LAZARA, Giovanni de
Nacque a Padova il 28 sett. 1744, primogenito di Niccolò e di Margherita Polcastro. La famiglia, tra le più cospicue della nobiltà cittadina, oltre a palazzi in città possedeva la contea di Palù. Nel 1768, quando la Repubblica di Venezia soppresse i conventi con meno di 10 religiosi, la famiglia ottenne la restituzione della chiesa, del convento e dei beni esistenti nella contea e ne lasciò la rendita alla popolazione e al curato.
Dopo la consueta educazione in famiglia, il L. frequentò il collegio dei gesuiti e successivamente le lezioni di filosofia scotistica nel convento del Santo, sotto il padre B. Perissuti. Socio dell'Accademia dei Ricovrati dal 28 giugno 1783, assistette a lezioni universitarie e agli incontri culturali del seminario. Una spiccata passione lo indusse a importanti acquisti di quadri e altri oggetti d'arte, profittando anche della soppressione del monastero benedettino di S. Giustina; la sua collezione di stampe, nel palazzo di famiglia a S. Francesco, arrivò a 2000 pezzi, con esemplari di A. Mantegna, Parmigianino, A. Pollaiolo.
Poco dopo iniziò una lunga serie di viaggi in città italiane, intrapresi per vedere i capolavori artistici e, all'occasione, conoscere artisti e uomini di cultura; ovunque andò "razzolando diplomi, carte, documenti […] ora divenuti più preziosi che mai, perché, manomessi […] ai dì nostri tanti archivi e biblioteche, perirono molti monumenti preziosissimi della gloria italiana, e andarono a finire in paesi lontani" (Sagredo, p. 62). A Roma, quasi smarrito dal profluvio di opere d'arte, divenne amico di A. Canova; a Ercolano e Pompei seguì i lavori di scavo con F. Galiani; a Firenze incontrò il marchese F. Manfredini, precettore dei figli di Leopoldo di Toscana e appassionato, come lui, di calcografia; a Pisa e Siena entrò in rapporti con artisti, letterati, collezionisti e critici d'arte (A. Fabroni, F. Gori Gandellini, G. Ciaccheri). Fu poi in città del Nord: l'epistolario testimonia fecondi rapporti culturali con M. Cesarotti, S. Stratico, A. Fortis, G. Bossi, Canova, S. Bettinelli.
Dopo l'ascrizione, nell'aprile del 1783, all'Ordine dei cavalieri di Malta, il 22 ott. 1789 partì per Malta; dove il 1° dicembre fu ufficialmente aggregato all'Ordine e, sino al settembre 1790, prestò servizio sulla fregata "S. Elisabetta".
Rientrato a Padova, fu spinto dal fratello Gerolamo (nel 1785 iscritto, con alcuni intellettuali ed esponenti della nobiltà, alla loggia massonica disciolta dal governo) a partecipare alla vita politica locale: dal 28 dic. 1791 sino al dicembre 1793 fu nel Consiglio dei sedici, sorta di giunta esecutiva eletta ogni anno dal Consiglio maggiore, in cui sedevano tutti i nobili ascritti. Ma più che agli affari cittadini, gli unici che la Repubblica di Venezia lasciava alla nobiltà di Terraferma, si dedicò ai prediletti studi di storia dell'arte. La sua ricca biblioteca si aprì agli uomini colti del Veneto: J. Morelli, bibliografo e custode della Biblioteca Marciana di Venezia; Cesarotti, docente di greco ed ebraico all'università; G. Toaldo, docente di astronomia; C. Sibiliato, letterato, poeta, custode della biblioteca del Seminario, insegnante di lettere latine; Stratico, docente di medicina, matematica e fisica; Fortis, celebre naturalista; G.B. Belzoni, archeologo e viaggiatore; B. Gamba, editore e scrittore.
Aiutò P. Brandolese nella compilazione della guida di Padova (Pitture, sculture, architetture della città di Padova, Padova 1795), L. Cicognara per le Memorie spettanti alla storia della calcografia (Prato 1833; alle pp. 10, 26, 68 i cenni di ringraziamento di Cicognara) e L. Lanzi per la Storia pittorica della Italia (ed. definitiva, Bassano 1809): Lanzi, venuto appositamente a Padova a raccogliere notizie sui pittori cittadini, dedicò la sua opera esplicitamente al L., andato a Bassano dall'editore Remondini a correggere le bozze.
Nel 1793 gli Inquisitori di Stato lo nominarono ispettore e sovrintendente alle più celebri pitture esistenti a Padova e nel suo circondario, carica non solo onorifica che conservò sino alla caduta della Repubblica. Tra il 1793 e il 1794, accompagnato da Brandolese, visitò accuratamente chiese, palazzi, case private e prese nota di tutte le pitture di pregio esistenti nella provincia, per sottrarle a degrado e dispersione: di esse, come pure di tanti altri preziosi oggetti che collezionò insieme con le predilette stampe, tracciò preziose schede storiche.
