progressi tecnici nella navigazione e nelle costruzioni navali), ebbe sviluppo molto più intenso e facile nei rapporti con le Fiandre - soprattutto con Bruges - che con l'Inghilterra. In Inghilterra il D. non ottenne altro che un permesso, concesso nell'aprile 1320 e limitato all'anno corrente, per l'approdo della muda veneziana. Rimasero perciò in sospeso gravi questioni relative ai danni causati in incidenti scoppiati tra veneziani e inglesi: oltre all'assalto sanguinoso, di cui si seppe a Venezia forse nel novembre 1319., contro una nave veneziana che portava lana da Boston alle Fiandre, vi era stata una rissa fragorosa a Southampton tra equipaggi veneziani e popolazione locale. Il problema delle condizioni (anche finanziarie) da proporre per risolvere le vertenze pendenti trovò diviso il Senato veneziano nei dibattiti che si ebbero nel periodo di tempo in cui il D. restò in Inghilterra. La missione del D., che si protrasse sino alla primavera del 1321, si concluse perciò senza esito e la muda veneziana delle Fiandre - iniziata solo nel 1315 - sembra aver abbandonato per alcuni anni i porti inglesi. A por fine alla vertenza per i fatti di Southampton contribuirono non tanto i diplomatici veneziani (il D. fu seguito nel 1321 da altri due inviati), ma piuttosto le compagnie fiorentine dei Bardi e Peruzzi, meglio inserite nell'ambiente inglese. In contrasto con questi contrattempi, del resto frequenti nelle relazioni veneziane di questi anni con i porti delle rotte occidentali, la diplomazia veneziana ottenne, grazie anche ai preliminari avviati dal D., indubbi successi nelle Fiandre. Le istruzioni date nel 1319 al D. gli indicavano specifiche richieste da presentare alle autorità interessate: istituzione a Bruges di un consolato; regolamentazione delle procedure in fatto di debiti; condizioni di vendita libere e alleggerite del carico fiscale, con un unico regime di pesi; piena libertà degli operatori nell'arrivare e partire. Queste richieste vennero sostanzialmente concesse a Bruges nei privilegi del maggio-giugno 1322. Le delibere del Senato per il periodo intercorso tra il 1319 e il 1322 indicano, che, sebbene l'intenzione originale fosse stata quella di affidare ad un unico ambasciatore - il D., appunto - tutte le trattative riguardanti i commerci con i porti atlantici, nel prosieguo dei negoziati subentrò poi l'opera anche d'altri, probabilmente perché il D. era trattenuto in Inghilterra.
Il 12 maggio 1322 il D. era certamente tornato a Venezia, dove fu testimone a un ordine del doge. La sua presenza all'atto non pare casuale, data la sua recente esperienza: si trattava infatti dell'assegnazione a sede giudiziaria di rivendicazioni d'indenizzo avanzate da Pietro Quattrolingue, importante protagonista della vita mercantile dei porti mediterranei francesi e spagnoli, per danni che sarebbero stati compiuti da navi veneziane. Che il D. si sia servito della esperienza diplomatica acquisita e della posizione di favore in cui lo poneva la sua qualità di esperto del commercio veneziano in Occidente anche per curare interessi privati suoi e di famiglia, è probabile; ma in proposito non ci risulta nulla di positivo, se si prescinde da un accenno allo zio paterno, Donato, contenuto in una delibera del Senato nel 1321 riguardante questi commerci.
L'ultima notizia che abbiamo sul D. è del 10 ott. 1328, quando, gravemente malato, aveva dettato in Venezia il suo testamento. Aveva sposato in prime nozze Alice, poi in seconde nozze Benvenuta. Aveva avuto quattro maschì: Donátello, allora già deceduto, e Leonardo, Luca (o Lucheto) e Benedetto; due figlie, Margarita e Agnellina. Dal testamento, ove si accenna anche agli eventuali diritti di altri figli e all'esistenza di un cognato, Paolo Nani da S. Geremia, si trae che, quand'esso fu dettato, non tutti i maschi erano in età adulta e che le figlie erano ancora nubili. L'età apparentemente giovanile dei figli suggerisce l'ipotesi che, o la stesura del testamento sia stata fatta quando il D. era in età non troppo avanzata, o che il D. si sia sposato in età matura, cosa per altro non rara per un mercante. Chiese che il suo corpo venisse inumato a Ss. Giovanni e Paolo ed ordinò la trasmissione pro indiviso della proprietas in S. Giovanni Novo. Dispose lasciti pii e l'assegnazione alle doti delle figlie dei suoi prestiti, destinando la sua sostanza ai figli Luca e Benedetto.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia. Misc. Codici, I, St. veneta, 20: M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patrizi veneti, IV, p. 235; Ibid., Notarile, Testamenti, b. 1189, c. 118v; Calendar of State Papers and Manuscripts... existing in the Archives and Collections of Venice..., a cura di R. Brown, I, London 1864, pp. LIII, LIX, LXVIII s.; CXXII, 3-7; Acta et diplomata ..., a cura di A. Minotto, I, 1, Venezia 1870, pp. 173, 176; I Libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, I, Venezia 1876, pp. 130, 132 s.; 202, 211, 240, 269, 321 s.; Deliberazioni del Maggior Consiglio di Venezia, a cura di R. Cessi, I, Bologna 1950, pp. 313, 316; Le deliberazioni del Consiglio dei rogati ..., a cura di R. Cessi - P. Sambin, I, Venezia 1960, pp. 140, 205, 214 s.; 226, 228, 231 s.; 236, 249 s.; G. Verci, Storia della Marca trevigiana, VI, Venezia 1787, doc. 606; R. Cessi, Politica ed economia di Venezia nel Trecento, Roma 1952, pp. 88-92; F. Lane, Venice and history, Baltimore 1966, pp. 209 ss.