GIOVANNI da Salerno
Nacque nel 1317 a Salerno, in contrada Barbato, da famiglia modesta. La sua vita e le sue opere sono caratterizzate dal discepolato che lo legò a Simone Fidati da Cascia negli ultimi diciassette anni di vita di costui, come lo stesso G. ci tramanda nella vita di Simone. Dato che il Fidati cessò di vivere nel 1348, il principio del sodalizio va fatto risalire al 1332 (probabile anno d'ingresso di G. nell'Ordine agostiniano), quando il futuro beato, la cui data di nascita oscilla tra il 1280 e il 1295, aveva almeno trentasette anni e G. quindici.
L'ipotesi più probabile per spiegare come mai un frate che, secondo quanto prescriveva la regola, doveva appena avere terminato il periodo di noviziato si legasse a un confratello più maturo, la cui attività si svolgeva prevalentemente nella Toscana meridionale e nell'Umbria, è che il Fidati, durante la sua predicazione, fosse stato a Salerno e avesse preso con sé G., portandolo in Toscana, dove questi trascorse poi gran parte della sua vita.
Oltre alle dichiarazioni nei suoi scritti, molto sentite ma poco circostanziate, sul periodo trascorso da G. al fianco del Fidati non abbiamo altre informazioni. Del rapporto spirituale che legò i due resta invece la testimonianza di alcune lettere. In una di queste, G. chiedeva i conforti del maestro in un momento di incertezza e di dubbio istillati dal maligno ("cognosco vere esse dyabolicam tempestatem", in Il beato Simone Fidati da Cascia…, p. 311) e il Fidati rispondeva diffusamente, esprimendo sorpresa che G., il quale da tempo gli era accanto e aveva incominciato a trascrivere la dottrina appresa dal suo labbro (il passo vale anche come testimonianza che G. svolgeva per il Fidati mansioni di amanuense e copista), fosse esposto alle tentazioni. Anche ricorrendo a esempi scritturali, Simone esortava il discepolo a essere forte e a resistere. In un'altra lettera Simone comunicava il proposito di ritirarsi in un luogo solitario per meglio applicarsi alla contemplazione di Dio, ma il progetto, almeno per il momento, non era realizzabile, e Simone confessava che, a differenza del suo maestro Angelo Clareno, esitava a ritirarsi dal consorzio umano e dalla regola dell'Ordine, nel quale voleva militare con pazienza e umiltà, temendo di dare prova di orgoglio e di turbare i cuori semplici mettendosi eccessivamente in luce. La terza lettera riguarda la morte del Clareno, del quale Simone tesseva il compianto, inviando a G. le lettere che era riuscito a raccogliere, affinché, quando gli fosse stato possibile, le trascrivesse in bella copia su pergamena, in modo da tramandare la memoria del Clareno. Il che farebbe pensare che, almeno in questa circostanza, G. risiedesse in un convento diverso da quello del Fidati.
Per il periodo successivo alla morte di Simone da Cascia i dati su G. sono estremamente radi. Il 28 marzo 1358 fu mandato dal vicario generale dell'Ordine Gregorio da Rimini al convento di Rimini; il 28 ott. 1358, insieme con il confratello Riccardo da Piperno, munito della facoltà di predicare e di confessare i fedeli delle province di Siena, Pisa, Perugia, fu trasferito al convento di S. Leonardo a Lecceto, presso Siena, noto per la rigorosa osservanza della regola che vi si professava. Nel 1361 G. si trovava a Cascia, dove riportava nella chiesa di S. Agostino una pala che aveva fatto fare Simone per custodire delle reliquie e che evidentemente era andata dispersa alla sua morte.
