DERRAMES (de Rames, de Rame, Rames, Ram), Giovanni (Zanetto, Giovanni da Cipro)
Nacque a Cipro nella prima metà del sec. XV da Pietro, discendente dalla nobile famiglia francocipriota de Rames o Rame, feudataria dell'omonimo centro.
Nel titolo e nella sottoscrizione della sua unica opera, l'incunabolo De conditionibus medicinarum solutivarum carmina, egli si presenta come "Iohannes derrames Cyprius", per cui i repertori incunabolistici hanno adottato quella forma del cognome; in numerosi documenti padovani esso figura invece nelle forme de Rames, de Rame, Rames, Rame.
Due membri della sua casata, Matteo e Giovanni, furono rispettivamente consigliere dei Lusignano (1432) e gran comandante degli Ospedalieri (1464-68); nel 1496 un terzo, lanutio, figurava tra i principali signori e proprietan di villaggi dell'isola, con rendite annue di 100 ducati. Il D. scelse lo studio della medicina e il ritorno in Europa, riprendendo forse una tradizione di famiglia: troviamo infatti un Derrame medico di Carlo di Valois nel 1325 e un d'Arrame chirurgo di Filippo VI di Valois re di Francia nel 1328 (cfr. E. Wickersheimer, Dictionnaire biographique des médecins en France au Moyen Age, Paris 1936, pp. 53, 117).
Prima del 1480 il D. si trasferì a Padova, sede universitaria prediletta dagli studenti ciprioti, e si stabilì nella contrada di S. Prosdocimo. Conseguì presto la laurea in arti e in un secondo tempo, forse nel 1486, la laurea in medicina. Nell'87 teneva una lettura di medicina nello Studio e nello stesso anno, il 4 luglio, finì di scrivere il De conditionibus, dedicandolo al letterato Pietro Paolo Barbo da Pola. Numerosi documenti padovani attestano i suoi rapporti di parentela e di amicizia con due illustri prelati ciprioti trasferitisi anch'essi a Padova, Ludovico Podocataro da Nicosia, laureato a Padova in arti e medicina, segretario domestico e archiatra di Alessandro VI, vescovo di Capaccio e dal 1500 cardinale di S. Agata (noto come il cardinale di Nicosia), e suo nipote Livio, canonico padovano dal 1502. Tra il 1482 e il 1505 il D. si occupò dell'amministrazione delle decime di cui Ludovico era titolare nella diocesi di Padova, a Pernumia, Reoso, Vanzo e Maseralino. Nel 1505, però, Livio nominò un nuovo procuratore, pure cipriota, Giovanni Buccari. Il D. fu inoltre procuratore e poi commissario testamentario di un altro suo congiunto e compatriota, Filippo Urio, e tutore del figlio di questo, Tommasino. Più che nei possessi fondiari il D. investì le proprie fortune, derivanti probabilmente anche dall'esercizio della professione medica, nel commercio del denaro, concedendo prestiti e assumendo depositi.
Il D. morì a Padova dopo il 1506.
Ebbe un figlio, Baliano o Galiano. che si laureò in arti il 4 maggio 1504, presente alla seduta di laurea il padre, e in medicina il 10 febbr. 1507; da lui discesero, probabilmente, i de Rames attestati a Venezia nel '500, tra cui uno Zuannucchio morto prima del 1602.
Il De conditionibus medicinarum solutivarum carmina è tradito da un incunabolo sine notis di 8 carte (L. Hain, Repertorium bibliographicum, I, n. *6095), ricondotto dal Gesamtkatalog der Wiegendrucke, VII, Leipzig 1938, n. 8252 alla tipografia padovana di Matteo Cerdone e datato Post 4 luglio 1486, giorno in cui l'operetta fu terminata e sottoscritta; una riedizione torinese del 1619 è segnalata da L. Thorndike-P. Kibre, A catalogue of incipits of mediaeval scientificwritings in Latin, Cambridge, Mas s., 1963, col. 646. Nel testo il D. fornisce alcuni elementi autobiografici: è medico e poeta "nos medici vatesque sumus"), è vecchio ("Me veterem rursus, Musae, celebrate poetani / me iuvene incoeptum, me sene finit opus"), è ormai cittadino padovano ("ipsum 1 concivem populus nunc Patavinus habet"). I carmina sono 53 epigrammi per 240 versi complessivi. I primi due fungono da proemio ed invocazione, l'ultimo da sottoscrizione; gli altri 50 sono dedicati ad altrettante medicinae solutivae, cioè piante o minerali "semplici" con proprietà di antidoto o contravveleno. Nell'invocazione il D. fa un preciso riferimento alle sue esperienze di erborizzatore ("Phoebe fave: medicas summis in montibus herbas / te duce quas didici, te duce Phoebe canam.") e i "semplici" presentati appartengono tutti all'area mediterranea e orientale. Alcuni di essi non sono inoltre compresi nei testi di farmacologia allora correnti, l'Antidotarium Nicolai, le Pandectae di Matteo Selvatico, la Clavis sanationis di Simone da Genova, l'Aggregator di Iacopo Dondi. Il D. mostra invece di avere una precisa conoscenza di ciascuno dei suoi "semplici": più che le proprietà terapeutiche ne descrive infatti le caratteristiche morfologiche e fitologiche, con particolare attenzione ai colori, ai profumi e sapori, ai tempi di vegetazione. Sebbene non si riscontrino derivazioni testuali, egli dovette aver presenti anche due celebri erbari veneti: il Libro Agregà de Serapiom, scritto e dipinto a Padova prima del 1403 per Francesco Novello da Carrara, e il cosidetto codice Rinio, scritto a Zara nel 1449 dal medico Niccolò Roccabonella da Conegliano. In entrambi, le piante sono ritratte con un'attenzione ai dati morfologici che denota osservazione diretta della natura e singolare libertà rispetto ai modelli del Dioscoride greco-latino: gli epigrammetti del D. rispecchiano uno studio perfettamente analogo, poiché l'esperienza dell'erborizzatore prevale sempre sulle conoscenze manualistiche e il gusto della descrizione sulle finalità medico-farmacologiche.
