MESNIL, Giovanni de
MESNIL (Mesnilio, Menilio), Giovanni de. – Non si conoscono la data e il luogo della sua nascita, avvenuta probabilmente in Francia nella prima metà del XIII secolo. L’ipotesi della nascita ad Angers, o comunque nell’Angiò, è basata sugli stretti legami che il M. ebbe con Carlo I d’Angiò.
Nell’agosto 1266 era prete e ricopriva le funzioni di elemosiniere del neoincoronato re di Sicilia Carlo I d’Angiò. Il papa Clemente IV gli aveva concesso un canonicato nella cattedrale di Le Mans sub expectacione prebendae. Probabilmente il provvedimento aveva suscitato le proteste degli altri aspiranti e il 21 agosto da Viterbo il pontefice riconobbe i diritti di precedenza di questi rispetto al Mesnil.
Il 25 sett. 1267 compare con il titolo di magister. Per compensare i suoi lunghi servizi il re lo nominò ciantro, o cantore, della Cappella del palazzo reale di Palermo, investendolo per anulum e attribuendogli i redditi anche per il precedente periodo di vacanza del beneficio.
Dopo la morte, nell’ottobre 1268, del cancelliere del Regno di Sicilia Giovanni d’Acy e fino alla nomina, il 30 novembre, del successore Goffredo de Beaumont, fu incaricato di reggere l’ufficio della Cancelleria. Sostituì temporaneamente anche il nuovo cancelliere, che il 2 genn. 1269 a Foggia gli consegnò il sigillo. Il 3 aprile il re lo nominò protocappellano, o maestro cappellano, del Regno di Sicilia. Nello stesso tempo divenne anche arcidiacono della Chiesa palermitana.
Fu a fianco di Carlo d’Angiò sia a Foggia sia durante l’assedio di Lucera. Aveva ricevuto per sedem apostolicam l’amministrazione del monastero di Torremaggiore nel Foggiano, forse durante la vacanza seguita alla morte di Clemente IV (29 nov. 1268). Nell’aprile del 1269 si occupò presso gli abitanti della stessa Torremaggiore, nonché di San Severo e di Sant’Andrea, dell’acquisto forzoso per la Curia regia del frumento e dell’orzo conservati nelle «fovee». Contemporaneamente fu incaricato della raccolta di beni mobili di interesse bellico, quali i tentoria (padiglioni) sequestrati presso l’ospedale teutonico di S. Leonardo al «traditore» Guglielmo de Siponto, o il palafreno e un’altra tenda lasciati dal defunto Tommaso de Stampis, del quale era l’esecutore testamentario. Nell’ottobre del 1269 ricevette tutti i beni depositati presso l’ospedale di S. Giovanni gerosolimitano di Bari, mentre rilasciava ricevuta per molti beni sequestrati ai proditores di Gallipoli e di Terra d’Otranto. Provvide inoltre alle spese per la costruzione della nuova cappella regia nel palazzo reale di Pantano presso Foggia e riscosse i redditi della cappella del castello di Nocera.
Seguì la corte a Melfi e a Napoli. Divenuto maestro razionale, ovvero il controllore della contabilità, della Magna Curia, il 21 dic. 1269 (o il 5 gennaio successivo) ebbe in dono vitalizio dal re, che lo investì personalmente per anulum, una casa a Napoli, in contrada Domus nova, appartenuta al defunto giudice «traditore» Nicola de Termulis, per abitarvi con il fratello Ugo. Nel marzo del 1270 era ancora a corte a Capua: il 15 febbraio aveva ottenuto la restituzione al monastero di Torremaggiore dei beni locati o dati in enfiteusi ai proditores.
Inviato dal re in Sicilia, compì il viaggio da Napoli a Messina sulla galea di «Goffrido Ianuensi». Prima del 30 luglio inviò un messaggero a Lipari per informare dell’arrivo di Carlo d’Angiò; si occupò del traghettamento da Catona a Messina di 664 cavalli, del loro mantenimento e del soldo per gli scudieri; intraprese un’azione giudiziaria per una questione di victualia contro due messinesi contumaci, Filippo Mustazzoli e Stefano Protonotari. Per il proseguimento del viaggio fino a Palermo fu approntata una galea, la cui riparazione richiese due settimane.
Da Tunisi il 24 sett. 1270 Carlo d’Angiò incaricò il M. della costruzione di un sepolcro per il fratello, Luigi IX re di Francia, e gli dette istruzioni per risolvere le difficoltà economiche e di vettovagliamento sulla costa africana. Gli chiese l’invio di carni, soprattutto cacciagione, giacché gli animali allevati erano macilenti e dovevano ancora essere ingrassati. Destinato alla corte, era arrivato in Sicilia dalla Puglia un carico di frumento putrido, che il M. doveva vendere o trasformare in biscotto per i marinai, provvedendo ad acquistare altro grano e a inviarne la farina. Nello stesso tempo il M. fu redarguito dal re per il modo in cui, esercitando le funzioni di receptor fiscalis pecunie undecumque provenientis – compresi anche i proventi della sovvenzione generale pro maritagio della figlia Beatrice d’Angiò – aveva eseguito l’incarico di ricevere e trasmettere al sovrano tutto il denaro disponibile non solo nel Giustizierato di Sicilia ultra flumen Salsum, ma anche nel resto dell’isola e in Calabria. Fu sollecitato a recarsi a Palermo e a disporre entro il 15 ottobre l’invio del denaro alla corte. Il 30 ottobre fu incaricato del soldo e di tutto il necessario per i 500 marinai esperti che dalla Sicilia dovevano raggiungere l’esercito a Tunisi e della nomina di una persona che a Trapani si occupasse dei cavalli.
