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DELLA BONA, Giovanni

di Daniela Silvestri - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 36 (1988)
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DELLA BONA (Dalla Bona, Bona), Giovanni

Daniela Silvestri

Nacque a Perarolo (ora Perarolo di Cadore, in provincia di Belluno) l'8 sett. 1712.Indirizzato alla vita ecclesiastica, attese ai primi studi affidato alle cure del parroco del suo villaggio e ne venne iniziato agli ordini minori. Passato poi a Padova, si dedicò per due anni ai corsi superiori finché, alla morte del padre, decise di abbandonare il chiericato preferendo seguire quella vocazione per gli studi medici che aveva mostrato fin da giovanissimo. Compì, quindi, regolare curricolo degli studi in campo naturalistico-medico presso l'università padovana, seguendo in particolare le lezioni di Alessandro Knips Macope, il cui insegnamento avrebbe avuto particolare incidenza sulla sua maturazione culturale e sulla sua formazione professionale.

Laureatosi nel 1735, svolse un tirocinio di ben dodici anni prima di tornare in territorio veronese ad esercitare la professione medica. Vi rimaneva nove anni, forse gli anni più intensi della sua carriera, e per la pubblicazione di memorie e studi monografici e per la sempre più rigorosa applicazione del metodo scientifico nella pratica quotidiana. Nel 1751 dava alle stampe a Verona L'uso e l'abuso del caffè. Dissertazione storico-fisico-medica (opera riveduta e corretta nella seconda edizione del 1760, apparsa sempre a Verona, "con aggiunte massime intorno la cioccolata ed i rosoli").

Pur ammettendo che il caffè era spesso efficace come coadiuvante terapeutico e, in generale, utile come bevanda moderatamente eccitante, il D. metteva in guardia da un uso che non tenesse conto di fattori quali la stagione, l'età e la costituzione individuale. Individuava, poi, nel dimagramento, nel sonno difficile, nei tremori alle mani, alla lingua, alla faccia, nello sguardo spesso allucinato, nelle crisi di pallore e di freddo alternato a vampate di calore e di sudore i sintomi più comuni dell'abuso della bevanda. Nello stesso tempo non mancava di sottolineare l'azione positiva del caffè somministrato in dosi terapeutiche come stimolante del sistema nervoso, dell'attività cardiaca e respiratoria, della funzionalità renale. Se il D. era capace di osservazioni ancora oggi valide, la Dissertazione restava, comunque, nel suo complesso, un'esercitazione accademica che non spiccava nel panorama delle opere su analogo argomento e che riportava anche ipotesi poco attendibili.

Nel 1754 il D. pubblicava a Verona la Dissertazione teorico-pratica dell'utilità del salasso nel vaiuolo, in cui tentava di dimostrare la falsità dell'opinione corrente secondo la quale il salasso avrebbe impedito il manifestarsi dell'eruzione nel vaiolo e in altre malattie dello stesso tipo, sostenendo invece che avrebbe inesorabilmente condotto ad un esito infausto.

Nel 1757 usciva a Verona l'Historia aliquot curationum mercurio sublimato corrodenti perfectarum, in cui il D. riferiva sui risultati terapeutici di alcuni preparati a base di bicloruro di mercurio, da lui usati in prevalenza come antiluetici.

L'Historia era costituita riportando osservazioni cliniche eseguite su otto malati e facendone seguire corollari. L'assunto che individui, diversi per temperamento e sensibilità nonché per costituzione anche se affetti dallo stesso male, avessero bisogno di medicinali preparati con differenti modalità e somministrati in dosi diverse era parte integrante dei presupposti metodologici ed epistemologici del Della Bona. Accanto ai pericoli dell'abuso dello spirito scientifico e teoretico applicato alla medicina, sottolineava, infatti, come spesso lo scarso successo di un rimedio nascesse dall'imperizia dei medici, i quali lo usavano senza le dovute accortezze, dimenticandone la duplice ed opposta valenza di pericoloso e salutare.

Andava, intanto, acquistando grande credito e celebrità tanto che nel 1764 fu chiamato dal magistrato dei Riformatori a coprire in Padova presso la facoltà medica la cattedra lasciata vacante dal suo maestro, cattedra alla quale era annesso l'incarico di dirigere il reparto di medicina pratica presso l'ospedale patavino.

