Giovanni Demaria
Nel periodo centrale del Novecento, Giovanni Demaria si colloca tra gli economisti italiani di maggiore rilievo. È stato uno studioso di grande attività e ampi interessi culturali, con una visione completa e suggestiva del mondo economico e sociale, propositore di un sistema teorico fondato sulle interrelazioni fra economia e ambiente extraeconomico. La sua influenza è stata notevole fino agli anni Cinquanta, poi è venuta calando con il prevalere dell’approccio angloamericano. Tuttavia, l’opera di Demaria rimane interessantissima perché fornisce, su questioni fondamentali, un paradigma teorico complementare, più che contrapposto, a quello del mainstream.
Giovanni Demaria nasce a Torino il 5 dicembre 1899. Dopo aver combattuto come ufficiale di artiglieria nella Prima guerra mondiale, si laurea all’Istituto superiore di commercio (ora facoltà di Economia) di Torino e successivamente a Venezia, a Ca’ Foscari, con Gustavo Del Vecchio, che da allora considererà sempre suo maestro. Dopo aver vinto il concorso nel 1929 ed essere stato chiamato a ricoprire la cattedra di economia politica dell’Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Bari, Demaria si reca per un biennio, con una borsa Rockefeller, negli Stati Uniti e, poi, a Londra e Berlino. Nel 1934 è chiamato all’Università Bocconi. Di questa università è rettore, subito dopo la Seconda guerra mondiale, fino al 1952. Dirige il «Giornale degli economisti» dal 1939 al 1975 (con un’interruzione nel 1942, quando è costretto dal regime fascista a dimettersi, e nel triennio 1943-45, quando il «Giornale» viene soppresso). Subito dopo la guerra, insieme con Luigi Einaudi, Del Vecchio, Epicarmo Corbino e altri economisti, Demaria partecipa alla ricostruzione dell’Italia, fra l’altro presiedendo la Commissione economica per l’assemblea costituente. Presiede la Società italiana degli economisti nel triennio 1955-57. Demaria muore a Milano il 12 aprile 1998, socio dell’Accademia nazionale dei Lincei, dell’Istituto lombardo Accademia di scienze e lettere, dell’Accademia delle scienze di Torino, dell’Accademia dei georgofili di Firenze, dell’Accademia pontaniana di Napoli, dell’Accademia delle scienze di Bologna, dell’Accademia delle scienze di Bari, della Royal statistical society, della Mont Pelerin society, della Société européenne de culture, dottore honoris causa dell’Università di Parigi, Sorbona (1964), e membro straniero dell’Institut de France, Académie des sciences morales et politiques.
Demaria si forma alla scuola di Del Vecchio la cui influenza si rispecchia sia nei temi trattati (moneta, dinamica, sistemi teorici), sia nell’approccio teorico, in parte legato all’eredità di Maffeo Pantaleoni. Una caratteristica del periodo di formazione di Demaria è l’insoddisfazione per la teoria economica statica, la cui espressione più elevata era allora rappresentata dall’equilibrio generale walras-paretiano. Quest’insoddisfazione si configura, in Demaria come in Del Vecchio, non tanto nel rifiuto di quella teoria, quanto nell’esplicitazione e nel superamento dei suoi limiti.
L’attività scientifica di Demaria ha riguardato molti argomenti e non è possibile qui considerarli tutti. Conviene concentrare l’attenzione sui due campi principali della sua attività scientifica: la teorizzazione della dinamica economica e l’analisi dei problemi di politica economica.
La ricerca di Demaria sulla dinamica economica copre l’intero arco della sua vita scientifica con una concezione sostanzialmente unitaria. Demaria ritiene che non si possa studiare il mondo economico assumendo che esista un ordine naturale dotato di regolarità e automatismi, ma sia richiesta l’esplicita considerazione della sua intrinseca mutabilità e indeterminazione. A questo risultato Demaria giunge nei suoi primi lavori sull’argomento, pubblicati negli anni Trenta, considerando l’evoluzione della cultura filosofica e scientifica dell’epoca, in cui l’impostazione positivista della fisica classica viene travolta da nuove concezioni e il principio di indeterminazione di Werner Heisenberg impedisce la previsione incondizionata. Nota, inoltre, come le teorie economiche dinamiche siano spesso empiriche e includano elementi arbitrari, come la stessa distinzione tra trend e ciclo. Egli categorizza tre tipi di indeterminazione che limitano la conoscenza economica. Questa è inesatta e incerta per l’«indeterminazione logica», non è autonoma per l’«indeterminazione statica» (ossia, è condizionata da fattori extraeconomici), ed è capace di una ricostruzione razionale degli eventi economici solo dopo il loro accadimento, per l’«indeterminazione dinamica».
