GIOVANNI della Penna
Le notizie su G., uno dei primi francescani di origine marchigiana, si desumono dalla Chronica di Giordano da Giano e dai Fiorettidi s. Francesco. Non si conosce la sua data di nascita, da collocare però intorno al 1200, ed è probabile che provenisse da Penna San Giovanni, tra Macerata e Ascoli.
Giordano da Giano, che lo conobbe di persona, avendolo avuto come compagno nella sua missione in Germania, attesta che G. partì da Assisi per la Germania nel 1219, in seguito a una deliberazione del capitolo generale, in compagnia di una sessantina di frati. La missione di G. è ricordata anche dalla Chronica anonyma che ne assegna, più correttamente di Giordano, la partenza all'anno 1217. La spedizione si rivelò un fallimento perché, valicate le Alpi e giunti in Germania, G. e i suoi confratelli, ignari della lingua, poveramente vestiti e visibilmente denutriti, a quanti li interrogavano se avessero fame e bisogno di soccorso, presero a rispondere indistintamente: "ja". Tutto andò bene finché non fu loro richiesto se, per caso, non appartenessero alla setta ereticale che aveva messo scompiglio in Lombardia. E avendo di nuovo risposto "ja" qualcuno fu bastonato o imprigionato, altri furono denudati e messi alla berlina (Chronica, p. 5). Sempre Giordano ricorda che, quando egli era custode in Turingia, nel 1231, inviò a Parigi G. insieme con fra Adeodato per accompagnare "honorifice" Bartolomeo lettore fino in Sassonia (p. 18).
Apparentemente G. sembra tutt'altro personaggio rispetto a quello descritto dai Fioretti nel cap. XLV: "Di frate Iovanni di Penna della Marca". Nei Fioretti si narra come, al tempo in cui nelle Marche i frati minori avevano fondato solo qualche convento, G., non ancora nella maggiore età, si recò nella locale chiesa di S. Stefano dove era presente una moltitudine di uomini e di donne venuta per ascoltare Filippo Longo, un frate minore giunto dall'Umbria. Terminata la predica, alla richiesta rivolta da G. di farsi frate, Filippo gli indicò l'eremo di Recanati, ai limiti della selva di Montorso. Quando G., dopo due o tre giornate di cammino, vi giunse, trovò i frati che stavano celebrando un capitolo (provinciale) dove si discuteva di una missione da realizzare in Provenza. All'invito del ministro G., tramite fra Filippo che lo aveva fatto ricevere nell'Ordine, chiese e ottenne di recarsi in Provenza. Vi rimase venticinque anni vivendo in grandissima onestà, santità ed esemplarità, ritornando in patria solo in età avanzata. Stando sempre ai Fioretti G. visse ancora altri trent'anni e, negli ultimi tempi, gli fu concesso da Dio il dono di compiere miracoli e il dono della profezia. Morì il 3 aprile, forse del 1271 (Wadding).
Così G. viene ricordato, senza alcuna precisazione di tempi e di personaggi, dai Fioretti, in cui è ravvisabile un volgarizzamento del cap. LXIX degli Actus beati Francisci et sociorum eius, ma con alcuni dettagli significativi quali la "moltitudine di uomini e donne" che si era stipata in S. Stefano per la predica di fra Filippo, l'affermazione che, all'epoca, i frati minori erano scarsamente presenti nella Marca nonché l'indicazione del sito della sepoltura del beato (il convento di Penna San Giovanni), mentre non mancano discrepanze, come l'arco di tempo in cui G. rimase in Provenza (30 anni per gli Actus, 25 per i Fioretti). G. è ricordato anche nella Chronica XXIV generalium che non si discosta da questo gruppo di fonti al pari del De conformitate vitae di Bartolomeo da Pisa.
L'ultima sezione dei Fioretti (XLI-LIII) è opera di Ugolino Boniscambi da Montegiorgio, che venne a conoscenza delle vicende di G. dalla sua stessa voce. Servendosi del metodo episodico, Ugolino tende a dimostrare come l'autentico spirito del fondatore dell'Ordine dei frati minori sopravvisse tra i frati della Marca d'Ancona zelanti dell'Ordine francescano, o spirituali, di cui egli stesso faceva parte. Prezioso testo della letteratura ascetica medievale, scopo del racconto della vita di G. è quello di offrire un esemplare da imitare, o su cui modellare la propria vita. Fanno da guida, ancorché amplificati, la giovane età in cui G. fece il suo ingresso in religione e l'apostolato da lui svolto fuori d'Italia e nella sua stessa terra marchigiana.
Perfetto discepolo di Francesco, il quale aveva come occupazione caritativa preferita la cura dei lebbrosi, anche G. si sarebbe prodigato nell'assistere malati e lebbrosi; come Francesco, pure G. fu extaticus, e si distinse anche nella predicazione - Wadding lo dice "praedicator veneratione et admiratione dignus" (Annales minorum, V, n. 275, XLVII) - come pure liberò dal demonio un novizio che voleva uscire dall'Ordine.