Alla metà degli anni Settanta dovrebbe risalire uno scambio epistolare tra G. e Giovanni dalle Celle, come attesta una lettera di quest'ultimo a G. di poco posteriore al 12 dic. 1376 (Giovanni dalle Celle - L. Marsili, Lettere, n. 27, pp. 376-371) e un accenno in una seconda lettera, scritta dallo stesso entro i primi mesi del 1379 (n. 29, p. 374: "E ora al presente gli possono mostrare quelle lettere che io scrissi contra frate Giovanni da Salerno"). La lettera del cellense verteva sulle perplessità espresse da G. circa alcune manifestazioni di fede poco ortodosse in omaggio a Caterina da Siena (il bacio delle mani e dei piedi da parte dei fedeli) e l'assunzione su di sé, da parte di Caterina, della penitenza di un peccatore. Giovanni dalle Celle respingeva le perplessità di G. e faceva l'elogio di Caterina, considerando questi atti prove di autentica devozione; ma la lettera testimonia evidentemente una posizione tradizionalista da parte di G. e la diffidenza verso forme di religiosità che esulavano dalla spiritualità monastica.
G. morì a Salerno il 5 maggio 1388 e fu sepolto nella chiesa di S. Agostino: il che fa supporre che in età avanzata fosse ritornato ai luoghi d'origine. Sulla sua tomba fu apposta una lapide che ne ricordava in breve i meriti e le date.
Oltre alla citata vita del beato Simone (si tratta di una breve biografia in latino che precede gli scritti di Simone nel cod. Marciano lat., cl. III, 107 [= 2905] della Bibl. naz. Marciana di Venezia), al G. sono attribuite con certezza alcune opere volgari: L'esposizione volgare della Regola di s. Agostino secondo Ugo da San Vittore; un'altra volgarizzazione compendiaria della Regola con le Costituzioni, destinata alle monache convertite di S. Elisabetta a Firenze; l'Esposizione volgare de' Vangelii, volgarizzamento e adattamento del De gestis Domini Salvatoris (cioè l'esposizione di tutti i Vangeli) del Fidati. La sigla con cui, per modestia, G. sottoscrive il prologo dell'Esposizione de' Vangelii (F. Gio. da Sal. ecc.) ha generato in parecchi codici e stampe la confusione sul nome dell'autore, che talvolta è interpretato nelle forme Guido (così nell'Indice generale degli incunaboli [IGI], 8995, 8996), Gidio, Giuda, Gioda. Nell'Esposizione de' Vangelii l'atteggiamento di G. è quello del devoto volgarizzatore dell'opera del maestro, del quale aspira a diffondere l'insegnamento presso gli umili, che sono ignari di grammatica, ma desiderano accostarsi alle verità della fede. Nell'ambito di questa disposizione generale, che è di prammatica nella letteratura monastica, tuttavia G. non è pedissequo e la sua opera è piuttosto quella di un rielaboratore ed epitomatore. L'originale di Simone Fidati presenta quindici libri, che G. riduce a quattro, suddividendo così la materia: libro I, in venti capitoli, sul Battista, sua nascita e gesta, nascita e vita del Salvatore fino al battesimo; libro II, in trenta capitoli, sulla predicazione e i miracoli di Cristo; libro III, in ventuno capitoli, sugli insegnamenti morali di Cristo; libro IV, in ventisette capitoli, sulla passione, morte, resurrezione e ascensione. L'esposizione della Regola e le Costituzioni rientrano nella letteratura di divulgazione monastica destinata ai confratelli e alla consorelle dell'Ordine. G. vi mostra tempra di ordinato espositore e una rigorosa adesione all'ascetismo della vita monastica.
