TSCHIDERER, Giovanni (Johann) de (Giovanni Nepomuceno)
– Nacque a Bolzano il 15 aprile 1777, quinto di sette fratelli, da Giuseppe Gioacchino de Tschiderer de Gleifheim e da Caterina baronessa Giovanelli de Geralburg e Hortenberg.
I Tschiderer provenivano dal Tirolo del Nord e si erano insediati in Appiano all’inizio del XVII secolo. L’estrazione sociale era quella di un ceto patrizio, in parte assunto nella matricola baronale tirolese (de Gleifheim), occupato nell’impiego pubblico, in particolare nell’amministrazione fiscale, circostanza che determinò il trasferimento della famiglia a Bolzano e successivamente a Innsbruck. I Giovanelli invece provenivano originariamente da Gandino in provincia di Bergamo, ma erano ormai da più di due secoli ben radicati nella zona di Bolzano, occupati con successo, in base a una secolare tradizione familiare, nel commercio della lana, anch’essi assurti a membri del patriziato tirolese. La lingua di tutta la famiglia era il tedesco.
Dopo la scuola elementare Giovanni Nepomuceno frequentò (1786-92) il ginnasio dei frati minori di Bolzano. Già nel 1785 tuttavia i genitori e i fratelli più piccoli si erano trasferiti a Innsbruck, dove il padre aveva ottenuto l’impiego di esattore generale del Tirolo. Giovanni Nepomuceno li raggiunse nel 1792 per gli studi filosofici e, dal 1794 al 1798, quelli teologici presso la locale università. Lo studio accademico si concluse nel 1799 con un anno di formazione pastorale. Nella facoltà teologica di Innsbruck prevaleva in quegli anni un indirizzo illuministico-riformista nella tipica declinazione del tardo giansenismo austriaco e dello statalismo ecclesiastico giuseppino. La teologia che vi si insegnava risentiva fortemente del naturalismo e pedagogismo proprio di questi ambienti, indirizzi che erano del tutto alieni dall’educazione ricevuta in famiglia e presso il ginnasio dei francescani di Bolzano. Il conseguente forte disagio spirituale di Giovanni Nepomuceno venne mitigato e trovò sostegno grazie all’importante rapporto con un padre minore francescano, originario di Sarentino, Ercolano Oberrauch, che aveva insegnato teologia morale nella medesima facoltà (nella forma di una equilibrata via media tra gli estremi storici del probabilismo gesuitico e del rigorismo giansenistico), ma da essa era stato estromesso nel 1782 in quanto ideologicamente incompatibile con gli indirizzi della facoltà.
L’approdo di questi anni fu l’ordinazione sacerdotale nel duomo di Trento, con dispensa da difetto di età, il 27 luglio 1800, per mano del neoinsediato nuovo principe vescovo di Trento Emanuele Maria Thun, carriera promossa e appoggiata da due prelati dell’importante famiglia de Buol-Schauenstein (tra cui il principe vescovo di Coira Carlo Rodolfo, uno degli ecclesiastici tirolesi più decisi nella resistenza alle forzature riformistiche giuseppine).
Nonostante i suggerimenti di ricercare per tempo importanti prebende ecclesiastiche come un canonicato nella collegiata di Bolzano o la ben dotata e antichissima parrocchia di Caldaro, la ‘carriera’ ecclesiastica di Giovanni Nepomuceno fu del tutto ordinaria, nettamente improntata al servizio pastorale di base. Nei primissimi anni si trattò di saltuari impieghi pastorali di natura essenzialmente volontaristica, quindi, tra il 1803 e il 1807 impieghi come cappellano nelle parrocchie di Auna di Sotto/Unterinn sul Renon e San Pancrazio in Val d’Ultimo (all’epoca diocesi di Trento).