Per gli editori di Quaracchi (Analecta Franciscana, III, p. 332 n. 7) la figura di G. celebrata dagli Actus e dai Fioretti va distinta dall'omonimo frate, inviato in Germania e menzionato da fra Giordano da Giano e dalla Chronica anonyma. Questa era stata anche l'opinione del Wadding il quale scrisse che Francesco d'Assisi, nel capitolo del 1216, destinò alla Gallia Narbonense una trentina di frati, tra cui "frater Iohannes de Pinna Picenus", guidati da Giovanni Bonelli da Firenze (Annales minorum, I, p. 274; II, p. 308), precisando che la missione, cui inizialmente si era unito lo stesso Francesco d'Assisi - dal che fu però dissuaso dal cardinale Ugolino dei Conti di Segni, il futuro papa Gregorio IX - ebbe inizio l'anno successivo (ibid., p. 290). E l'obiezione che ci sarebbero stati contemporaneamente due frati con lo stesso nome e ambedue provenienti da Penna viene risolta postulando che il secondo, il missionario in Germania, era originario di Casale di Penna negli Abruzzi, l'odierna Penne. Tutto fa pensare invece che si tratti della stessa persona e non di due frati omonimi. Due le ipotesi: che G. si sia recato in Germania e in Francia (come del resto si apprende da Giordano da Giano); oppure che fra Ugolino - l'autore del capitolo relativo a G. presente negli Actus - Fioretti - confuse la Germania, regione dove i frati minori furono scambiati per eretici, con la Provenza, dove non si era ancora conclusa la campagna condotta dalla Chiesa contro i catari. Solo però da quest'ultimo gruppo di fonti siamo informati del ritorno di G. nelle Marche, dove concluse ormai anziano la sua vita.
Il Wadding che, come si è accennato, distingue il Giovanni de Penna inviato in Germania, dall'omonimo frate ricordato negli Actus - Fioretti, ignora l'altra fonte riguardante G. e pone la sua morte intorno all'anno 1271 (Annales minorum, IV, 335); mentre gli Analecta Franciscana lo dicono morto intorno al 1274 (IV, p. 334).
G. fu sepolto nel convento dei frati minori di Penna, intitolato a S. Maria delle Grazie. Nel 1464 il suo corpo fu traslato nella nuova chiesa, eretta nell'interno del paese e intitolata a S. Maria e S. Francesco. Riconosciuto come un santo della religione civica, il nome di G. fu inserito negli Statuti del Comune, pubblicati nel 1583, i quali disponevano che la comunità ne celebrasse la festa il lunedì di Pentecoste. Il suo culto fu ufficialmente approvato da Pio VII il 20 nov. 1806. Il Martirologio francescano (1939) lo commemora il 3 aprile, ponendone la morte nell'anno 1275; la festa viene celebrata nei conventi francescani delle Marche e nella diocesi di Fermo.
Un frate Giovanni della Penna esperto in ingegneria idraulica impegnato, nel 1238, nella costruzione dell'acquedotto che doveva approvvigionare l'abbazia di S. Croce di Sassovivo, nei pressi di Foligno, è ricordato da una lettera con la quale, il 1° sett. 1238, Gregorio IX chiedeva a frate Elia, ministro dell'Ordine dei minori, di far rimanere a Sassovivo, fino a ultimazione dei lavori, "fr. Iohannes de Penna" (cfr. Miscellanea francescana, IV [1890], p. 160), nel quale è forse possibile identificare il nostro Giovanni.
La bolla papale del 1238 ha indotto alcuni studiosi, tra cui il Sacconi e il Venturi, a indagare sulle eventuali analogie fra le costruzioni in fase di realizzazione a Sassovivo a opera di marmorarii romani - in particolare il chiostro, firmato da Pietro de Maria nel 1229 - e la basilica del Sacro Convento. Il Sacconi, che mal interpretò il documento papale, riteneva che Giovanni della Penna fosse uno degli architetti chiamati da frate Elia per la costruzione della basilica, da cui tuttavia il ministro generale fu costretto a separarsi per la bolla "con la quale Gregorio IX gli intimava di recarsi a continuare la conduttura rimasta incompleta nell'abbazia di Sassovivo" (Sacconi, p. 141). Nella lettera di Gregorio IX si legge però che Giovanni della Penna sarebbe dovuto rimanere a Sassovivo fino a lavori ultimati, se ciò non avesse recato troppo incomodo a frate Elia: "insistendi operi […] usque ad consumationem" (Analecta Franciscana, IV, p. 160). E mentre il Sacconi riteneva che nel 1238 Giovanni della Penna si trovasse ancora in Assisi, dove fervevano i lavori per la costruzione della basilica, qualche anno dopo il Venturi ipotizzava che Giovanni, impegnato nel cantiere della basilica assisiate, avesse espressamente richiesto al pontefice di poter lavorare a Sassovivo. Fattone un architetto, il Venturi identificò il Giovanni della Penna ricordato dal documento pontificio con lo stesso G. nominato da Giordano da Giano, giungendo a ipotizzare che il luogo di provenienza fosse Penne negli Abruzzi, dato la tipologia della basilica superiore che presenta molte affinità con simili realizzazioni architettoniche presenti in Abruzzo; Venturi infine giungeva ad attribuire proprio a Giovanni della Penna il ruolo di "fondatore della basilica superiore", il maestro al quale "dopo il 1236 fu affidata la costruzione della basilica superiore" (Venturi, 1908, pp. 30-37). Negata pertanto la paternità della basilica superiore a frate Elia, essa veniva ora riconosciuta a un inedito artista, ossia a Giovanni della Penna, al quale il Venturi attribuì precise responsabilità nell'edificazione di alcuni settori della basilica. Il documento pontificio però qualifica il francescano non come architetto, bensì come ingegnere idraulico che, in quanto tale, prestò la sua opera a Sassovivo e non si può supporre, sulla scorta di questo unico documento, che sia realmente intervenuto un fattivo intervento di Giovanni della Penna anche ad Assisi; cade così anche l'altra ipotesi, avanzata egualmente dal Sacconi e dal Venturi, dei rapporti della basilica con i maestri cosmateschi che, negli anni 1229-33, lavorarono, come Giovanni della Penna, a Sassovivo.