Secondo il Dionisotti il D. potrebbe inoltre essere identificato col "magister Iohannes de Cipro", dottore in arti e medicina, che cura a Padova l'editio princeps delle Calculationes di R. Suiseth. Priva delle indicazioni del tipografo e dell'anno (Hain, Repertorium..., II, n. 15136), essa è assegnata dal Catalogue of books printed in the XVth century now in the British Museum, VII, London 1935, p. gig, al tipografo padovano noto con la sigla N. T. S. P. Viene datata 1477 perché questo sembra essere l'unico anno di attività dello stampatore, che oltre alla principe del Calculator si limita a pubblicare altri due testi di logica, i Dubia di Paolo da Pergola con le Consequentiae di Strode e il Commentum super Consequentias Strodi di Alessandro Sermoneta. Secondo altri, l'editore di Suiseth sarebbe vissuto invece nel sec. XIV. L. Gargan, (Un umanista ritrovato: Galeazzo Facino e la sua biblioteca, in Italia medioevale e umanistica, XXVI [1983], p. 300) propone altresì di identificarlo con un Giovanni Uri da Cipro, laureato in medicina a Padova il 3 marzo 1473.
Fonti e Bibl.: Acta graduum academ. ab anno 1501 ad annum 1550, a cura di E. Martellozzo Forin, I, Padova 1969, p. 101, nn. 294 s.; III, ibid. 1982, p. 147 sub voce; C. Dionisotti, Ermolao Barbaro e la fortuna di Suiseth, in Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di B. Nardi, Firenze 1955, I, pp. 236 s. nota 18; P. A. Noventa, Storia dell'Univers. di Padova nel sec. XV. Professori, studenti, libri ecc. Notizie tratte dall'Archivio notarile di Padova, voll. 2785-2791, tesi di laurea, Facoltà di magistero dell'Università di Padova, a. a. 1968-69, I, pp. 214 s.; B. Betto, Nuove ricerche su studenti ciprioti all'Università di Padova (1393-1486) (ms. gentilmente comunicato dall'autore). Sulla famiglia de Rames: E. de Lusignan, Description de toute l'isle de Chypre, Paris 1580, ff. 8r, 250r; L. de Mas Latrie, Histoire de l'île de Chypre sous le règne des princes de la Maison de Lusignan, III, Paris 1855, pp. 89-91, 500; A. Kyprianu, Historia chronologiki tis Nisu Kypru, Leukosia 1933, p. 402; C. P. Kyrris, Qypriote scholars in Venice in the XVI and XVII centuries, in HoHellinismos is to exoterikon. Ober Beziehungen des Griechentums zum Ausland in der neueren Zeit, a cura di J. Irmscher-M. Mineemi, Berlin 1968, pp. 195, 248 nota 73; Id., Further documents relating to Cypriote immigrants in Venice (XVI-XVII centuries), in Epetiris tu Kendru Epistimonikon Ereunon, III (1970), pp. 145, 147, 151. Sul Giovanni da Cipro, editore di Suiseth: P. Duhem, Études sur Léonard de Vinci, III, Paris 1913, p. 415; A. Ferriguto, Almorò Barbaro, Venezia 1922, p. 35; L. Thorndike, A History of magic and experimental science, III, New York 1934, pp. 371 s.; G. Sarton, Introduction to the history of science, III, 1, Baltimore 1947, p. 738; M. B. Stillwell, The awakening interest in science during the first century of printing 1450-1550, New York 1970, p. 258 n. 794.