Nel frattempo (1803) erano stati soppressi i principati vescovili della Germania, compresi Bressanone e Trento e il territorio tirolese incorporato, in rapida successione – dopo un provvisorio interim austriaco – al regno di Baviera (dal 1806) e successivamente (dal 1809 a fine 1813 limitatamente alla parte italiana del territorio da Bolzano compresa in giù, grosso modo il territorio della diocesi di Trento) al Regno italico napoleonico. Nonostante la rapida successione di diverse amministrazioni, la politica ecclesiastica rimaneva improntata a principi statalisti e pesantemente riformisti, aspramente contrastante (come l’insorgenza di Andreas Hofer dimostra) con la tradizione sociale e religiosa della regione. Con il 1814 tutta la regione passava sotto diretta e definitiva amministrazione austriaca, configurata nel 1816 come Contea principesca del Tirolo.
Nel mezzo di queste turbolenze politiche Tschiderer venne chiamato nel settembre del 1807 dal vescovo di Trento al compito di docente di teologia morale e pastorale nel nuovo Regio liceo teologico della città che, per disposizione del governo bavarese allora in carica, aveva sostituito il seminario teologico della diocesi. Forse la nomina rientrava in una logica di rafforzamento dell’elemento politico ed etnico tedesco nel centro diocesi. L’equilibrio personale e la solida formazione teologica permisero a Tschiderer di svolgere questo compito senza apparenti conflitti e senza incorrere nelle polemiche che questa disciplina teologica aveva conosciuto nell’ultimo secolo e mezzo. Compito che peraltro non durò molto. Forse di nuovo a motivo dell’opposta tendenza ‘nazionale’ del nuovo Regno italico vigente a Trento dal 1810, Tschiderer venne tolto dall’insegnamento a Trento e nominato parroco e decano dell’ampia parrocchia di Sarentino nell’omonima valle a ridosso di Bolzano. Qui, allora trentatreenne, il sacerdote dispiegò tutte le sue doti e propensioni di pastore. Il servizio dovette essere stato apprezzato, giacché nel 1818 venne trasferito alla nuova e impegnativa parrocchia (e decanato) di Merano, proprio allora scorporata, insieme con quasi tutta la Val Venosta, dalla diocesi di Coira, della quale faceva parte sin dal primo Medioevo e incorporata – sempre in base a logiche stataliste di uniformazione delle circoscrizioni ecclesiastiche a quelle civili – alla diocesi di Trento.
Intanto si andava definitivamente configurando la sistemazione politica del territorio con importanti implicazioni riguardo alle circoscrizioni ecclesiastiche. Nel 1818 avvenne infatti il quasi definitivo assestamento dei confini diocesani di Trento in una nuova e molto più ampia estensione che incorporò, come detto, buona parte della Val Venosta con Merano, la Val Passiria e Val Martello, nonché tutto il comparto delle valli ladine (Badia, Gardena, Ega e Fassa) e la bassa Val d’Isarco. Nello stesso anno la diocesi divenne vacante per la morte del vescovo Thun, vacanza che si trascinò per ben cinque anni a causa della contesa, tra la Curia romana e il governo di Vienna, circa la nuova attribuzione del diritto di nomina del vescovo, diritto che per tutto il Medioevo e l’epoca moderna era stato esercitato dal capitolo cattedrale – esso pure però, al momento, disperso e soppresso. Nel 1822 il contenzioso venne risolto, senza coinvolgere gli organi ecclesiastici locali, a favore della corte di Vienna, cosicché nel 1823 si ebbe finalmente la nomina, da parte dell’imperatore Francesco I, del nuovo vescovo di Trento nella persona di Francesco Saverio Luschin (un carinziano). Nel 1825, infine, la diocesi di Trento venne attribuita all’ambito metropolitano di Salisburgo, una decisione ecclesiastico-politica che si sposava con la già attuata incorporazione amministrativa dell’ex principato vescovile nella contea del Tirolo.
Nell’ottobre del 1826, all’indomani di questa turbolenta sequenza di modifiche, il nuovo vescovo Luschin decise di valersi della collaborazione di Tschiderer per l’ormai urgente compito di riordino istituzionale ed economico della diocesi e lo chiamò a Trento a far parte del ricostituito capitolo cattedrale, attribuendogli un anno dopo l’incarico di provicario generale della diocesi con competenza per i territori tedeschi e ladini, recentemente, come detto, fortemente ampliati.