Negli stessi anni egli conduceva a termine gran parte delle sue ricerche e dei suoi lavori. Nel 1765 rivedeva la seconda edizione del Tractatus de scorbuto, giàuscito a Verona nel 1761, e redigeva le Observationes medicae ad praxim in nosocomio ostendendam anno 1765, praemissa oratione prima in gymnasio habita, apparse, poi, a Padova nel 1766.

Svolgeva, intanto, indagini terapeutiche sulla china-china giungendo ad estenderne l'uso molto più di quanto sino ad allora l'opinione comune e la pratica medica accordassero. Mediante l'osservazione condotta sempre sistematicamente tanto nella fase diagnostica quanto in quella terapeutica giungeva a dimostrare l'inconsistenza di pregiudizi radicati nelle popolazioni od addirittura accreditati da diffuse teorie mediche, ed anche a rivalutare tecniche terapeutiche cadute in disuso. Nuovo credito gli valsero le cure ad illustri personaggi come il duca di Gloucester ed il generale Spaar.

Nel 1768 presentava ai Riformatori dell'università di Padova, affinché fosse trasmesso al magistrato della Sanità, un memoriale in cui chiedeva l'incarico di dirigere per la città la pratica della vaccinazione antivaiolosa. Ottenutolo, pubblicava nel 1769 a Padova l'Esortazione all'innesto del vaiolo, opera indirizzata ai sopraprovveditori e provveditori alla Sanità di Venezia, affinché la pubblica autorità lo aiutasse a diffondere l'uso della vaccinazione antivaiolosa. L'opera tendeva a sottolineare il carattere permanentemente immunizzante della metodica e la sua totale mancanza di complicazioni letali.

Carattere aspro e poco incline ai compromessi e agli accomodamenti, dotato di notevole energia, il D. restò, anche con l'avanzare dell'età, medico e studioso instancabile. Colpito d'apoplessia nel febbraio del 1784, continuava per quasi tre anni il tenore delle sue occupazioni ordinarie finché un grave attacco dello stesso male lo portò alla morte il 28 dic. 1786.

Bibl.: M. Cesarotti, Accademici defunti - G. D., in Saggi scientifici e letterari dell'Accademia di Padova, II, Padova 1789, pp. XXVI-XXXII; Id., Relazioni accademiche, II, Pisa 1803, pp. XXIV-XXVIII, 29 ss., 68-71, 100-103, 127 ss.; G. Moschini, Della letter. venez. ..., I, Venezia 1806, pp. 128 s.; S. De Renzi, Storia della medic. in Italia, V, Napoli 1849, pp. 529, 541, 693, 732, 810; G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia, II, Venezia 1857, p. 119, Dict. encycl. des sc. medic., a cura di A. Dechambres, s. 1, X, Paris 1865, p. 60; Diz. biogr. univ., a cura di G. Garollo, I, Milano 1907, p. 303; A. Hirsch, Biograph. Lexikon, der hervonagenden Ärzte..., I, pp. 616 s.; II, p. 214.

Vedi anche
farmaco Qualsiasi sostanza, inorganica od organica, naturale o sintetica, capace di produrre in un organismo vivente modificazioni funzionali, utili o dannose, mediante un’azione chimica, fisico-chimica o fisica. Quando l’impiego di un farmaco è volto a ricondurre alla norma una funzione patologicamente alterata ... ictus Sindrome caratterizzata dall’esordio improvviso di un deficit neurologico focale di durata superiore a 24 ore e di origine vascolare (ingl. stroke). Si definisce invece attacco ischemico transitorio (TIA, transitory ischemic attack) un deficit neurologico focale di durata inferiore a 24 ore (➔ ischemia). ... malattia Lo stato di sofferenza di un organismo in toto o di sue parti, prodotto da una causa che lo danneggia, e il complesso dei fenomeni reattivi che ne derivano. Elemento essenziale del concetto di malattia è la sua transitorietà, il suo andamento evolutivo verso un esito, che può essere la guarigione, la ... diagnosi botanica e zoologia Nella sistematica botanica e zoologica, definizione di una categoria sistematica o taxon (classe, genere, specie ecc.). Dalla diagnosi devono risultare i caratteri differenziali rispetto alle altre categorie. Il sistema fu introdotto dal Linneo e ancora oggi, nelle diagnosi, si utilizza ...
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