L’indeterminazione riguarda anche la teoria statica dell’equilibrio economico di mercato, che è condizionata dall’indeterminazione logica e da quella statica. Quest’ultima comporta che le grandezze economiche (scambi, produzioni, prezzi ecc.) dipendano da grandezze extraeconomiche (popolazione, preferenze di consumo, tecnologia, struttura di mercato ecc.). Anzi, lo scopo della teoria statica risulta proprio quello di stabilire una corrispondenza tra i ‘dati’ extraeconomici e le variabili economiche.
Tuttavia, le conseguenze più rilevanti della consapevolezza dell’indeterminazione si presentano nell’economia dinamica. L’indeterminazione logica implica che eventuali leggi dinamiche siano tutt’al più probabilistiche e, soprattutto, consentano solo previsioni di breve durata, come già indicato da Pantaleoni. L’indeterminazione statica richiede che si conosca o si ipotizzi la dinamica dei fattori extraeconomici (ossia l’evoluzione della popolazione, delle preferenze di consumo, della tecnologia, dell’ordinamento sociale ecc.), su molti dei quali le conoscenze sono più rozze di quanto non siano quelle sui fatti economici. L’indeterminazione dinamica può addirittura comportare che la realtà falsifichi tutte le previsioni condizionate possibili. Le previsioni condizionate sono del tipo «se si verificherà lo stato del mondo A, allora la realtà economica presenterà l’aspetto B». L’indeterminazione dinamica implica la possibilità che non si verifichi, nello spazio-tempo cui si applica la previsione, nessuno stato del mondo immaginabile con sufficiente dettaglio al tempo della previsione. Tra l’altro Demaria (Sul concetto di tempo, 1931) rileva come il tempo discenda dalla presenza di mutamenti: senza il cambiamento la relazione tra prima e dopo non può essere introdotta e il tempo non esisterebbe.
Successivamente, in particolare negli anni Cinquanta, Demaria presta attenzione agli strumenti statistici e, soprattutto, all’applicazione del suo approccio teorico ai fenomeni storici. Emblematica al riguardo è la relazione tenuta da Demaria nel 1956 alla seconda riunione scientifica della Società italiana degli economisti, dal titolo Le leggi dello sviluppo procapite nelle economie contemporanee. Questa relazione fornisce soprattutto l’evidenza empirica che la spiegazione del movimento economico richiede la considerazione degli eventi extraeconomici e che la dinamica economica è stata nel tempo e nello spazio frutto di accadimenti e condizionata da strutture che non sono oggetto di spiegazione della teoria economica. Sono anche strettamente legati all’analisi storico-empirica i cinque volumi, pubblicati fra il 1953 e il 1959, di Materiali per una logica del movimento economico e i quattro volumi di Ricerche di cinematica storica pubblicati fra il 1968 e il 1987.
Seguendo l’enunciato vichiano per cui «l’ordine delle idee deve procedere secondo l’ordine delle cose», Demaria induce che i risultati cui è pervenuto richiedano una nuova logica economica, che presenta nei tre volumi del Trattato di logica economica (1962-1974). Dei tre scopi del Trattato il terzo riguarda proprio la dinamica economica, intendendo «fornire una nuova interpretazione dei fenomeni economici basata sui concetti di originalità, fatti entelechiani, propagatori e partenogenesi». Gli altri due scopi sono la presentazione e la valutazione critica delle principali teorie economiche. Questa nuova interpretazione, fondata sulle interrelazioni tra il sistema economico e il mondo extraeconomico, richiede l’impiego di uno schema teorico che non adotti come spiegazione soltanto il principio individualistico della scelta o altre ipotesi sui comportamenti economici. Demaria introduce, a questo riguardo, gli entelechiani e i propagatori. Gli entelechiani sono i
fatti nuovi […], la cui determinazione a priori è del tutto impossibile. Tali, nel mondo economico, le guerre, le carestie, le epidemie, i terremoti, le invenzioni, i mutamenti della moda, i trattati internazionali […] (Trattato, 1° vol., 1962, p. 39).