Cessata l’emergenza militare, che lo aveva posto in posizione di primo piano per il reperimento e la destinazione dei finanziamenti, il 18 dic. 1270 il re, ormai a Palermo, gli affidò, in quanto maestro razionale, accertamenti riguardanti il cittadino di Cefalù Berardo de Tancredi relativi all’imposizione fiscale disposta nell’anno indizionale 1263-64 dal conte Enrichetto Ventimiglia.
Il 22 genn. 1271 si preparava a lasciare la Sicilia con 11 cavalcature, per le quali ricevette libero transito attraverso lo stretto. Il giorno successivo a Messina consegnò alla Regia Camera oro e gioielli del defunto giustiziere Enrico «de Melficta». Il 25 ottenne un provvedimento per la riscossione dei suoi diritti sul beneficio nella Cappella Palatina di Palermo. Il 13 giugno il re intervenne contro alcuni mercanti genovesi residenti a Palermo, che avevano rifiutato di sottoporsi alla giurisdizione del M. come arcidiacono in materia di adulterio. Dal 15 luglio è documentata la presenza del M. a Napoli. Seguì la corte a Melfi, dove il 6 nov. 1271 ricopriva il ruolo di vicecancelliere del Regno.
Il nuovo papa, Gregorio X, aveva sollevato la questione dei beni del defunto arcivescovo di Monreale, Trasmondo, e il 2 ottobre Carlo d’Angiò aveva ordinato al castellano, essendo vacante anche la sede arcivescovile palermitana, di consegnare i beni che si trovavano nel palazzo reale di Palermo all’arcidiacono M., tramite i suoi procuratori, con la motivazione che potevano esservi beni appartenenti alla Chiesa di Corinto, dalla quale Trasmondo era stato trasferito. Il M. avrebbe depositato i beni ricevuti in consegna, destinandoli eventualmente alla Sede apostolica, dopo gli accertamenti necessari. Il re aveva ordinato al capitolo della cattedrale di Palermo, nel cui tesoro erano custoditi altri beni del defunto, di agire in conformità.
Il 17 ott. 1272 il cancelliere Symon de Paris, essendosi ammalato, consegnò il sigillo al vicecancelliere M., che lo tenne fino al 22 ottobre. Ammalatosi nuovamente il cancelliere, il M. continuò a sostituirlo dal 14 marzo 1273, quando ricevette il sigillo a Torre Sant’Erasmo presso Capua, fin dopo la morte del cancelliere avvenuta ai primi di aprile.
Il M. seguì la corte nei suoi spostamenti a Nola (25 marzo), Foggia (aprile), Trani (inizio di maggio), nuovamente a Foggia (dal 12 al 14 maggio). Attraverso Pescara e Rieti raggiunse, al seguito del re, Orvieto, dove il 2 giugno 1273 Gregorio X lo nominò arcivescovo di Palermo, ponendo fine alla discordia che aveva diviso il capitolo della cattedrale al momento della elezione episcopale. Una parte dei canonici, probabilmente non minoritaria, aveva eletto il tesoriere Guidone (colui che custodiva i controversi beni dell’arcivescovo di Monreale), preferendolo al M., con ogni evidenza sostenuto da Carlo d’Angiò. La controversia era stata sottoposta al papa, che la risolse nominando Guidone vescovo di Agrigento. L’8 giugno il re dispose che il M. fosse immesso nel possesso della sua diocesi, come arcivescovo eletto.
Raggiunta Firenze, dove restò fino ai primi di agosto, continuò a esercitare le funzioni di vicecancelliere. Era a Siena a metà agosto, a Montefiascone ai primi di settembre, a Foggia nella seconda metà di ottobre, finché il 13 nov. 1273 consegnò il sigillo al nuovo cancelliere Guglielmo de Faronville.
Il 18 novembre ottenne un provvedimento regio a protezione dei suoi diritti come arcivescovo di Palermo.
Il M. morì qualche tempo dopo, ma non è nota la data. Il 25 nov. 1273 Gregorio X gli scrisse per chiedere il suo intervento presso Carlo d’Angiò in favore della concessione del salvacondotto ai nunzi che l’imperatore Michele VIII Paleologo avrebbe inviato al concilio di Lione. Il 25 febbr. 1274 è indicato come morto, ma già il 14 febbraio il pagamento delle decime era stato disposto soltanto in favore del capitolo palermitano e non dell’arcivescovo. Tuttavia il 17 settembre Gregorio X si rivolse per la crociata anche all’arcivescovo di Palermo, benché il M. abbia avuto un successore solo nel 1276.
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S. Fodale