Neanche sei anni dopo, nel 1832, Giovanni Nepomuceno venne richiesto dal vescovo di Bressanone Bernhard Galura come suo vicario generale per il lontano e discosto settore pastorale del Vorarlberg. Per questa funzione erano necessari, vista la grande lontananza dalla residenza vescovile, anche i poteri pontificali, per cui Tschiderer venne consacrato vescovo (ausiliare) a Innsbruck (diocesi di Bressanone) il 20 maggio di quell’anno.
Dopo due soli anni, tuttavia, l’imperatore Francesco I nominava il vescovo di Trento Luschin alla lontana e complicatissima diocesi di Leopoli/Lviv (nell’odierna Ucraina, allora nei confini dell’impero austriaco) e sceglieva a succedergli a Trento Giovanni Nepomuceno, che fece il suo ingresso in città il 1° maggio 1835. Il compito era formidabile: si trattava, dopo i recenti ampliamenti, di una diocesi (dati del 1837) di più di 400.000 cattolici, suddivisa in 35 decanati (25 italiani e 10 tedeschi) e 142 parrocchie in senso pieno, più altre 450 stazioni pastorali di rango minore, con poco meno di 1500 sacerdoti secolari, più 257 preti regolari nei vari conventi. Il compito pastorale che egli si propose fu, dopo l’opera di riorganizzazione istituzionale assolta con successo dal predecessore (non senza l’importante collaborazione di Giovanni Nepomuceno e quella non meno decisiva del governo austriaco), quello di una rivitalizzazione e qualificazione genuinamente religiosa e spirituale della sua Chiesa e del suo popolo. Il contesto storico-politico era quello di Restaurazione e il modello ecclesiale e sociale la cristianità di antico regime, ambedue fortemente perseguiti in Tirolo, dove si difendeva e si intendeva conservare, sia nelle sedi ecclesiastiche sia in quelle politiche, il tradizionale patrimonio religioso della ‘unità della fede’ (Glaubenseinheit).
Per il resto, il venticinquennale episcopato di Tschiderer si sostanziò di un diuturno impegno nel governo pastorale ordinario della diocesi, che conferì alla stessa solidità istituzionale, capillarità di servizio pastorale e rinnovata forza religiosa. In questo modo la Chiesa di Trento si affacciò alla successiva era liberale ben attestata sulle posizioni, nel frattempo impostesi, di un cattolicesimo intransigentista e ultramontano, posizioni peraltro attuatesi, in diocesi, in maniera non ottusamente ideologica e contrappositiva, ma in quella figura di ‘Chiesa di popolo’ (Volkskirche) che rimase, grazie anche all’opera e al contributo dei successori, la caratteristica di questa Chiesa locale e di gran parte della società civile trentina fino oltre la metà del XX secolo.
Particolari cure Tschiderer dedicò alla formazione del clero, sia quello già in servizio sia quello in formazione. Il seminario teologico, già riformato e rafforzato sotto i predecessori e sopravvissuto alle riforme giuseppine, divenne una istituzione fondamentale pienamente rispondente agli auspici e alle indicazioni del Concilio di Trento. Tre visite pastorali all’ampia diocesi, via via più defatiganti mano a mano che aumentavano l’età e i disagi fisici del vescovo, implementarono sul territorio e fin nelle più discoste comunità i nuovi indirizzi ricostruttivi.
Decisamente in controtendenza rispetto alla passata epoca illuministica e riformistica, Giovanni Nepomuceno dedicò attenzione e promozione agli istituti di vita consacrata e alle congregazioni religiose, sia maschili sia femminili. Vennero ricostituiti, anche qui non senza l’aiuto del nuovo governo austriaco, prima di tutto i conventi maschili francescani, poi, in dimensioni più modeste, benedettini e serviti. Furono però soprattutto i nuovi istituti di vita consacrata femminile non strettamente monastica ma di vita attiva e di servizio caritativo che ottennero, sia dal vescovo sia dal governo (in ragione della loro riconosciuta ‘utilità sociale’), favore e appoggio – in particolare le figlie del Sacro Cuore di Teresa Eustochio Verzeri e le suore di Carità di Lovere, oltre le già insediate canossiane.
L’ancora vigente statalismo ecclesiastico e il lealismo politico di Tschiderer e del suo predecessore impedirono invece ai due vescovi di difendere con sufficiente convinzione e fermezza la nuova fondazione religiosa di Antonio Rosmini (Istituto della carità).