I propagatori sono le strutture, in senso lato, che descrivono l’organizzazione della società in cui opera il sistema economico in esame. Per Demaria, l’indeterminazione dinamica condiziona la teoria ma non ne costituisce l’impedimento, come invece sostiene lo storicismo. Inoltre, entelechiani e propagatori influiscono non solo sulla realtà economica, ma anche sulle teorie che di volta in volta la descrivono e spiegano, per cui la teoria economica deve riflettere questa mutevolezza. A tale fine, per rendere intelligibile il divenire, Demaria introduce lo schema teorico assoluto. Questo schema
deve essere abbastanza ampio da includere […] la totalità dei nostri mezzi attuali di conoscenza […], deve contenere come norma assoluta il principio che la realtà è sempre originalmente mutevole almeno in talune sue parti (Trattato, 1° vol., 1962, p. 287).
In sintesi, lo schema generale assoluto è costituito da un insieme di relazioni sulle variabili economiche, relazioni condizionate dalle variabili extraeconomiche (propagatori ed entelechiani) che ne stabiliscono i parametri. Tra le variabili economiche intercorrono relazioni propriamente economiche (cioè determinate sulla base di spiegazioni quali quelle della teoria dell’equilibrio economico), però queste sono in generale da sole insufficienti per determinare le grandezze economiche (per l’indeterminazione statica), sono influenzate dagli entelechiani (per l’indeterminazione dinamica) e sono incerte (per l’indeterminazione logica).
Nell’ultimo periodo della sua vita, Demaria approfondisce alcuni temi, tra cui la questione dell’irreversibilità del tempo e la dinamica originata dall’energia partenogenetica, che consiste nella naturale tendenza degli individui al cambiamento e che si collega all’«istinto delle combinazioni» paretiano e all’«imprenditore innovatore» schumpeteriano. Si può, tuttavia, notare che mentre Vilfredo Pareto rimane nell’ambito riduzionistico dell’individualismo metodologico quando per uscire dalle strettoie della teoria dell’equilibrio generale si rivolge alla sociologia e studia le azioni non logiche con le categorie dei residui e delle derivazioni, così come Joseph A. Schumpeter, che si limita a introdurre quale unico originatore di dinamismo quel particolare tipo di individuo che è l’imprenditore innovatore, Demaria introduce, fra i propagatori e gli entelechiani, soprattutto macrofattori storico-sociali. Egli diceva che per osservare la realtà sociale occorre usare il cannocchiale, non il microscopio!
Demaria ha anche contribuito all’analisi della politica economica, sia nei termini generali dei sistemi di politica economica, sia esaminando temi specifici, in particolare temi monetari, lavoristici e industriali.
Le sue due opere sistematiche sui sistemi politici e le loro implicazioni di politica economica sono La politica economica dei grandi sistemi coercitivi (1937) e Lo Stato sociale moderno (1946). Nel primo dei due volumi sono esaminate le principali concezioni economico-politiche (tomismo, mercantilismo, fisiocrazia, liberalismo, protezionismo, nazionalismo, imperialismo, pianificazione, collettivismo e corporativismo) e la loro azione viene discussa in rapporto a produttività, benessere e coesione sociali. Nel secondo volume, dopo una descrizione storica delle diverse forme di Stato (teocratico, assoluto, contrattuale, democratico borghese, antidemocratico, sociale) Demaria esamina i problemi principali organizzativi dello Stato sociale moderno con la razionalità economica, ossia sulla base del principio della scelta razionale, i cui fini ‘dati’ sono, da un lato, la libertà, l’uguaglianza e la proprietà, e, dall’altro, i grandi interessi pubblici, derivanti dall’evoluzione storica delle forme statali e della cultura politica.