Mentre si dedicava allo studio e alla cura del patrimonio artistico di Padova, dalla Francia cominciarono a filtrare le idee di "liberté, égalité, fraternité"; a Padova i ceti popolari restarono fedeli alla Repubblica di Venezia, ma la nobiltà, tradizionalmente ostile al governo marciano, si mostrò sensibile, almeno in alcuni esponenti, a qualche velleità di rinnovamento e mutamento politico-sociale, sia pure di segno molto moderato. Gerolamo Lazara aderì anche alla seconda loggia massonica, scoperta nel 1792. Se l'Università e il seminario rimasero per lo più fedeli a posizioni tradizionalistiche, sul piano ideologico-culturale e su quello politico, intellettuali e nobili "democratici", ovvero simpatizzanti per le "massime francesi", si radunarono tra il 1796 e il 1797 nel salotto della contessa Arpalice Papafava; in questo ritrovo, cui non mancarono mai il L. e il fratello, convenivano tra gli altri l'abate Alvise Savonarola, già in contatto con gli emissari di Napoleone Bonaparte, G. Greatti, bibliotecario dell'Università, G. Polcastro, nobile e deputato della città, G. Da Rio, G. Dottori e A. Meneghelli. L'abate G. Gennari, attento cronista della vita cittadina e alfiere delle posizioni più conservatrici, definì questo salotto addirittura "unione dei Giacobini", ma in realtà le sue posizioni politiche, per quanto è dato sapere, non andarono al di là di generiche aspirazioni umanitarie e di moderate riforme, anche se non mancarono aperti riferimenti, talvolta accompagnati da auspici non dissimulati, ai successi delle armate di Bonaparte in Italia. Il L. fu tra i più moderati dell'esiguo nucleo di "democratici" patavini, anche se nel luglio 1796, in una lettera ad A. Miari (conservata nel fondo Lettere dell'Archivio de Lazara a Lendinara, cit. da Rigobello), si sbilanciò parlando apertamente di un'"ora della rigenerazione […] ormai prossima". Il 23 apr. 1797 il generale G. Lahoz occupò Vicenza e con un proclama invitò i Padovani a destituire i rettori veneziani; il 28 un gruppo di "democratici", guidato da Savonarola, accolse festosamente le truppe francesi e giurò fedeltà alla Repubblica francese: tra i primi a prestare giuramento e a ricevere in casa Lahoz furono i due fratelli Lazara. Contemporaneamente si insediò la nuova Municipalità democratica, di cui facevano parte quasi tutti i "democratici" del salotto di Arpalice Papafava. Il giorno successivo, la neonata Municipalità incaricò il L., Polcastro e l'abate Cesarotti di recarsi a incontrare Bonaparte, reduce da Leoben (dove aveva firmato i preliminari, a loro ignoti, della pace con l'Austria), per "manifestargli il pensiero devoto e i supplici voti di Padova".
L'incontro avvenne a Treviso: Bonaparte ebbe parole di elogio per Cesarotti, di cui ammirava le traduzioni di Ossian, e annunciò l'imminente fine politica delle Repubblica di Venezia, che sarebbe avvenuta il 12 maggio. La vita della neonata Municipalità di Padova fu breve, ma agitata e foriera di cocenti delusioni per i "democratici"; per ingraziarsi il popolo furono aboliti alcuni dazi sui generi di consumo e abbassati i calmieri di prima necessità, ma d'altro lato, sotto gli ordini imperiosi delle forze di occupazione francesi, vennero imposti onerosi prestiti forzosi e decime; il 2 maggio arrivò a Padova Bonaparte, che nella sala della Ragione proclamò che "il veneto leone non rugge più": scarsa l'eco di questo fulmineo soggiorno del "liberatore dell'Italia", enorme invece quella del saccheggio del Monte di pietà, avvenuto due giorni dopo (il 16 maggio Bonaparte tentò di recuperare credito intimando un processo ai soldati responsabili). Deluso da questo imprevisto corso della "democratizzazione", Gerolamo Lazara si dimise dalla Municipalità (5 maggio 1797); gli subentrò il L., che sperava di contribuire a un corso meno rovinoso dell'auspicata "rigenerazione": seguì con impegno la costituzione della guardia civica, un corpo di 400 volontari che, a partire dal 22 maggio, cercò di mantenere l'ordine pubblico in città. In quei giorni, per ordine del commissario in capo dell'armata d'Italia, K.L. Haller, si procedette allo spoglio degli oggetti preziosi e delle opere d'arte delle chiese del Carmine, di S. Giustina, del Santo, del duomo; il 9 maggio il L., insieme con Polcastro, partì per Milano, per chiedere al Bonaparte la restituzione di una parte dei tesori depredati, in cambio dell'impegno a mantenere la divisione francese di stanza a Padova; appena arrivati a Milano, nella notte del 12 maggio 1797, vennero a sapere dell'abdicazione del Maggior Consiglio e quindi della fine della Repubblica di Venezia; il giorno dopo incontrarono Bonaparte, ottenendo "belle parole, ma niente di più".