In effetti il loro approccio al carisma rosminiano risultò storicamente condizionato e certamente poco profetico, nonostante il progetto e il contributo del roveretano fossero pienamente in linea con la loro preoccupazione di una adeguata formazione del clero e di un generale rinvigorimento spirituale della comunità ecclesiale. Proprio Luschin infatti aveva chiamato Rosmini a Trento sul finire del 1830, ma già quattro anni dopo, qualche mese dopo l’ingresso di Tschiderer in diocesi, la comunità dell’Istituto della carità in Trento veniva chiusa. Forse poco interessò ai due vescovi anche il lavoro intellettuale d’avanguardia di Rosmini e i suoi tentativi di dialogo critico con il pensiero moderno.
Tuttavia, che il lealismo governativo di Tschiderer non fosse di tipo grettamente ideologico e nazionalistico è dimostrato dall’equilibrio da lui tenuto di fronte ai sommovimenti sociali, politici e nazionali del 1848 e del biennio 1859-60, che pure suscitarono in lui comprensibilmente viva preoccupazione. Pur raccomandando a tutto il suo popolo e pretendendo rigorosamente dal clero astensione da ogni sbilanciamento politico e nazionale e da ogni ribellismo sociale, e collocandosi senza incertezze sul punto di vista politico austriaco, egli si spese intensamente in quei frangenti per la pace e la concordia e si interpose presso il governo e le autorità militari in favore di moderazione e clemenza. Del resto le posizioni politico-ideologiche del governo piemontese e gli eventi militari italici degli ultimi due anni di vita di Tschiderer, in particolare per quel che riguarda le vicissitudini toccate alla sede romana, non erano certo idonei a incontrare la comprensione del vescovo di Trento, non solo doverosamente del tutto leale verso Casa d’Austria, ma anche convintamente guadagnato al movimento ultramontano (come dimostra il suo esplicito giubilo in occasione della stipula del concordato austriaco del 1855).
Morì a Trento il 3 dicembre 1860. La beatificazione avvenne nel 1995, ma la sua fama di santità si rivelò pubblicamente già la sera della sua morte.
Fonti e Bibl.: Trento, Archivio diocesano tridentino, Capsa Pastorali e circolari 1835-1855; Archivio Causa Tschiderer, Capse 1-6.
Per la storia della Chiesa in Tirolo nel XIX secolo cfr. S. Vareschi, Il nuovo regime della Chiesa di Trento nel secolo XIX, in Studi trentini di scienze storiche, sez. I, LXXXIII (2004), pp. 297-337 (bibliografia). Per la biografia di Tschiderer, cfr. A. Tait, Vita del venerabile servo di Dio Giovanni Nepomuceno de Tschiderer principe vescovo di Trento. Ricavata dai processi di beatificazione e da autentici documenti, I-II, Venezia 1905; J. Grisar, De historia Ecclesiæ catholicæ Austriacæ sæculi XIX. et de vita principis-episcopi tridentini [...] Ioannis Nepomuceni de Tschiderer, Romae 1936 (trad. it. Il vescovo di Trento Giovanni Nepomuceno de Tschiderer e la situazione della Chiesa in Austria e nel Tirolo nel corso della prima metà del secolo XIX, Bologna 1997); E. Gatz, Tschiderer, Johannes Nep., in Die Bischöfe der deutschsprachigen Länder 1785/1803 bis 1945. Ein biographisches Lexikon, Berlin 1983, pp. 765-767; J. Gelmi, Leben und Wirken des Fürstbischofs Johann Nepomuk v. Tschiderer (1777-1860), in Der Schlern, LXIX (1995), pp. 67-85; J. Mayr, Bischof Johann Nepomuk von Tschiderer, 1777-1860. Ein Zeit- und Lebensbild, Bozen 1998; S. Vareschi, La figura e l’opera di Giovanni Nepomuceno Tschiderer (1777-1860), in Da Rosmini a De Gasperi. Spiritualità e storia nel Trentino asburgico. Figure a confronto, a cura di P. Marangon - M. Odorizzi, Trento 2017, pp. 79-107.