GIOVANNI da Tocco
È difficile dire qualcosa di certo sulle origini di questo personaggio, che svolse attività di medico e di professore di medicina a Napoli a partire dall'ultimo decennio del XIII secolo. I registri angioini relativi a quel periodo sono andati distrutti durante la seconda guerra mondiale; di essi sopravvivono solo alcuni estratti e i regesti che ne trasse chi potette leggerli prima della loro distruzione.
Il nome - tra l'altro piuttosto comune - potrebbe essere toponimico e rimandare alla località posta nei pressi di Benevento. Tuttavia, dal breve regesto di un documento del 19 giugno 1297 (in Fonti, n. 351) sembra che si possa dedurre che fosse di Avellino. Mastrorilli, invece, ci dice che era nativo di Penna ma, probabilmente, si riferisce a un omonimo, più tardo, personaggio, valente uroscopista attestato nel 1344. Forse ancora a un altro omonimo si riferisce un documento del maggio 1334 (brevemente regestato ibid., n. 3245), con cui si concedeva la licenza di esercitare l'arte medica a tale Giovanni di Tocco, figlio del notaio Francesco. Del resto, è anche difficile determinare se appartenesse a un ramo della famiglia dei Tocco, di antica nobiltà, che prese il nome dalla menzionata località nei pressi di Benevento, che da essa fu posseduta in feudo. L'appartenenza a questa insigne famiglia, che dette i natali a illustri giuristi, potrebbe essere dimostrata dagli incarichi diplomatici che G. svolse.
La data di nascita, sulla base degli sviluppi della sua carriera accademica, può essere collocata poco oltre la metà del XIII secolo. Infatti, a partire dal 1294 si incontra spesso il suo nome nelle commissioni esaminatrici che dovevano concedere la licenza per l'esercizio della professione medica e chirurgica. Forse svolse gli studi a Napoli ed è molto probabile che abbia compiuto il proprio perfezionamento a Salerno, dove era ancora molto attiva, e vantava una tradizione prestigiosissima, l'antica scuola medica. Del resto, la cultura medica napoletana appare come una evidente proiezione di quella salernitana, in quanto ne rivalutava e ne propagava i metodi, generalmente orientati verso la prassi.
Sappiamo poco della sua attività scientifica: alcuni documenti ci fanno intendere che era esperto nella "cura apostematum vulnerum et crepaturarum" (ibid., nn. 877, 879).
G. dovette partecipare senz'altro alla fioritura, avvenuta in epoca angioina, della scuola medica napoletana, che acquisì sempre maggiore fama a discapito di quella salernitana, che era in via di decadimento. La possibilità di sfruttare i bagni termali della zona flegrea, segnalati spesso come misura terapeutica nei ricettari dell'epoca, i proficui contatti, per mediazione della corte, con le importanti scuole francesi e, soprattutto, le acquisizioni derivate dalla rinnovata e fervida lettura dei trattati classici e arabi - favorita dai sovrani, che ne fecero spesso trarre copie e traduzioni - diedero a Napoli l'opportunità di svilupparsi, soprattutto in questo campo, come rinomato centro di studi, anche se privo di un indirizzo scientifico del tutto originale. Del resto, il privilegio attribuito dai sovrani angioini alla disciplina medica - ma anche a quella giuridica - risulta evidente dal numero dei docenti, più ampio rispetto a quello delle altre facoltà, e soprattutto dall'entità dello stipendio. Dai documenti che ci sono pervenuti, sappiamo che G., non diversamente dagli altri professori di medicina dello Studium, ebbe una retribuzione annua di 20 once d'oro: una somma decisamente più ingente rispetto a quella percepita dai professori delle artes, che oscillava tra le 8 e le 12 once d'oro annue.
Da un documento del marzo 1295 (ibid., n. 259), indirizzato al giustiziere di Terra di Lavoro, sappiamo che G. apparteneva alla gerarchia ecclesiastica. Infatti, in esso si fa riferimento a una comunicazione, inviata al re di Napoli Carlo II dal vescovo di Trani, relativa alla concessione a G. della chiesa vacante di S. Croce di Barletta. In questo documento, re Carlo, che approva e sancisce la nomina, chiama G. "physicus, familiaris et fidelis noster canonicus", attributi non puramente esornativi, bensì significativi dello stretto rapporto che lo legava al sovrano.
La partecipazione di G. alla vita ecclesiastica è attestata, inoltre, anche dal fatto che nel 1306 fece costruire, come sembra, a sue spese la chiesa di S. Maria di Gerusalemme in Pescara, per la quale, come sussidio, il re concesse il permesso di estrarre, ovvero di esportare dal Regno, senza corrispondere tasse, 500 salme di frumento.
Non è raro incontrare, in quest'epoca, professori dello Studium che fossero anche dignitari di corte, che presto divenne un centro di studi parallelo, ma collegato con l'università. Tuttavia, G. andò ben oltre la funzione di apparato, e venne impiegato per svolgere mansioni impegnative e delicate dal punto di vista politico. Infatti, sappiamo di due sue missioni diplomatiche dirette l'una, nel 1304, a Roma, l'altra, svolta insieme con Egidio Raimondo, nel 1308, presso papa Clemente V. Probabilmente G. fu scelto come inviato in Francia presso la Sede papale non solo per la sua fedeltà al sovrano e per le sue capacità di mediazione, ma anche per il suo status di ecclesiastico.
Monti fa terminare la sua attività accademica nel 1308, ma si possono trovare documenti attestanti la sua partecipazione a commissioni esaminatrici, deputate al conferimento della licenza per l'esercizio della professione medica e chirurgica, ancora nell'anno successivo.
Dopo il 1309 non abbiamo più notizie di G. e, dato che fino ad allora il suo nome si incontra spesso, è probabile che la sua morte sia da collocare proprio in quell'anno.
Fonti e Bibl.: F. Pellegrini, La medicina militare nel Regno di Napoli dall'avvento dei Normanni alla caduta degli Aragonesi, Verona 1932, docc. I bis, II, III, III bis, V, VI, VII, VIII bis, XXXV, XXXVI, XLVII; Fonti per la storia della medicina e della chirurgia per il Regno di Napoli nel periodo angioino (a. 1273-1410), a cura di R. Calvanico, Napoli 1962, ad indicem; Registri della Cancelleria angioina, XXXI, Napoli 1980, ad indicem; M. Camera, Annali delle Due Sicilie, II, Napoli 1860, p. 70; M. Mastrorilli, I lettori della scuola di medicina di Napoli dal sec. XIII alla fine del sec. XVIII, Napoli 1906, p. 7; G.M. Monti, L'età angioina, in Storia dell'Università di Napoli, Napoli 1924, pp. 85, 100.