L’analisi di temi specifici è oggetto di numerosissimi scritti da parte di Demaria. Riguarda temi monetari la sua prima pubblicazione, il volume Le teorie monetarie e il ritorno all’oro (1928). Egli sostiene la tesi dell’ortodossia monetaria, che include l’impiego monetario dell’oro, fondata sulla difesa dell’individuo e del singolo Stato contro l’arbitrio del governo e del Paese che emette moneta internazionale, tenendo anche conto della difficoltà del controllo sulla crescita del credito e della scarsa fiducia attribuibile nel lungo periodo ai banchieri centrali (per queste posizioni Jacques Rueff, 1896-1978, riconobbe in Demaria un precursore delle sue tesi).
Tra gli altri scritti su temi monetari sono di particolare interesse tre articoli ripubblicati nel 1998 nel volume Cambi, moneta, credito. Nel primo, Cambi manovrati e clearings complementari nella nuova politica autarchica (1939), vengono esaminati i regimi di cambio stabiliti in Italia e Germania nella seconda metà degli anni Trenta: cambi manovrati in Italia e clear-ings complementari in Germania. In Italia gli esportatori sono obbligati a vendere all’Istituto cambi una parte della valuta proveniente dalle loro esportazioni al cambio ufficiale e possono usare la parte residua per le importazioni di materie prime o venderla, al cambio libero, ad altre imprese della stessa industria. In questo modo si eleva il cambio per l’acquisto di materie prime e viene, così, stimolata la sostituzione con materie prime nazionali. Demaria nota come il regime dei cambi manovrati sia preferibile al contingentamento delle importazioni, ma anche che esso è giustificato dall’isolamento economico ed è da abolire una volta che questo non sia più richiesto. La Germania, invece, stabilisce accordi bilaterali bilanciati di scambio con i deboli Paesi satelliti, perciò senza trasferimenti valutari. Generalmente, la Germania compra beni di consumo e materie prime a prezzi relativamente alti, obbligando all’acquisto dei suoi prodotti industriali del tipo e al prezzo da lei stabiliti, subordinando così l’economia di questi Paesi.
Nel secondo articolo, Dopo Bretton Woods, le tre aree valutarie e i loro cambi (1947), Demaria esamina la situazione determinatasi dopo la Seconda guerra mondiale. Egli nota come si siano formate tre aree monetarie: quella delle economie di mercato, che include gli Stati Uniti, con cambi sostanzialmente uguali ai loro valori di equilibrio; l’area della sterlina britannica, con cambi controllati e difformi dai valori di equilibrio; l’area degli altri Paesi (Italia inclusa) i cui scambi internazionali sono in regime di clearing o sotto controllo statale. Demaria evidenzia come l’area della sterlina sia soggetta a perturbazioni, con probabile svalutazione della sterlina e con un suo contenimento a favore dell’area del dollaro. Per quanto riguarda i Paesi della terza area, e l’Italia in particolare, Demaria mostra come il ritorno alla normalità dipenda soprattutto dalla mancanza di valuta, ma come questa limitazione possa essere alleviata dagli aiuti americani, concessi anche nel quadro della lotta contro il comunismo.
Nel terzo articolo, L’eccesso di domanda creditizia (1975), Demaria analizza la situazione inflazionistica determinatasi nel mondo dopo il 1972. Rileva come essa sia l’effetto di un eccesso di domanda di credito derivato da disavanzi pubblici e da pressioni salariali, finanziati con l’offerta di moneta, non sufficientemente regolata dal sistema monetario corrente, anche per effetto dell’inefficace sistema di Bretton Woods. Per Demaria vi è stata in molti Paesi la connivenza delle autorità creditizie con i governi e dei governi con i sindacati al fine di ottenere dal sistema creditizio più di quanto consentito senza danneggiare l’economia.
Notevole è anche il contributo fornito da Demaria su temi di economia del lavoro in molti scritti, tra i quali il volume L’economia moderna del lavoro (1994), già in stampa nel 1943 ma distrutto da un bombardamento. È importante in questi scritti l’attenzione che Demaria rivolge ad aspetti istituzionali e storici, che limitano l’applicabilità al lavoro dello schema del mercato concorrenziale e spiegano e giustificano i contratti collettivi.