Fonti e Bibl.: Bullarium Franciscanum…, IV, Romae 1768, p. 234 n. 437; Giordano da Giano, Chronica, a cura di H. Denifle - V. Albers, in Analecta Franciscana, I, Ad Claras Aquas 1885, pp. 3, 18; Chronica anonyma fratrum minorum Germaniae, a cura di L. Carey, ibid., pp. 277-300; Chronica XXIV generalium, ibid., III, ibid. 1897, pp. 332-334; Actus beati Francisci et sociorum eius, a cura di P. Sabatier, Paris 1902, pp. 197-201; Bartolomeo da Pisa, De conformitate vitae beati Francisci…, in Analecta Franciscana, IV, Ad Claras Aquas 1906, pp. 286-288; I Fioretti di s. Francesco, a cura di Mariano d'Alatri, Torino 1961, pp. 180-185; Fonti francescane, II, Assisi 1977, pp. 1552 s. nn. 1883-1885, 1973 n. 2327, 2004 n. 2390; G. Colucci, Memorie istoriche della Terra di Penna San Giovanni, in Antichità picene, XXX, Fermo 1796, pp. 3-156, (in partic. pp. 132-146); G. De Minicis, Iscrizioni latine ed italianepubblicate in Penna di San Giovanni il dì 20 sett. 1884, in onore del b. G., Penna San Giovanni 1885; G. Oddi, Specchio dell'Ordine minore o Franceschina, a cura di N. Cavanna, I, Firenze 1929, pp. 110-113; L. Wadding, Annales minorum, Ad Claras Aquas 1931-33, I, p. 274 n. 247; II, p. 308 n. 274; IV, pp. 374 s. n. 334; V, p. 308 n. 275; Arturus a Monasterio [de Moustier], Martyrologium Franciscanum, a cura di I. Beschin - G. Palazzolo, Romae 1938; A. Talamonti, Cronistoria dei frati minori della provincia lauretana delle Marche, I, Sassoferrato 1938, p. 47; F.A. Benoffi - F. Balsimelli, Memorie storiche della provincia delle Marche dei frati minori conventuali, in Miscellanea francescana, XLII (1942), pp. 135-138; L. Da Clary - G.C. Guzzo, Aureola serafica, II, Venezia 1951, pp. 421-427; J. Cambell, Glanes franciscaines. Deux manuscrits de la compilation vénitienne.(Rome, Arch. de Saint-Isidore, ms. 1/142 et Aix-en-Provence, Bibl. Méjanes, ms. 1310), in Franziskanische Studien, XLIX (1967), pp. 293-349; G. Parisciani, I minori conventuali delle Marche nel 1535, Ancona 1990, p. 124; Enc. cattolica, VI, coll. 594 s. (con molte inesattezze); Bibliotheca sanctorum, VI, coll. 866-868; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XXVII, coll. 434 s.
Per Giovanni della Penna ingegnere idrauli-co: G. Sacconi, Relazione dell'Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti delle Marche e dell'Umbria, Perugia 1901, pp. 41 s.; A. Venturi, La basilica di Assisi, Roma 1908, pp. 30-41; P. Giusto, Chi fu veramente l'architetto della basilica superiore di S. Francesco in Assisi?, Assisi 1909, passim; M. Faloci Pulignani, I marmorarii romani a Sassovivo, in Arch. per la storia ecclesiastica dell'Umbria, II (1915), pp. 561-600; L. Bracaloni, L'arte francescana nella vita e nella storia di settecento anni, Todi 1924, pp. 86, 112 s.; Ludovico da Pietralunga, Descrizione della basilica di S. Francesco e di altri santuari di Assisi, a cura di P. Scarpellini, Treviso 1982, passim; S. Nessi, La basilica di S. Francesco in Assisi e la sua documentazione storica, Assisi 1994, pp. 75-77 e passim.