Esiste poi un gruppo di altre opere, in volgare o volgarizzamenti, la cui paternità, attribuita alternativamente al Fidati e a Domenico Cavalca, è stata a lungo disputata nel Sette e Ottocento, mentre oggi è generalmente accettata l'attribuzione a quest'ultimo. Si tratta di scritti devozionali o patristici: lo Specchio di Croce; il Pungilingua e i Frutti della lingua; il Trattato della pazienza, ossia La medicina del cuore, in due libri; la Disciplina degli spirituali; il Trattato delle XXX stoltizie che si commettono nelle battaglie spirituali, con altrettanti serventesi; l'Esposizione del simbolo, in 12 libri; i volgarizzamenti di parecchie vite di Padri della Chiesa e dei Dialoghi di s. Gregorio; l'Epistola a Eustochia di s. Gerolamo. Esclusa l'assegnazione al Fidati e, in seconda battuta, a G. come traduttore, soprattutto perché G. non fa menzione di queste opere nella vita di Simone, il Mattioli ha avanzato per esse, sulla base di argomentazioni intrinseche, la candidatura di G. come unico autore, dato che la dipendenza da una stessa mano è indiziata dalla presenza di riferimenti e rinvii incrociati all'interno dei testi. I tratti probanti la paternità di G. consisterebbero nelle analoghe professioni di modestia e di umiltà per il suo povero ingegno che ricorrono nei prologhi delle opere controverse e in quelli delle opere del Fidati volgarizzate da G., e nel fatto che, mentre negli scritti simoniani le citazioni scritturali sono ridotte al minimo e assorbite nel dettato (il beato, per testimonianza dello stesso G., scriveva velocemente e di getto), in questi scritti abbondano, così come anche in quelli a G. sicuramente riferibili.
Delle opere di o volgarizzate da G., l'unica che ebbe una rapida diffusione, anche al di là dell'ambiente monastico a cui era primieramente destinata (il manoscritto I.V.10 della Biblioteca comunale di Siena è di pugno di Filippo Agazzari, copista dell'eremo leccetano), fu l'Esposizione de' Vangelii, di cui si contano numerosi codici e due stampe quattrocentesche, molto scorrette (Venezia, A. Fosio, 1486, IGI, 8995; Firenze, B. de' Libri, 1496, IGI, 8996) e che fu accolta tra i testi citati sin dalla prima edizione del Vocabolario della Crusca. Gli scritti di G. sono pubblicati tutti da N. Mattioli nella sua Antologia agostiniana: la Vita del b. Simone, nel vol. II, Il b. Simone Fidati da Cascia dell'Ordine romitano di S. Agostino e i suoi scritti editi e inediti, a cura di N. Mattioli, Roma 1898, pp. 16-26; la lettera di G. a Simone e quelle di Simone a G., ibid., pp. 309-339; le esposizioni della Regola e le Costituzioni, nel vol. III, Fra G. da S. e le sue opere volgari inedite, ibid. 1901; nel vol. IV, Gli Evangeli del b. Simone da Cascia esposti in volgare dal suo discepolo fra G. da S., ibid. 1902. L'Esposizione del Paternostro (in Per le nozze Palmieri-Mocenni, a cura di A. Toti, Siena 1869) è un estratto dell'Esposizione de' Vangelii. Un Antico volgarizzamento delle Confessioni di s. Agostino è stato assegnato a G. da N. Mattioli, ibid. 1888.
Fonti e Bibl.: Giovanni dalle Celle - L. Marsili, Lettere, a cura di F. Giambonini, Firenze 1991, pp. 186 s., 191-193, 195, 366-371, 374; Il b. Simone Fidati da Cascia… e i suoi scritti editi e inediti, a cura di M. Mattioli, Roma 1898, passim; D.A. Perini, Bibliographia Augustiniana: scriptores Itali, III, Firenze 1935, pp. 144 s.; G. Ciolini, Scrittori spirituali agostiniani dei secoli XIV e XV in Italia, in S. Augustinus vitae spiritualis magister. Settimana internazionale di spiritualità agostiniana, Roma… 1956, II, Roma 1959, pp. 367-369; C. Delcorno, Cavalca, Domenico, in Diz. biogr. degli Italiani, XXII, Roma 1979, p. 579; E. Menestò, Fidati, Simone, ibid., XLVII, ibid. 1997, pp. 406-410; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXVII, coll. 573 s.