DE POMPEIS, Giovanni
Va annoverato tra le personalità artistiche napoletane minori, formatesi nel clima culturale del rococò, alla scuola dei vari Nauclerio, Sanfelice e Vaccaro, ed operanti all'epoca di Carlo di Borbone. Il suo nome, come del resto quello di tanti altri architetti, è emerso solo di recente, in conseguenza dell'estensione dell'interesse - e, quindi, delle ricerche e delle analisi critiche - dalle emergenze architettoniche all'ambiente urbano nel suo complesso.
Allo stato attuale, la conoscenza del D., di cui si ignorano il luogo di origine e le date di nascita e di morte, si deve, quasi esclusivamente, alla diretta testimonianza del nipote Francesco, che, in una supplica al re, del 1770, allo scopo di rendere più efficace la richiesta di ottenere per sé una "piazza" di tecnico alle dipendenze della Regia Corte, richiamò brevemente il servizio prestato nel suddetto ruolo dal padre Alberto e, appunto, dallo zio paterno Giovanni. Fece presente, inoltre, di aver svolto il proprio tirocinio presso di loro, "faticando anch'egli per quegli affari" di cui essi erano incaricati (Strazzullo).
Per tal via, si apprende che egli fu ingegnere camerale ordinario per un tempo abbastanza breve, riferibile, all'incirca, al periodo compreso tra la metà degli anni Quaranta e Cinquanta. L'assunzione di responsabilità inerente a lavori della Corona induce ad includerlo nel ristretto numero degli architetti più preparati, allora attivi nella capitale del Regno meridionale, ed a riconoscere nel menzionato decennio quello più proficuo della sua vita.
Contrariamente all'orientamento degli storici e cronisti locali, che hanno sempre indicato, non senza esitazioni, in Angelo Carasale (peraltro deceduto già nel 1742) l'autore del complesso conventuale dei Ss. Giovanni e Teresa in via Arco Mirelli a Napoli, il nipote del D. attribuisce allo zio D. la fabbrica - così come conferma un recente studio (Fiengo) - che gli fu commissionata dalla "Maestà della Regina Cattolica"; segnala, inoltre, che al compimento della stessa "ebbe l'onore che in un dispaccio se li significò il real gradimento" (Strazzullo). L'insieme di via Arco Mirelli, che costituisce la sua opera più significativa, fu edificato a cominciare dal 1746, per iniziativa delle suore dell'Ordine delle carmelitane scalze, e fu portato a termine nel 1757, epoca della consacrazione della chiesa, a pianta ellittica, dichiarata di regio padronato delle famiglie Borbone e di Sassonia. Notevole è la facciata, arretrata di alcuni metri rispetto all'allineamento della strada, in modo da formare un'originale esedra. Il linguaggio formale appare qui in bilico tra le nuove tendenze del maturo Settecento e gli echi della cultura rococò. Il gusto della prima metà del secolo prevale nettamente, invece, nel cortile dell'ex convento - adibito prima all'asilo infantile "Regina Margherita" ed infelicemente aggregato poi all'ospedale Loreto di via Crispi - soprattutto nell'articolazione della scala e negli stucchi superstiti.
Al D. vanno ascritti, infine, due altri impegni di non trascurabile interesse: la direzione (1751-54) - portata a termine dal fratello Alberto - dei quartieri militari di Nocera, eretti su disegno di Felice Romano sul porto dell'antica sede dei feudatari, ed il restauro (1754) di un palazzo presso porta S. Gennaro a Napoli.
Fonti e Bibl.: F. Strazzullo, Edilizia e urbanistica a Napoli dal '500 al '700, Napoli 1968, pp. 50 s.; G. Fiengo, Documenti per la storia dell'architettura e dell'urbanistica napol. del Settecento, Napoli 1977, pp. 16, 36 s.