GIOVANNI da Mantova
Nato presumibilmente nella seconda metà del secolo XI, G. è noto per l'esegesi applicata al testo sacro, tradita da un unico manoscritto (Berlino, Staatsbibliothek, Ms. theol. lat. 8° 167) dell'inizio del XII secolo. Il codice contiene un commento al Cantico dei Cantici (cc. 1r-132v) e un altro, il Liber de sancta Maria, sulle pericopi del Vangelo di Luca relative alla Vergine (cc. 133r-153v). Da queste due opere derivano le scarne notizie sull'origine e l'attività di Giovanni da Mantova. Forse originario di Mantova, come informano i titoli nel codex unicus, non fu un ecclesiastico o almeno non lo era quando scrisse - lui che non disdegna di presentarsi nel prologo al commento al Cantico come "rotam mundi non abhorrens" (p. 26: tutte le citazioni dall'edizione Bischoff - Taeger) -, mentre sua moglie dovette essere quella "Penia uxor Iohannis grammatici" registrata nel Liber vitae del monastero di S. Benedetto di Polirone (ed. Warner). E uomo di cultura lo qualifica il titolo del Liber Iohannis Mantuani grammatici de sancta Maria ad comitissam Matildam.
Se i testi poco dicono sull'autore, assai utili sono per identificare il milieu culturale da cui egli proviene. Chiaro, infatti, appare il legame di G. con la corte di Matilde di Canossa, a lei forse stretto da amicizia, per la quale dichiara di aver intrapreso l'opera sul Cantico: "Quapropter Cantica Canticorum, qui est doctrina contemplationis, me rogasti exponere sperans aliquid a me audire, quod tuae dilectioni possit proficere. Quod opus gratanter suscipio" (p. 26). Il commento, dedicato a Matilde, appare opera di letteratura esegetica militante, ricco di riferimenti a eventi e personaggi contemporanei che hanno consentito a Bischoff (1948, 1973) di collocare la composizione dell'opera tra la primavera del 1081 e l'ottobre del 1083, e quindi il testimone manoscritto, unico e di origine italiana, a soli vent'anni circa dalla stesura dei commenti. Infatti, il termine ante quem è ricavato dall'analisi interna del testo, dato che il sinodo romano celebrato nel novembre 1083 mise in ombra il tema della discessio come segno anticipatore dell'Anticristo, che G. sfrutta ancora ampiamente, mentre il termine post quem è dato dalla presenza in Italia dell'imperatore Enrico IV, come pare trasparire dal testo, il cui intento è di rafforzare l'animo di Matilde preparandola alla lotta. Su base indiziaria, Bischoff (1948, p. 27) ritiene che G. appartenesse alla cerchia del vescovo Ubaldo Vicedomino di Mantova.
Il manoscritto berlinese tramanda un testo ricco di errori, dovuti sia alla meccanica della copia, sia all'autore stesso, nonché lezioni indecifrabili, poche cruces e alcune lacune che comunque non intaccano l'integrità dell'opera ma che attenuano le competenze di G. come grammaticus. Certamente G. godette della stima di Matilde non solo come letterato ma pure come consigliere spirituale, sebbene laico, data la significativa testimonianza del prologo al Liber de sancta Maria: "Tuae caritatis studium saepe me monuit et admonitum impulit quaedam ingredi, quae aliter maximae deberent esse formidini. Non enim meae vitae moderatio tanta meo persuasisset animo, nisi tuo iuvarer merito. Sed, qui tuae satisfaciens dilectioni eadem admonente maxima ausus fui incipere, ad temeritatem vocor, de qua timeo, quam vereor; sed cogit me sperare tua munda intentio et caritas, quam in te diligo, et tua sancta petitio" (p. 156).
Si ignorano il luogo e la data di morte di Giovanni da Mantova.