Demaria, dopo studi sull’andamento dell’industria italiana, pubblica nel 1941 il saggio Il problema industriale italiano, in cui la situazione dell’industria italiana è esaminata spietatamente. La politica economica autarchica viene presentata come la principale causa di inefficienza e viene proposto, per il dopoguerra, lo smantellamento di monopoli e corporazioni per stabilire un’economia aperta alla concorrenza e agli scambi internazionali. L’integrazione economica europea costituita da due Paesi dominanti (Germania e Italia), ciascuno con i suoi Paesi satelliti, viene criticata perché soggetta alle variazioni di potere politico tra gli Stati, quindi instabile e sostanzialmente ingiusta. Segue la relazione L’“ordine nuovo” e il problema industriale italiano nel dopoguerra presentata al convegno a Pisa (1942) sui problemi economici dell’‘ordine nuovo’. Demaria critica i due progetti in discussione per l’organizzazione industriale europea del dopoguerra (nella prospettiva di una vittoria della Germania e dell’Italia): il primo fondato su una programmazione industriale comune per tutti i Paesi, il secondo su un’organizzazione autoritaria in ciascun Paese e un coordinamento tra i Paesi con accordi bilaterali e multilaterali. Demaria propone un terzo progetto, basato sulla libertà economica e l’apertura al commercio internazionale. La relazione riceve un’accoglienza tumultuosa, non viene accettata negli atti e Demaria viene allontanato dalla direzione del «Giornale degli economisti» (e, senza l’intervento in suo favore di Giovanni Gentile, sarebbe stato allontanato anche dal suo incarico alla Bocconi).
La visione della politica economica per l’Italia di Demaria è anche palese negli Atti della Commissione economica per l’assemblea costituente da lui presieduta. Questi atti sono molto interessanti perché forniscono un quadro delle opinioni in quegli anni della classe dirigente economica italiana.
In conclusione, sul piano della politica economica, Demaria può essere definito un liberista critico: liberista, perché non ha mai mancato di mettere in rilievo, spesso controcorrente, i vantaggi del libero mercato, della concorrenza e dell’apertura agli scambi internazionali; critico, perché ha sempre subordinato l’applicazione dei principi liberisti alle possibilità concrete consentite dal contesto storico-istituzionale. Demaria, da liberista, è stato, fra l’altro, contrario alla teoria e alla politica economica keynesiane (da lui definita economia facile), al sistema di Bretton Woods e alla politica di programmazione economica.
Tra le numerose opere di Demaria si ricordano qui le principali:
Le teorie monetarie e il ritorno all’oro, Torino 1928, Padova 1964.
Sul concetto di tempo, «Archivio scientifico Regio Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Bari», 1931, 6, pp. 279-307; «Giornale degli economisti», 1974, 9-10, pp. 684-706.
Di un principio di indeterminazione in economia dinamica, «Rivista internazionale di scienze sociali», 1932, 5, pp. 597-636 (trad. ingl. On a principle of indetermination in economic dynamics, «Italian economic papers», 1998, 3, pp. 149-82).
Le basi logiche dell’economia dinamica nel clima scientifico odierno, Milano 1934; «Giornale degli economisti», 1939, 1-2, pp. 51-98.
La politica economica dei grandi sistemi coercitivi, Torino 1937, Padova 1969.
Il problema industriale italiano, «Giornale degli economisti», 1941, 9-10, pp. 516-52.
L’“ordine nuovo” e il problema industriale italiano nel dopoguerra, Relazione generale non pubblicata negli Atti del Convegno per lo studio dei problemi economici dell’ordine nuovo tenuto a Pisa nel maggio 1942, pubblicata in Id., Problemi economici e sociali del dopoguerra 1945-1950, Milano 1951, pp. 473-502.
Principi di logica economica, Milano 1944.
Rapporto della Commissione economica presentato all’Assemblea costituente, Relazioni (5 voll.), Interrogatori (7 voll.), Roma 1946-1948.
Lo Stato sociale moderno. Le sue basi storiche e la sua organizzazione strutturale, Milano 1946, Padova 1962.
Logica della produzione e della occupazione, Milano 1950.
Materiali per una logica del movimento economico, 1° vol., Milano 1953; 2° vol., Gli entelechiani, Milano 1955; 3° vol., Le basi statistiche della induzione economica, Milano 1956; 4° vol., I propagatori, Milano 1957; 5° vol., Le teorie dello sviluppo economico dai classici ad oggi, Milano 1959.
Le leggi dello sviluppo procapite nelle economie contemporanee, «Giornale degli economisti», 1956, 3-4, pp. 123-73 e 5-6, pp. 249-79.
