GIOVANNI da Montecassino
Non si conoscono la data e il luogo di nascita di questo monaco proveniente dall'abbazia di Montecassino, attivo come miniatore nella seconda metà del XIII secolo. L'unica sua opera documentata è l'Enciclopedia medica di Abū Bakr ibn Zakarīyā, il filosofo, alchimista e medico arabo, vissuto tra il IX e il X secolo e conosciuto nel Medioevo anche come Al Rāzī, per la quale, come si desume dalle fonti, G. venne incaricato di eseguire le decorazioni miniate (Durrieu, 1886, pp. 194 ss.); di questo testo si conservano attualmente due esemplari, uno alla Bibliothèque nationale di Parigi (Fonds lat. 6912), l'altro nella Biblioteca apostolica Vaticana (Vat. lat. 2398-2399).
Il vasto trattato medico che G. decorò è noto come Al-Hawy e fu donato a Carlo I d'Angiò dal sultano di Tunisi dopo la crociata del 1270, quasi certamente al termine di quel decennio. Il re ne fece curare la traduzione dallo studioso ebreo agrigentino Faraj di Salomon e seguì personalmente le varie fasi del lavoro con un'attenzione e una curiosità volta alla diretta conoscenza della medicina e della scienza, secondo quella consuetudine che caratterizzò l'ambiente di corte della Napoli angioina, in diretta continuità con la precedente cultura sveva. La traduzione di Faraj dovette essere interpretata come un evento culturale di tale rilevanza che fu copiata e decorata nei due esemplari citati, eseguiti contemporaneamente, della Biblioteca apostolica Vaticana (la bella copia) e della Bibliothèque nationale di Parigi. Infatti nel codice parigino sono presenti molte correzioni e aggiunte che risultano già incorporate nell'esemplare vaticano.
Entrambi i codici furono sicuramente decorati da G., anche se dall'ordine di Carlo I redatto a Napoli il 18 marzo 1281 risulta che per il codice parigino inizialmente l'incarico era stato dato a "Minardus Theutonicus" che invece eseguì solo alcune filigranate. Nella parte finale di questo stesso codice è rilevabile un intervento più ampio degli aiuti di Giovanni da Montecassino.
L'ordine del 1281 dispone la consegna del codice di Al Rāzī a "Minardus Theutonicus" affinché lo decori, e aggiunge che, se il detto miniatore non fosse in grado di eseguire il lavoro o in caso di morte o ancora "nel caso poi che mancassero i colori e le foglie d'oro per fare le immagini nei libri, si consegnino ad un monaco di Montecassino dimorante con l'Arcivescovo di Napoli" (Daneu-Lattanzi, 1978, p. 151).
Il secondo documento è datato 31 ag. 1282 e riguarda il pagamento a G. della notevole cifra di "due once auree e mezza" effettuato da Jean de Néelle, medico di Carlo I e suo consulente di biblioteca, poiché il miniatore, il quale aveva dovuto avvalersi di alcuni aiuti - come si desume anche dall'analisi delle miniature - si era dovuto fermare a Napoli due mesi e mezzo "in faciendis ymaginibus" (Durrieu, 1886, p. 194 n. 3).
Non si conoscono documenti successivi a quelli relativi alla decorazione miniata dell'Enciclopedia medica, così come non sono noti il luogo e l'anno di morte di Giovanni.
L'opera di G. è stata per lungo tempo considerarata mediocre, se non scadente (Bologna, 1969); la sua rivalutazione è relativamente recente (Daneu-Lattanzi, 1978; Leone de Castris, 1986) e tende comunque a sottolineare il carattere in parte attardato che lega il miniatore alle precedenti esperienze figurative sveve legate al mondo gotico d'Oltralpe. Ma lo stile delle miniature di G. non permette di collocarlo, senza sfumature, tra gli epigoni della cultura sveva. Nella scena che apre entrambi i codici e che illustra il dono del sultano a Carlo, l'arrivo del testo arabo presso il re e il conseguente avvio dei lavori di traduzione, riemerge con forza quell'attenzione al vero di natura che aveva segnato l'arte federiciana e manfrediana, qui applicata per un'esatta connotazione fisiognomica dell'arabo, dell'ebreo, ma anche del re Carlo famoso per i suoi lineamenti marcati. Questo forte naturalismo resta poi costante anche in tutte le altre figurate. In queste emerge anche la conoscenza di una pittura e di una miniatura dallo stile più quotidianamente narrativo rispetto a certe complessità dell'arte degli Svevi. Conoscenza attribuibile al fatto che, proprio nel periodo in cui G. vi lavorava, giunsero a Napoli dalla Francia meridionale una gran quantità di codici cavallereschi, caratterizzati proprio da questo linguaggio decorativo-narrativo, anche se non sempre di alta qualità. Ulteriori elementi che compaiono nell'arte di G., e che avvalorerebbero l'ipotesi di una sua formazione e appartenenza, almeno artistica, a Montecassino, sono una certa asprezza nell'uso dei contorni e una certa ieraticità nelle figure rappresentate, elementi riconducibili alla cultura figurativa bizantina nella particolare inflessione anticheggiante che questa aveva ricevuto, ancora fino alla metà del XIII secolo, nei cicli pittorici della zona compresa fra il Lazio meridionale e la Campania.
Fonti e Bibl.: P. Durrieu, Un portrait de Charles Ier d'Anjou roi de Sicile, frère de St Louis, peint à Naples en 1282 par le miniaturiste Jean moine de Mont-Cassin dans un manuscrit aujourd'hui à la Bibliothèque nationale de Paris, in Gazette archéologique, XI (1886), pp. 192-211; A. De Boüard, Documents en français des Archives angevines de Naples (règne de Charles Ier). Le comptes des trésoriers, II, Paris 1935, pp. 80-82; C.G. Coulter, The library of the Angevin kings, in Transactions and proceedings of the American Philological Association, LXX (1944), pp. 141-150; Ch.M.D. Samaritan - R. Marichal, Catalogue des manuscrits en écriture latine portant des indications de date, de lieu, de copiste, II, Paris 1959, p. 381; A. Daneu-Lattanzi, Ancora sulla scuola miniaturistica dell'Italia meridionale sveva, suo contributo allo sviluppo della miniatura bolognese, in La Bibliofilia, LXVI-LXVII (1964-65), pp. 156 s., n. 65; Id., Lineamenti di storia della miniatura in Sicilia, Firenze 1968, pp. 62 s.; F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli, Roma 1969, p. 54; A. Daneu-Lattanzi, Una "bella copia" di Al-Hawi tradotto dall'arabo da Farag Moyse per Carlo I d'Angiò(ms. Vat. lat. 2398-2399), in Miscellanea di studi in memoria di Anna Saitta Revignas, Firenze 1978, pp. 149-169; F. Avril - M.T. Gousset - C. Rabel, Manuscrits enluminés d'origine italienne, IIe-XIIIe siècle, Paris 1984, n. 186; P. Leone de Castris, Arte di corte nella Napoli angioina, Firenze 1986, p. 107; S. Musella Guida, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, II, Milano 1986, p. 578.