G., come esegeta di testi sacri, occupa una posizione del tutto singolare, anomala nel giudizio degli interpreti moderni, non tanto per la singolarità di laico che commenta la Bibbia nella tradizione dei Padri ma per una produzione letteraria militante, data dallo stretto legame fra le soluzioni esegetiche e l'ambiente storico che le ha originate. Il testo, infatti, scritto perché la contessa traesse un insegnamento spirituale nel momento del suo impegno militare contro l'imperatore, trova proprio nella difesa della Chiesa a opera di Matilde la sua cifra peculiare. Come nota Bischoff, il commento di G. inaugura la serie delle opere scritte per Matilde o a lei dedicate, fra cui il commento ai Salmi di Anselmo da Baggio e la Vita Anselmi dello Pseudo Bardo, tutte opere scritte a Mantova in quel torno di anni ed espressamente richieste ai loro autori dalla contessa di Canossa. Il commento di G., rivolgendosi alla sfera personale di Matilde, impossibilitata a dedicarsi alla contemplazione, entra nel vivo di un problema drammaticamente sentito nel campo gregoriano, in cui l'ascetismo dominante tendeva ad abbandonare la lotta per una sublimazione di impronta monastica, per risolverlo nell'ideale gregoriano della "mistica dell'azione" come già ha ben individuato il Ropa (1978, pp. 408 s.).
Grazie al lavoro del Robinson e della Cantelli, l'opera esegetica di G. ha trovato chiara collocazione storiografica nella tendenza a commentare la Bibbia in riferimento a eventi politici contemporanei, propria del circolo di Matilde, ed efficace lettura delle fonti, della grammatica espositiva e della dottrina teologica, specie contemplativa. A questo proposito, nel commento l'insegnamento offerto riconosce all'azione una dimensione mistica, riportando gli avvenimenti dello scontro fra il papa e l'imperatore a una dimensione escatologica. Questo carattere di profezia è stato connesso da Ropa e Robinson allo sviluppo, in età gregoriana, di un tipo di esegesi in cui l'elemento profetico acquista un ruolo importante, proprio nel momento in cui la Chiesa prende coscienza della propria individualità storica e della propria irriducibilità al potere politico. Frequentatore della corte dei Canossa e sostenitore della necessità di un intervento militare della contessa, G. rimane tuttavia legato a un'esperienza di cristianesimo che trova nella contemplazione l'unica via di perfezione. Quindi, dovendo giustificare teologicamente il coinvolgimento di Matilde, elabora una dottrina che riconosce "l'azione come espressione e forma della contemplazione" (Cantelli). Come più volte G. asserisce, la vita contemplativa è superiore a quella attiva, come insegna la storia di Martino di Tours, costretto a rinunciare alla pienezza dell'esperienza mistica una volta eletto vescovo, ma "non tamen minoris eum meriti fuisse quam prius dicere audemus; nam licet contemplatio aliquantulum fuerit imminua, tanta fuit vis actionis, quae in prelatione ei fuit, quod dicere non audeo ista duo simul minus valere sola sua contemplatione" (p. 111).
Per giustificare teologicamente l'impegno di Matilde a fianco della Chiesa, G. riconduce il problema del rapporto tra azione e contemplazione alla conoscenza contemplativa, rinvenendo nella carità e nell'umiltà i significanti di una conciliazione possibile tra i due termini: "Litigant ista bona, sed concordant in radice una. Unita sunt, quia ex bono sunt, cum tamen diversa appetunt. Hic est diversitas unitatis et unitas diversitatis, hic est victoria sine damno et commodum sine detrimento, hic est corona victoriae sine damno invidiae. O gaudium exultantis sine dolore deiectionis! Vincit enim caritas, cedit humilitas; sed non gravatur victa, cum surgat in dilectionis victoria. O sponsa gratiae, quae sentis hanc litem, o beata ratio, in cuius vigore haec pugna oritur!" (p. 107).
Se la scelta del Cantico dei Cantici denuncia una spiritualità profonda e orientata specificatamente al rapporto tra azione e contemplazione, il Liber de sancta Maria completa l'intenzione di G. di fornire a Matilde più di un'esposizione dottrinale. La breve opera, che nasce come commento alla figura della Vergine nei Vangeli, si limita a commentare Luca, 1, 26-28, 39-45: in particolare, gli episodi dell'Annunciazione e della Visita di Maria alla cugina Elisabetta, con il canto del Magnificat.