Il 15 maggio la Municipalità di Padova incaricò il L., Polcastro, Savonarola e un altro cittadino di partecipare al congresso di Milano per la progettata unione alla Repubblica Cisalpina: la delegazione doveva anche ottenere un freno alle ruberie e requisizioni dei commissari francesi e significare agli altri "democratici" convenuti l'aperto rifiuto di collaborare e di sottoscrivere una qualche forma di alleanza con la neonata Municipalità democratica di Venezia.
Il congresso di Milano cessò il 31 maggio senza determinazioni conclusive e l'adesione alla Cisalpina sfumò; di ritorno a Padova il L. e Polcastro accettarono dal generale G. Brune l'incarico di organizzare un governo rappresentativo del dipartimento padovano: nacque così il Governo centrale del Padovano e Polesine di Adria e Rovigo (14 luglio 1797), peraltro subordinato alla decisiva volontà del comandante militare francese.
La situazione di Padova in questi giorni era disastrosa: requisizioni, prestiti forzosi, ruberie delle armate francesi prostravano l'economia cittadina; dilagava il malcontento popolare verso i Francesi e i municipalisti che, impotenti, ne secondavano le decisioni. Il 21 luglio il L., deluso dal nuovo corso "democratico" e sfiduciato delle prospettive, si dimise dalla Municipalità adducendo motivi di salute e si ritirò a Frassinelle, presso Arpalice Papafava; il 18 agosto, tornato in città, rifiutò di rappresentare (insieme con P. Polfranceschi) le Municipalità venete, riunite in congresso a Vicenza, presso il Direttorio esecutivo, a Milano e a Parigi: avrebbe dovuto richiedere l'annessione delle provincie venete alla Repubblica Cisalpina, ma si dichiarò incapace di trovare in sé "validi motivi per continuare a servire la Municipalità, i cui eccessi disgustano ogni cittadino e fan odiare un tal reggimento" (24 ag. 1797). A questa rinuncia contribuì forse la diffusione in città di un manifesto anonimo dove il suo nome compariva in una lista di municipalisti, sovrastata da un corvo, una forca e dalla scritta: "questa è la fine dei bricconi" (Gennari, p. 1605).
A Padova proseguivano requisizioni e prelievi, a Campoformido si trattava sulle sorti del Veneto; il 30 settembre il L. fu inserito tra i 35 ostaggi richiesti perentoriamente dal generale Andrea Massena e inviati al quartier generale di Udine allo scopo di mantenere la calma in città, mentre maturavano le decisioni finali sulle sorti dello Stato veneto. Tornò a Padova il 15 ottobre, con l'incarico di curare la soppressione della scuola di carità, le cui rendite furono trasferite all'ospedale degli Infermi; il 17 ott. 1797 il trattato di Campoformido sancì la cessione del Veneto all'Austria. Il 18 genn. 1798 gli Austriaci entrarono a Padova e si scatenò l'odio popolare verso gli ex municipalisti; il L., come altri nobili più moderati tra i "democratici", accettò di far parte del Consiglio generale della città, rimesso in funzione dal governo austriaco. Nel giugno 1798 raggiunse a Udine Arpalice Papafava: a Padova la reazione cominciò a colpire gli ex "democratici", e tra nobili e intellettuali fioccarono arresti, epurazioni, relegazioni.
Il L. non partecipò più alla vita pubblica: la sua corrispondenza lascia solo l'eco di un'attenta e sofferta osservazione delle tumultuose vicende politico-militari, dalla guerra degli Austro-Russi contro la Francia, l'occupazione francese di Padova (16 gennaio - 6 apr. 1801), la dominazione austriaca (1801-05), il napoleonico Regno d'Italia (1806-13), alla nuova dominazione austriaca (1813 e 1814-48).
