GIOVANNI da Traetto
Scarse e desultorie sono le notizie sulla sua vita. In base alla cronologia relativa alle tappe della sua carriera amministrativa ed ecclesiastica possiamo forse collocarne la nascita al penultimo o ai primi anni dell'ultimo decennio del XII secolo; dalla denominazione toponimica con cui veniva identificato possiamo desumere che nacque a Traetto (l'attuale Minturno, vicino Gaeta).
La sua prima attestazione risale al dicembre 1219 quando, in qualità di notarius regis, regolarizzò una donazione di Andrea Lupino, valletto del re Federico di Svevia, in favore del vescovo Richerio e della Chiesa di Melfi. A partire da quella data risulta far parte della Cancelleria di Federico (incoronato imperatore nel novembre del 1220). Grazie alla sua funzione di notaio e alla sua preziosa collaborazione acquisì il favore del sovrano che, in più di un'occasione, lo definì non solo "familiaris", ma anche "nutritus". Si tratta di termini molto significativi, che indicano, senz'altro, l'alto grado di stima e di affetto di cui era fatto oggetto. Cosa che, del resto, è ravvisabile nell'importante incarico che gli venne affidato nel novembre del 1223, quando fu scelto a rappresentare Federico II nel trattato di alleanza con il re di Francia, Luigi VIII il Leone: "Hanc autem confederationem precepimus et iniunximus iurandam pro nobis et in anima nostra a Renaldo duce Spoleti dilecto familiari et Iohanne de Traiecto curie nostre notario" (Mon. Germ. Hist., Constitutiones…).
La funzione di plenipotenziario, col mandato di giurare in nome e sull'anima dell'imperatore, dimostra certamente l'alto onore che gli veniva tributato, ma non può, tuttavia, non lasciarci un po' sorpresi che il titolo di familiaris venga riservato solo al duca Rainaldo di Spoleto, tanto più che, poco dopo, su G. si appuntò ancora il benevolo interesse di Federico II.
Nel corso del 1224 furono indirizzate al papa Onorio III due lettere con cui l'imperatore sollecitava la ratifica della nomina di G. ad arcivescovo di Brindisi. Non sappiamo con precisione quando G. venne eletto a quella alta carica ecclesiastica: la prima attestazione risale a una lettera imperiale del 3 maggio 1224 (Acta Imperii, I, p. 242 n. 265), ma la designazione doveva essere avvenuta già diversi mesi prima. Nella lettera citata, Federico II si lamenta del fatto che l'elezione di G., chiamato "nutritus et fidelis notarius", non sia stata ancora ratificata, nonostante, dice l'imperatore, "apud sanctitatem vestram oportune ac importune institimus et instamus, nuntios nuntiis et litteras litteris frequentius inculcantes". Questo susseguirsi convulso di lettere e di messi non potette svolgersi se non nel corso di molti mesi. Comunque, l'elezione dovette avere luogo non prima della seconda metà del 1222: il predecessore di G. sulla cattedra arcivescovile di Brindisi, Peregrino, risulta ancora in vita il 24 aprile di quell'anno; appare, però, difficile pensare anche che possa collocarsi in un periodo precedente al novembre del 1223, quando G. partecipò alla missione diplomatica per la stipula del trattato di alleanza con il re di Francia: forse G., ricordato, tra l'altro, solo con il titolo di notarius, si sarebbe trovato in una situazione troppo rischiosa, in quella prima fase di scontro tra l'autorità imperiale e quella papale.