Bischoff ha fatto precedere l'edizione delle opere di G. da uno studio delle fonti condotto dal Taeger, dove Aimone di Auxerre (Enarratio in Cantica Canticorum) e Roberto di Tombelaine (Commentarium in Cantica Canticorum libri duo) appaiono specificatamente sfruttati per il commento al Cantico, con una predilezione per i passi caratterizzati in senso tropologico-morale. Fonti principali del Liber de sancta Maria sono invece, oltre al commento stesso al Cantico, Origene (Homiliae sex in Lucae Evangelium) e il Venerabile Beda (In Lucae Evangelium expositio).
Fonti e Bibl.: Gospels of Matilda, countess of Tuscany 1055-1115, a cura di G. Warner, Oxford 1917, p. 43; B. Bischoff, Der Canticum Kommentar des Johannes von Mantua für die Markgräfin Mathilde, in Lebenskräfte in der abendländischen Geistesgeschichte, Dank- und Erinnerungsgabe an W. Goetz…, Marburg-Lahn 1948, pp. 22-48 (excerpta); B. Bishoff - B. Taeger, Iohannis Mantuani in Cantica Canticorumet De sancta Maria tractatus ad comitissam Matildam, Freiburg 1973 (cfr. anche la recensione di G. Ropa, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, III [1976], pp. 563-568); A. Mercati, L'evangeliario donato dalla contessa Matilde di Canossa al Polirone, in Id., Saggi di storia e letteratura, I, Roma 1951, pp. 213-255; F. Ohly, Hohelied-Studien. Grundzüge einer Geschichte der Hohelied-Auslegung des Abendlandes bis zum Jahr 1200, Wiesbaden 1958, pp. 106-109; H. Riedlinger, Die Makellosigkeit der Kirche in den lateinischen Hoheliedkommentaren des Mittelalters, Münster i.W. 1958, pp. 106-108; D.A. Bullough, Le scuole cattedrali e la cultura dell'Italia settentrionale prima dei Comuni, in Vescovi e diocesi in Italia nel Medioevo, Padova 1964, p. 139; R. Herde, Das Hohelied in der lateinischen Literatur des Mittelalters bis zum. 12. Jahrhundert, in Studi medievali, s. 3, VIII (1967), pp. 959, 1033; G. Ropa, Testimonianze di vita culturale nei monasteri matildici nei secoli XI-XII, in Studi matildici. Atti e memorie del II Convegno di studi matildici,Modena-Reggio Emilia 1970, Modena 1971, pp. 231-280; B. Smalley, Lo studio della Bibbia nel Medioevo, Bologna 1972, p. 89; G. Ropa, Studio e utilizzazione ideologica della Bibbia nell'ambiente matildico, in Studi matildici. Atti e memorie del III Convegno di studi matildici, Modena-Reggio Emilia, … 1977, Modena 1978, pp. 395-425; H. Silvestre, La prison de l'âme (Phédon, 62b.). Nouveaux témoignages du Moyen-Âge latin, in Latomus, XXXVIII (1979), pp. 982-986; G. Ropa, Intorno ad un tema apologetico della letteratura "matildica": Matilde di Canossa "sponsa Dei", in Reggiolo medievale. Atti del Convegno, Reggiolo… 1978, Reggio Emilia 1979, pp. 25-51; J. Leclercq, Cultura umanistica e desiderio di Dio, Firenze 1983, p. 112; A. Nobili, La cultura politica alla corte di Matilde di Canossa, in Le sedi della cultura nell'Emilia Romagna. L'alto Medioevo, Milano 1983, pp. 217-236; I.S. Robinson, "Political allegory" in the Biblical exegesis of Bruno of Segni, in Recherches de theologie ancienne et médiévale, L (1983), pp. 69-98; S. Cantelli, Il commento al Cantico dei Cantici di G. da M., in Studi medievali, s. 3, XXVI (1985), pp. 101-184; Rep. fontium hist. Medii Aevi, VI, p. 359; Lexikon des Mittelalters, V, coll. 588 s.