Tra settembre e novembre 1801 il L. fu in Dalmazia per scavi archeologici: a Salona rinvenne un'importante stele funeraria greca di età imperiale, donata nel 1825 al Museo civico. In seguito trascorse alcuni mesi all'anno a Venezia tra librerie, biblioteche, chiese e palazzi, forniti delle predilette pitture. Senza preoccupazioni economiche, studiò, aiutò letterati e critici d'arte, continuò a schedare opere d'arte d'ogni sorta, viste direttamente o sulla base di descrizioni inviategli: rimane un volume miscellaneo di 365 pagine, ricco di preziose notizie sui pittori; partecipò assiduamente alla vita culturale della città (Accademia, Università, seminario) e, tra l'altro, donò pregevoli lapidi al Museo civico, aperto nel 1825 dall'abate G. Furlanetto.
Il L. morì a Padova l'11 febbr. 1833.
Fonti e Bibl.: Lendinara, Arch. de Lazara, Albero genealogico della famiglia Lazara; Elenco delle menzogne tirate contro la famiglia Lazara; Lettere 1783-1834; Arch. di Stato di Padova, Anagrafi(1816-1834), filza 9; Deputati e cancelleria, 1777-1806, n. 19; Estimo 1797, polizze democratiche dei padovani maggiori e minori, I-III, 3, n. 88; Tabelle mortuarie 1833, n. 65; Padova, Arch. dell'Acc. Patavina di scienze, lettere ed arti (già Acc. dei Ricovrati), Registro dei verbali, vol. C; Ibid., Biblioteca del Museo civico, Mss., 149, 3, XLV: Cronica de quattuor patriciis familiis: Docta, Papafavia, Lazara et Rustica; B.P., 4894: G. de Lazara, Miscellanea di scritti appartenenti alle belle arti contenente copie di manoscritti e documenti; B.P., 793-XII: I. de Conti, Genealogia familiae De Lazara Patavinae; B.P., 271-XII: G.A. Moschini, Orazione funebre pel cav. G. de L. letta nella parrocchiale di S. Francesco nel 1833; B.P., 874-IV: G. Polcastro, Compendio storico degli avvenimenti accaduti nella città di Padova o ad essa appartenenti dal 1787 al 1794; B.P., 1016: G. Polcastro, Memorie per servire alla vita civile e letteraria d'un padovano; Ibid., Biblioteca universitaria, Mss., 860: Annali di Padova dai primi atti della democrazia nell'aprile 1797 al 5 aprile 1801; Annali della libertà padovana, ossia Raccolta compiuta di tutte le carte pubblicate in Padova dal giorno della sua libertà, disposte per ordine de' tempi, a spese di P. Brandolese, Padova 1797, I-II, passim; G. Gennari, Notizie giornaliere di quanto avvenne specialmente a Padova dall'anno 1739 al 1790, a cura di Loredana Olivato, Cittadella 1982; Ruolo dei cavalieri…ricevuti nella veneranda lingua d'Italia della Sagra Religione Gerosolimitana e distinti nelli rispettivi priorati, Malta 1789; P. Brandolese, Pitture, sculture, architetture ed altre cose notabili di Padova nuovamente descritte, Padova 1795; Cittadini nobili che formano il Consiglio della città, Padova 1798; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Bassano 1809 (cfr. ed. a cura di M. Capucci, Firenze 1968); L. Cicognara, Istoria della pittura, Prato 1823, V, p. 242; A. Meneghelli, Del conte G. De L. cavaliere gerosolimitano e de' suoi studi, Padova 1833; A. Sagredo, G. De L., in Giornale di belle arti e tecnologia, maggio 1833, pp. 59-66; L. Cicognara, Memorie spettanti alla storia della calcografica, Prato 1833, pp. 10, 26, 68; G. Polcastro, Brano delle memorie riguardanti una legazione del Municipio di Padova al Bonaparte nel 1797, Padova 1889; J. Toffanin, Il dominio austriaco in Padova dal 20 gennaio 1798 al 16 gennaio 1801, Padova 1901; A. Ongaro, La Municipalità a Padova nel 1797, Padova 1904; M. Borgherini, Il governo di Venezia in Padova nell'ultimo secolo della Repubblica (dal 1700 al 1797), Padova 1909; O. Ronchi, La serie inedita dei reggenti il Comune di Padova fra gli anni 1797-1852, in Bollettino del Museo civico di Padova, XV (1912), pp. 71-99; L. Lazzarini, Le origini del partito democratico a Padova fino alla Municipalità del 1797, in Nuovo Archivio veneto, n.s., XXIII (1920), pp. 5-97; G. Monteleone, L'occupazione francese di Padova nel 1801 (16 gennaio - 6 aprile), in Bollettino del Museo civico di Padova, LI (1962), 1, pp. 137-171; 2, pp. 57-102; M.B. Rigobello, G. De L.: un nobile padovano tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento, tesi di laurea, Univ. di Padova, facoltà di lettere e filosofia, anno accademico 1971-72; G. Silvano, Padova democratica (1797). Finanza pubblica e rivoluzione, Padova 1996, pp. 166, 184.