Infatti Federico II, andando oltre quelli che erano i suoi diritti, che gli lasciavano solo la possibilità di dare il proprio consenso all'elezione effettuata dal capitolo, cercò spesso, in vario modo, di far cadere la scelta su candidati da lui protetti e proposti che, però, in quel periodo vennero sistematicamente bocciati dalla Curia papale. Ciò capitò, appunto, a proposito della sede di Brindisi, ma anche di quelle di Salerno, Aversa, Acerno, Sarno, Conza e Bari. A far accettare l'elezione di G. non valsero né l'intercessione dell'arcivescovo Tancredi di Otranto e dell'abate di S. Spirito di Palermo, inviati da Federico II presso la corte pontificia, né il fatto che egli era ben noto al papa e da lui apprezzato, come risulta da quanto viene ricordato in un'altra epistola imperiale, in cui si dice che "sedes apostolica plenam erga ipsum benivolentie gratiam tunc ostendit, cum pro ipso coram omnibus fratribus vestra sanctitas nos rogavit" (Acta Imperii, I, p. 243 n. 267). Alcuni problemi, però, sussistono riguardo alla datazione di questa lettera, che risulta compilata "VIII iulii XII indictionis": la XII indizione, infatti, corrisponde al 1224, ma la lettera è inserita, nei Registri Vaticani, tra quelle del settimo anno di papato di Onorio III, cioè tra luglio 1222 e luglio 1223. Böhmer l'ha datata al 1222; Winkelmann in un primo momento (1880) al 1224 e, successivamente (1889), al 1222. Sulla questione è, infine, tornato Kamp, che l'ha persuasivamente assegnata al 1224.
Del resto, Onorio III concesse a G., per il tramite del vescovo Richerio di Melfi, la chiesa di S. Giovanni di Barletta, concessione che, tuttavia, il 30 genn. 1224 fu costretto a revocare, perché quella chiesa era di obbedienza monastica e non secolare.
Il 25 sett. 1225 il papa comunicò all'imperatore di aver eletto gli ordinari delle diocesi contestate; l'imperatore però osteggiò queste nomine e l'arcivescovo di Brindisi, Giovanni di San Liberatore (come pure gli altri presuli eletti dal papa), rimase fuori della sua diocesi sino all'aprile 1226. Comunque, la motivazione che il papa addusse per la mancata ratifica dell'elezione di G. consistette nella constatazione che essa non era stata celebrata entro i tre mesi previsti. Lo veniamo a sapere dalla stessa lettera imperiale da cui abbiamo desunto anche la citazione relativa all'apprezzamento di Onorio III nei confronti di G.; da essa ricaviamo anche che G. era canonico di Brindisi, notizia che, però, non viene suffragata da nessun altro documento relativo a quella città.
Qui si fermano le attestazioni sicuramente relative a G.: non è infatti certo che sia da identificare con lui il canonico capuano menzionato tra il 1225 e il 1239 come "baiulus sancte Capuane ecclesie" o come "magister domus archiepiscopalis" (Kamp, p. 672, n. 74).
Della morte di G. non conosciamo né il luogo né la data.
Fonti e Bibl.: Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, II, a cura di L. Weiland, in Mon. Germ. Hist., Legum sectio IV, Hannoverae 1896, p. 125 n. 99; J.-L.-A. Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici secundi, Parisiis 1852, I, p. 716; II, pp. 195, 203, 259, 364, 387; Acta Imperii inedita, a cura di E. Winkelmann, I, Innsbruck 1880, pp. 211 s. n. 230, 220 ss. n. 239, 235 s. n. 258, 242 n. 265, 243 s. n. 267; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, V, 1, a cura di J. Ficker, Innsbruck 1881-82, nn. 1078, 1345, 1354, 1356, 1397, 1399, 1492, 1500, 1509, 1528; V, 4, a cura di P. Zinsmaier, Köln-Wien 1983, nn. 1078, 1345, 1354, 1356, 1397, 1399, 1492, 1500, 1509, 1528; P. Pressutti, Regesta Honorii papae III, Roma 1888, n. 4739; Documenti tratti dai Registri Vaticani, a cura di D. Vendola, I, Trani 1940, pp. 123 s. n. 139; Le pergamene di Capua, a cura di J. Mazzoleni, I, Napoli 1957, pp. 118 ss., nn. 57 s., 63 s.; G. Jannelli, Pietro della Vigna di Capua, Caserta 1886, p. 183; E. Winkelmann, Kaiser Friedrich II., I, Leipzig 1889, p. 213; H.M. Schaller, Die Kanzlei Kaiser Friedrichs II.: ihr Personal und ihr Sprachstil, in Archiv für Diplomatik, III (1957), pp. 230, 271 s.; N. Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien, I, 2, München 1975, pp. 671 s.; E. Kantorowicz, Federico II imperatore, Milano 1976, pp. 127, 356.