European integration and the world economy, in European integration, ed. C.G. Haines, Baltimore 1957, pp. 207-19.
Il progresso tecnologico e l’economia moderna, «Giornale degli economisti», 1960, 5-6, pp. 275-324.
Sulla assoluta necessità di una teoria degli epifenomeni sociali per giudicare di qualsivoglia variazione economica, «Giornale degli economisti», 1962, 11-12, pp. 689-709.
Trattato di logica economica, 1° vol., La catallattica, Padova 1962; 2° vol., Il sistema produttivo, Padova 1966; 3° vol., L’esogeneità, Padova 1974.
Ricerche di cinematica storica, 1° e 2° vol., Padova 1968; 3° vol., Padova 1971; 4° vol., Padova 1987.
Il sindacalismo dei lavoratori e dei datori di lavoro oggi e domani, «Giornale degli economisti», 1969, 5-6, pp. 295-325.
Le simmetrie e l’economia politica, «Rivista internazionale di scienze economiche e commerciali», 1981, 6, pp. 535-42 (trad. fr. La fonction des symétries dans l’économie politique, «Economie appliquée», 1983, 2-3, pp. 255-75).
Elementi di critica economica, Padova 1983.
Teoria economica dell’energia partenogenetica, «Rivista internazionale di scienze economiche e commerciali», 1983, 1, pp. 5-40.
L’economia moderna del lavoro. Le verità prime, Roma 1994.
I limiti del volere sociale migliore per l’economia del lavoro: una introduzione, Atti del Convegno linceo sul tema: dell’economia moderna del lavoro, Roma (10-11 maggio 1995), Roma 1996, pp. 7-18.
A new economic logic. Indetermination, propagators and entelechians, Padova 1996.
Cambi, moneta, credito, Roma 1998.
T. Bagiotti, L’œuvre scientifique de G. Demaria, «Cahiers de l’Institut de science économique appliquée», 1964, 149, pp. 83-143.
T. Bagiotti, Giovanni Demaria: congedo accademico, «Rivista internazionale di scienze economiche e commerciali», 1970, 11, pp. 1045-50.
A. Agnati, La dinamica economica nell’opera del professor Demaria, in I problemi dell’analisi economica dinamica, Milano 1973, pp. 25-70.
Pioneering economics. International essays in honour of Giovanni Demaria, ed. T. Bagiotti, G. Franco, Padova 1978.
«Giornale degli economisti», 1979, 9-10 e 11-12, nr. monografico: Saggi in onore di Giovanni Demaria, a cura di I. Gasparini.
Forum in occasione del novantesimo compleanno di Giovanni Demaria, «Rivista internazionale di scienze economiche e commerciali», 1990, 6, pp. 481-500.
G. Pavanelli, P.L. Porta, La formazione intellettuale e scientifica di un economista critico. Conversazione autobiografica con Giovanni Demaria, «Il pensiero economico italiano», 1995, 1, pp. 213-38.
«Storia del pensiero economico», 1996, 31-32, nr. monografico: Giovanni Demaria e la teoria economica dei fatti nuovi, a cura di P. Bini.
A. Montesano, Giovanni Demaria e il Giornale degli Economisti, «Giornale degli economisti», 1998, 3-4, pp. 289-96.
Gli scritti, i discorsi, i pareri di Giovanni Demaria, Bibliografia generale 1912-1998, a cura di A. Agnati, Padova 19982.
H. Bartoli, Un dialogue qui se poursuit avec Giovanni Demaria maître et ami, «Rivista italiana degli economisti», 1999, 3, pp. 403-20.
Giovanni Demaria e l’economia del Novecento, Atti del convegno organizzato dall’Istituto di economia politica E. Bocconi, Milano (12 aprile 1999), Milano 1999.
A. Montesano, Giovanni Demaria: an appraisal of his methodological and theoretical writings, in European economists of the early 20th century, 2° vol., Studies of neglected continental thinkers of Germany and Italy, ed. W.J. Samuels, Cheltenham 2003, pp. 59-79.
Giovanni Demaria a dieci anni dalla scomparsa, Atti del Convegno linceo, Roma (17 aprile 2008), a cura di A. Montesano, Roma 2009.